Come si coniuga l’etica green con il packaging dei prodotti di lusso? Lo abbiamo chiesto ad Ada Brunazzi, titolare dell’agenzia Brunazzi&Associati, al designer e artista Gianni Cinti, a Massimo Lombardi, socio fondatore di Greener Italia, ad Anna Pellizzari, Executive director di Material ConneXion Italia.
Di Achille Perego | Su PRINT 75
La parola d'ordine è green. Essere cioè sempre più ecosostenibili sia nel prodotto sia nel suo contenuto: il packaging. Una tendenza già cominciata da alcuni anni ma che è diventata sempre più importante nel raccontare l'anima verde di un brand di lusso e farne un valore aggiunto nel rapporto con i consumatori. Non è un caso che grandi griffe come Armani o Gucci, tanto per citare solo un paio di nomi, abbiano imposto veri e propri codici di comportamento ai fornitori della filiera dell'imballaggio, a partire dalle certificazioni che riguardano le materie prime (come la carta o gli inchiostri) e i processi produttivi. Ma se il green è diventato un must anche per l'industria del lusso oggi non basta vendere a livello di marketing questa scelta con quello che si chiama green washing, ovvero la semplice rinuncia alla plastica, l'evidenziare certificazioni ambientali o sottolineare, per esempio, l'utilizzo della carta riciclata.
“È verissimo — avverte Massimo Lombardi, socio fondatore di Greener Italia e coordinatore di Rete Packaging Sostenibile: 100% Campania — Oggi occorre prima di tutto misurare l’impatto ambientale dei propri prodotti lungo il loro intero ciclo di vita, conoscerne i punti critici e lavorare con i principali stakeholder per minimizzare l’utilizzo di risorse non rinnovabili e gli impatti socio-economici. Le certificazioni ambientali costituiscono una fotografia attendibile di una situazione (14001–EPD, etc); il loro vero valore emerge però quando, partendo da quella fotografia, l’intera azienda si attiva per realizzare uno scenario migliore e più bello, a beneficio di tutti”.
Il tema del packaging, e in particolare nel settore dei brand del lusso, che muove un giro d'affari che nel 2019 raggiungerà i 17,6 miliardi di dollari secondo il rapporto commissionato da Asia Pulp and Paper a Smithers Pira, spiega Anna Pellizzari, Executive director di Material ConneXion Italia, “è molto complesso perché non coinvolge solo l'azienda produttrice ma anche il consumatore e le istituzioni sul territorio. Sicuramente per affrontare in maniera seria il tema non basta limitarsi all'imballaggio in quanto tale, cercando di capire come fare a ridurre l'impatto ma e necessario partire dal prodotto”. Un esempio concreto, racconta sempre Anna Pellizzari, è quello dei detergenti liquidi, dagli shampoo ai detersivi, che potrebbero tranquillamente essere sostituiti con corrispondenti solidi o con concentrati da diluire a casa, il che consentirebbe una riduzione notevolissima degli imballaggi.
Ma anche senza passare alla sostituzione dei liquidi con i solidi la tendenza, partendo dal settore della cosmesi di lusso, è quella di andare verso il biodegradabile e il compostabile, soprattutto per prodotti usa e getta. Con il ricorso anche per l'imballaggio a materiali sempre piu leggeri, riutilizzabili ed ecocompatibili. Una scelta che ha visto per primi muoversi, nell'ambito della cosmesi, i marchi mass-market e poi quelli del lusso che sembrano finalmente aver deciso di abbracciare i valori green nonostante, in qualche caso, possano confliggere (vedi il settore dello spirit & wine, forse il più arretrato rispetto a questi temi) con la realizzazione di un packaging che possa distinguere il prodotto d'alta gamma.
Negli ultimi anni, così, anche i prodotti beauty luxury hanno cercato di assumere un'aria più green concentrandosi sulla riciclabilità o riusabilità dei materiali utilizzando cartoncino al 100% riciclato o avvolgendo (gamma di saponi Pangea) le saponette in un imballaggio seminabile una volta immerso in acqua e piantato. In questo ambito, per esempio, Basiliotti, Eco Bags Company, utilizza carta e cartoncino Green PE con una materia prima rinnovabile ottenuta dalla barbabietola da zucchero. E le fibre naturali si spingono anche al mondo minerale con StonePaper, la carta senza cellulosa, ottenuta principalmente da polvere minerale con una piccola percentuale di resina HDPE, utilizzata da Andydesign di Firenze. Ma quando la scatola o l'astuccio hanno un elevato valore intrinseco occorre dare loro una seconda vita diventando nuovi contenitori dopo aver fatto da “vestito” a un prodotto esclusivo.
