Che cos’è il neo lusso? Come e da quali fonti attinge la sua forza persuasiva? Come si crea la cultura dell’eccellenza? In quali spazi e con quali interfacce bisogna agire? Lo abbiamo chiesto a tre grandi esperti, di profilo internazionale, del settore lusso.
Di Marilde Motta | Su PRINT 76
Il lusso contemporaneo è essenzialmente esperienza, anzi al plurale, le molte e diversificate esperienze che si possono fare a partire dal bene indissolubilmente legato al suo brand. Per comprendere il lusso d’oggi, in tutte le sfaccettature, bisogna guardare al passato e all’evoluzione storica fino al punto in cui, molto recente, si è prodotto il distacco fra il tangibile e l’intangibile. Da beni suntuari a beni di lusso il passaggio è invece avvenuto nei secoli, attraverso due rivoluzioni industriali, anzi tre se consideriamo gli sviluppi dell’ICT a partire dagli anni ’70 del ’900 che hanno aperto la via all’esperienza immateriale del lusso come, per esempio, la condivisione e la relazione “social” e socializzante nonché l’influenza sul lifestyle. Il lusso antico, di ostentazione e di opulenza fu quello di apparato e di parata, cerimoniale e liturgico che usciva dalle mani di artigiani artisti per le alte sfere ecclesiastiche, la nobiltà di spada e quella di toga, banchieri e grandi mercanti. Oggetti praticamente unici, o in multipli limitatissimi. Le rivoluzioni industriali (la prima a metà ‘700 e la seconda nelle ultime decadi del’800), su uno sfondo storico in cui agisce una società in profonda evoluzione, hanno gettato le basi per creare prodotti in serie al fine di soddisfare una domanda crescente di articoli ricercati, elitari, costosi, edonistici. È la nuova borghesia che detta le regole del lusso. Soprattutto dalla metà del ‘900, antiche e nuove aziende impegnate in questo settore affidano al marketing il compito di dare vita a un lusso moderno attraverso le strategie di brand positioning. Negli anni ’80 si è poi aperto un flusso inarrestabile con la brand extension, ovvero una proliferazione conglomerata di prodotti e servizi tutti marchiati dallo stesso logo. Un lusso percepito, manipolato, praticamente usato e vissuto essenzialmente nella sua natura materiale e tangibile, “boa di segnalazione” di status. Nel 1999, Bernd H. Schmitt dette il via a un nuovo filone di studi e con la pubblicazione del suo saggio “Experiential Marketing: How to Get Customers to Sense, Feel,Think, Act and Relate to Your Company and Brands” definì le caratteristiche del marketing esperienziale che, per il settore del lusso, significa essenzialmente far prevalere gli aspetti intangibili, giacché l’alta qualità tangibile dei materiali e dei processi è ormai data per scontata. Il prodotto, o il servizio (si pensi per esempio all’hôtellerie) e il brand che lo firma diventano ora generatori e interfacce di esperienze. Quali? Schmitt ha individuato sei tipologie (sensoriale, emotiva, cognitiva, pragmatica, lifestyle, relazionale) attorno a cui ogni brand può costruire il proprio statuto identitario e un costrutto di valori, principi, significati la cui integrità deve passare indenne attraverso molti touchpoint online e offline (come il sito di e-commerce e il negozio reale, il commento in un blog e la campagna pubblicitaria ufficiale, il packaging e l’interazione con un assistente virtuale, ecc..), la cui forza persuasiva deve parlare direttamente al singolo potenziale acquirente pur rivolgendosi a molti, la cui dichiarazione di sostenibilità è il lasciapassare per la credibilità. Per approfondire questo neo lusso, che ha caratteristiche peculiari abbiamo raccolto le opinioni di esperti che lavorano per note aziende del settore come Massimo Suppancig, Manfredi Ricca, Rebecca Robins.
UNIFORMITÀ - Il concetto di esperienza, nel lusso, cambia molto a seconda dei touchpoint, quali accorgimenti utilizzare per mantenere una uniformità coerente?
Per Massimo Suppancig l’esperienza nel lusso è naturalmente diversa a seconda dei canali attraverso i quali si entra in contatto con il prodotto. Il manager aggiunge: «Canali che naturalmente negli ultimi anni si sono ampliati. L’importante è la filosofia a monte di tutti i processi e quindi che "il linguaggio" delle maison, o delle aziende che si occupano della creazione e commercializzazione di beni di lusso, sia di assoluta coerenza. Se così è, automaticamente ogni dettaglio pensato per ogni canale di contatto verrà sviluppato in assoluta sintonia con il linguaggio di riferimento». Il pensiero di Rebecca Robins mette in luce che: «L’esperienza che abbiamo con un brand si basa su una dinamica costante di “dentro” e “fuori”. I brand leader nel lusso sono nati dalla ricerca dell’eccellenza, dal desiderio di creare qualcosa di meglio, di produrre meglio e di offrire il meglio. Tutto questo inizia con l’essere ossessivamente impegnati con il mondo del cliente» e aggiunge «le grandi esperienze con un brand sono create anche attraverso una altrettanto grande tutela del brand stesso. Questo avviene dall’interno, dall’impegno dei brand nel creare la cultura dell’eccellenza. Quando Burberry era allo stadio iniziale del suo rinnovamento e Angela Ahrendts e Christopher Bailey stavano lavorando insieme, Angela presentò Christopher come “lo zar del brand” con la funzione di elevare e proteggere i livelli di eccellenza nell’esperienza con il brand e così si espresse: “ho detto al gruppo di lavoro che ogni cosa che il consumatore vede, ovunque nel mondo, deve passare dal suo ufficio, senza eccezioni” ». A queste considerazioni Manfredi Ricca fa eco affermando: «Chi guida l’azienda dovrebbe pensare a cosa si potrebbe aggiungere al brand e al processo di business. Si dovrebbe chiedere in quali spazi, interfacce e momenti si potrebbero creare significative esperienze. La scelta e la configurazione dei touchpoint dovrebbe essere la logica conclusione di un’approfondita comprensione del cliente».
ESPERIENZA - Nel mondo del lusso, come possono essere veicolate le esperienze e fatte percepire attraverso il packaging e i materiali ad esso abbinati?
Massimo Suppancig spiega: «Il marketing esperienziale è una naturale conseguenza dell’evoluzione e della correlata crescita del consumatore avvenuta soprattutto nell’ultimo ventennio. Significa semplicemente offrire esperienze in linea con i tempi al consumatore, per soddisfarlo, emozionare e favorire cosi l’acquisto e il consumo del prodotto bene, o del prodotto servizio. Stiamo parlando quindi di riportare il consumatore al centro dell’attenzione analizzando in modo scientifico le reazioni razionali e irrazionali che portano all’acquisto. Naturalmente nel 2019, parlando di coinvolgimento polisensoriale, il connubio tra aziende e strutture tecnologicamente e scientificamente evolute diventerà fondamentale. Pensiamo solo allo sviluppo che l’eye tracking sta avendo negli studi delle reazioni inconsce del consumatore. Comunque, esattamente come a inizio anni ‘90 ci fu un naturale connubio tra marketing strategico e marketing operativo e aziende del lusso, ora il marketing esperienziale sarà fondamentale per le aziende che vorranno generare politiche di penetrazione con i propri prodotti». Citando il volume “Meta-luxury: Brands and the Culture of Excellence” scritto insieme a Rebecca Robins, Manfredi Ricca così si esprime: «Il business che abbiamo definito come “meta-luxury” crea l’eccellenza combinando, senza compromessi, artigianalità, focus, storia e rarità. Qualsiasi materiale dovrebbe reinterpretare e esaltare questi canoni, non solo in termini di contenuto, ma anche attraverso le tecniche di produzione, che vanno dalla scelta dei materiali alla tecnologia inclusa. L’eccellenza è un implacabile impegno a tutto tondo».
DIGITAL PRINTING - Il digital printing ha aperto l’era della personalizzazione dedicata anche a un singolo specifico cliente per farlo sentire unico. Il digital printing è una soluzione che si farà strada nel mondo del lusso?
Non ne è particolarmente entusiasta Massimo Suppancig che reputa: «Il digital printing verrà sempre mantenuto entro certi limiti e ambiti. Questo perché in un mercato globalizzato, dove i tempi di consegna assumono posizioni di sempre maggiore predominanza, i processi devono poter essere gestiti. Anche nel packaging come sui prodotti stessi, le personalizzazioni potranno raggiungere unicamente livelli limitati di espansione».
AMBIENTE - Il packaging sta diventando sempre più duraturo poiché accompagna la vita del prodotto per lungo tempo. La durata è un bene per l’ambiente come lo è la riciclabilità? Quale ruolo avranno i materiali eco-sostenibili e a riciclo chiuso nel futuro del packaging di lusso?