È il caso del box concept dello Scatolificio Pieve a Ripoli. Con un'idea semplice che si chiama RI-USO, la seconda vita della scatola con soluzioni che ne permettono il suo riutilizzo trasformandosi in un orologio, una lampada, una scacchiera. I trend di crescita del packaging green – che ha avuto una crescita del 38% secondo Rajiapack e interessa anche l'e-commerce con tanto di tutorial per il riciclo sostenibile dell'imballaggio - avverte Ada Brunazzi della torinese Brunazzi& Associati, “faranno sempre più riferimento oltre che alle scelte di materiali, dei contenitori, delle modalità di smaltimento, alla realizzazione di imballaggi riutilizzabili in modo da dare più vite allo stesso contenitore che sarà riutilizzato per vari scopi. Il packaging dovrà essere trasformabile creativamente”.
Ma non è solo quello del riuso il nuovo trend vincente del packaging green di lusso. Per Gianni Cinti, designer umbro che lavora per grandi griffe della moda e candidato al Compasso d'oro 2018 con il progetto Moodulor, “si tenterà di legare sempre di più il pack ai concetti stessi di collezione rendendo sempre più stretto e imprescindibile il rapporto tra contenitore e contenuto. In questa ottica un elemento in grado di cambiare sostanzialmente le regole stesse di un pensiero squisitamente progettuale e da considerarsi innovativo è rivoluzionario di per sè: qualsiasi sia la forma, il colore e la struttura che assume”.
Ma quanto inciderà sulla filiera di chi produce imballaggi la scelta green di grandi marchi come Armani o Gucci? Di solito, nell'ambito in generale delle griffe della moda e del lusso, spiega sempre Anna Pellizzari, si tratta di tre linee guida: certificazione delle materie prime, in particolare FSC per le carte, utilizzo di imballaggi mono materiali per facilitare il riciclo e riduzione degli inquinanti attraverso l'impiego di inchiostri a base d'acqua. Linee che aiutano le produzioni di qualità che tra l'altro nel mondo del lusso già esistono.
“Credo – aggiunge l'Executive director di Material ConneXion Italia – che l'impatto maggiore non sia tanto sulla filiera specifica quanto sul mondo consumer in generale perché i grandi brand della moda sono influencer di ciò che avviene nel prodotto di massa. Quindi mi sembra un ottimo segnale”. Tesi condivisa da Cinti. “È molto confortante pensare che siano state codificate regole per questo argomento – sottolinea il designer – a testimonianza del fatto che la sostenibilità non è una cosa appannaggio solo di isolate iniziative sporadiche e private ma un tema globale che interessa trasversalmente considerevoli fette di mercato e un numero sempre maggiore di consumatori. La filiera quindi ne trarrà un significativo vantaggio in termini di sfide produttive e novità progettuali”.
Con la spinta anche delle principali griffe della moda quali sono i trend di un vero packaging green? “Si capisce che le linee-guida classiche del prodotto sostenibile (le famose 4 R: Reduce, Reuse, Reclaim, Recycle, a cui si aggiunge Re-Design) si applicano anche all'imballaggio, e tutte concorrono unitariamente alla realizzazione di packaging meno impattanti, con pesi diversi a seconda della situazione - risponde ancora Anna Pellizzari. “Nel food ad esempio si sta affermando il negozio senza packaging, ovvero con prodotti sfusi venduti in sacchettini in carta o con refill, nei consumer goods dall'Olanda è partito il brand Plastic-Free che contrassegna scaffali in cui i prodotti presenti non presentano imballaggi in plastica. L'idea è spingere i grandi brand a voler essere presenti in questi scaffali.
Nella cosmetica, invece, dove si fa gran uso di erogatori in plastica necessariamente usa-e-getta, si nota una tendenza verso i materiali biodegradabili o compostabili”. Gli aspetti da considerare per un packaging green, aggiunge Massimo Lombardi “sono davvero tanti, dalla progettazione allo smaltimento. È comunque fondamentale fare attenzione ai processi: un packaging che provenga da materiali raccolti e riciclati in prossimità alimenta una catena del valore locale che fa bene al territorio, riduce gli impatti ambientali e crea occupazione attraverso un modello di economia circolare legale e sostenibile. Anche per questi motivi Sada è stata tra le aziende che hanno costituito nel 2013 la Rete per il Packaging Sostenibile: 100% Campania cui hanno aderito le principali industrie cartarie del territorio che rappresentano l’intera filiera, dalle piattaforme alle cartiere, dagli ondulatori agli scatolifici”.