Una precisazione prima di tutto come sottolinea Massimo Suppancig: «Lunga durata e eco-sostenibilità sono due concetti diversi e non necessariamente devono coesistere. È dimostrato che, oggi, i concetti di eco-sostenibilità e riciclabilità sono di gran lunga più importanti di quello di durabilità. Il packaging del futuro dovrà rispettare sia codici di riciclabilità molto stretti sia i codici estetici dei prodotti. La durabilità in un mondo che ha difficoltà a smaltire i materiali accumulati, sarà un concetto da rielaborare». Anche per Manfredi Ricca «il lusso sarà sempre più definito dal grado zero di impatto, o perfino positivo, che un acquisto dovrà avere sulla società pur apportando un’esperienza arricchente per se stessi. Il packaging si dovrà ispirare a queste aspettative». Un’opinione condivisa anche da Rebecca Robins che approfondisce: «L’industria della moda resta uno dei più significativi contributori all’impatto nocivo sul nostro ambiente e c’è l’opportunità per i brand del lusso di ribellarsi e di stabilire nuovi standard nella sostenibilità. Le persone richiamano i brand alla responsabilità. Una maggiore trasparenza sta pubblicamente emergendo circa le pratiche nell’industria, stiamo vedendo un più potente richiamo all’azione da parte del consumatore. Si consideri l’esempio di Burberry che, lo scorso anno, ha cessato la pratica di distruzione del residuo di magazzino e questo è diventato un comune sentire con i consumatori. C’è un più ampio richiamo all’azione. È tempo per i brand di ripensare l’intero ruolo del packaging giacché il livello di merci di lusso acquistate online continua a crescere. Mentre c’è un livello di aspettativa per un’esperienza di lusso, in linea con il brand che il cliente sta acquistando, ci sarà anche un’aspettativa crescente dei livelli di impegno nella sostenibilità e certamente nelle innovazioni che trasformano il nostro intero consumo di lusso, da ciò che consumiamo a come consumiamo». Crescenti generazioni stanno già accedendo al lusso attraverso la formula del noleggio e della rivendita come prova la crescita esponenziale di attività come Rent The Runway e di The Real Real. Giacché il modo in cui abbiamo accesso al lusso e al livello di lusso si sta evolvendo, nel contesto del noleggio e della rivendita, ne consegue che il prodotto firmato sta prendendo il sopravvento sul packaging firmato. Rebecca Robins approfondisce: «Dior ha appena svelato un nuovo sito web e ha annunciato nuove esperienze nel packaging, separatamente per uomo e donna [NdR: i prodotti ordinati online sono consegnati avvolti in una carta velina profumata e con un nastro Dior in scatole che sono state appositamente concepite]. Poiché la personalizzazione e i livelli di personalizzazione possono essere intrecciati in altri modi, i clienti vorranno, o necessiteranno di confezioni di genere? Ci sono numerosi esempi dove diverse forme di packaging potrebbero facilmente essere unificate. Consideriamo ciò che Hermès sta facendo con Petit H. Dove ogni elemento rifiutato dal rigoroso processo di verifica, poiché al di sotto del livello di eccellenza definito, invece di essere scartato è incanalato nel progetto Petit H per essere riutilizzato in altre creazioni. I marchi del lusso leader si sono sempre chiesti “perché” e “perché no” e questo dovrebbe essere il principio guida quando si tratta di portare avanti una nuova cultura di eccellenza sostenibile».
___
Massimo Suppancig
Massimo Suppancig è da circa trent’anni una figura leader nel settore della moda e dei beni di lusso. Ha assunto posizioni manageriali di vertice in società internazionali come Benetton, GFT, Escada AG, Hugo Boss, Valextra, Ittierre e ultimamente Garage Italia Milano, dove la sua vision e la competenza non solo hanno generato profitti, ma hanno anche rivoluzionato e sfidato gli standard del settore.
Rebecca Robins
Rebecca Robins è Global Chief Learning and Culture Officer di Interbrand. Guida la Interbrand Academy attraverso la rete globale di uffici di Interbrand ed è un’esperta globale del settore lusso. Ha una vasta esperienza nel branding in diversi settori. Interviene con commenti e parla sul tema dei brand, della cultura, del lusso e della moda su pubblicazioni come Bloomberg, Business of Fashion, the FT, New York Times, WWD.
Manfredi Ricca
Manfredi Ricca in qualità di Chief Strategy Officer guida alcuni dei progetti di più alto profilo di Interbrand, oltre a essere responsabile della strategia del gruppo in Europa. Vanta quasi due decenni di esperienza come advisor dei vertici di alcune delle organizzazioni più rispettate del mondo, contribuendo ad accrescere l’impatto del brand sulla performance. I suoi interventi sono apparsi su media quali BBC World, Financial Times e New York Times. Rebecca e Manfredi sono co-autori del libro: Meta-luxury: Brands and the Culture of Excellence, Palgrave Macmillan, London, 2012