Interviste

Silviano Venchi e la fabbrica di cioccolato

Sembra una fiaba, quella di Venchi, cominciata più di 140 anni fa a Cuneo, nella bottega di un giovanissimo cioccolatiere deciso a far diventare i suoi gianduiotti e praline – confezionati come gioielli – i più eleganti di tutto il Piemonte. Oggi il sogno di Silviano Venchi è un simbolo indiscusso del saper fare italiano nel mondo, che continua a distinguersi per la qualità degli ingredienti, la fedeltà alla tradizione e lo stile delle confezioni, fatte per solleticare i sensi e imprimersi nella memoria.

Di Achille Perego | Su PRINT 80

Una storia dolce e fondente lunga più di 140 anni, tanti sono quelli che Venchi ha festeggiato nel 2018 celebrando la nascita dell’azienda nel lontano 1878. Una storia di amore e passione piemontese, il regno delle nocciole e del cioccolato ma anche di storiche stamperie e cartotecniche che hanno scritto pagine importanti nella produzione di scatole di cartoncino e latte per accogliere gianduiotti e praline.
E al packaging Venchi ha sempre guardato, fin dall’origine, con un occhio di riguardo, come primo biglietto da visita della qualità tutta Made in Italy dei suoi prodotti. «Il packaging di Venchi – spiega GB Mantelli, anima creativa della boutique del cioccolato – dona ai prodotti autenticità, personalità e stile. Le ricette dei prodotti vengono create in linea con i valori aziendali: allegrissimo, verissimo, buonissimo».

Attraverso il disegno e le grafiche degli imballaggi (primari e secondari), realizzate per ogni campagna innanzitutto in casa ma anche grazie alla collaborazione di grafici, artisti e giovani talenti, Venchi riesce a differenziarsi pur mantenendo elementi distintivi come i nastri, i tag e gli adesivi dorati. Così le confezioni Venchi vengono realizzate per creare un forte impatto visivo e per durare nel tempo. Come è durata nel tempo questa “fabbrica” del cioccolato.

La sua storia inizia con Silviano Venchi, che a 16 anni comincia a creare cioccolatini nel suo negozio a Cuneo: in poco tempo la sua pasticceria diventa la più rinomata della città, apprezzata per la straordinaria qualità degli ingredienti e per l’impareggiabile abilità nel presentare le sue creazioni come se fossero gioielli.
Nell’anno di nascita ufficiale dell’azienda, Venchi lancia il suo Gianduiotto 1878 con un minimo 32% di nocciole IGP Piemonte. Un prodotto ormai iconico e divenuto simbolo della capacità del marchio di rinnovarsi, pur restando fedele alla tradizione piemontese.

Oggi Venchi ha raggiunto una riconoscibilità internazionale: più di 350 ricette di cioccolato e 90 gusti di gelato, presente in più di 70 Paesi in città chiave come Londra, Hong Kong, Dubai e New York e con oltre cento negozi monomarca nel mondo. In un mercato, quello del cioccolato, che negli ultimi anni si è ristretto, Venchi ha continuato a crescere passando dai 63 di fatturato nel 2016 ai 100 stimati per il 2018,  con un migliaio di dipendenti nel mondo e più di 100 (quasi tutti donne) nello stabilimento cuneese di Castelletto Stura. Una vera e propria rinascita, dopo il fallimento del 1978, riuscita grazie all’arrivo di tre giovani imprenditori che alla fine del 1997 rilevarono il marchio e il ricettario storico. Tra questi Daniele Ferrero, primo azionista con il 27%, ancora oggi amministratore delegato; Pietro Boroli (De Agostini) con il 12%; e GB Mantelli, con un altro 12%, nipote del fondatore della Cuba, una piccola azienda dolciaria di Cuneo famosa per i cioccolatini ripieni di rum, che servì da veicolo per acquisire il marchio Venchi.

Fino al 2007, spiega Ferrero «abbiamo lavorato per creare una media azienda, fatturavamo 30 milioni, di cui il 95% realizzato in Italia. Poi abbiamo capito che per crescere in un mercato maturo avremmo dovuto cambiare modello di business e creare un nostro canale di vendite». La scommessa vincente? Pensare come fanno i marchi del lusso e aprire boutique monomarca, che fossero «la quintessenza del made in Italy. Con un’idea in più: oltre al cioccolato, offrire anche il gelato artigianale, per allungare la stagionalità dei prodotti e aggiungere un altro forte connotato di italianità, riconoscibile soprattutto all’estero».

Oltre all’espansione internazionale e alla rinnovata presenza con le Cioccogelaterie in stazioni, aeroporti e persino sulle navi da crociera (come la Msc Seaside), lo sviluppo è passato anche dall’innovazione. Se Venchi ha anticipato il trend del cioccolato fondente e il marketing del “senza” (senza glutine, grassi idrogenati, additivi, aromi artificiali), l’azienda ha iniziato qualche anno fa a collaborare con le Università di Roma, Piacenza e Perugia per studiare cioccolatini che riescano a gestire meglio i tassi di glicemia, con una digeribilità più veloce, ma che mantengano più anti-ossidanti. Senza dimenticare le origini. La passione per i prodotti, aggiunge Ferrero, «che hanno una storia da raccontare. Nelle ricette usiamo solo ingredienti rigorosamente italiani, a eccezione dei semi di cacao: le nocciole del Piemonte, i pistacchi siciliani, le mandorle pugliesi, l’olio extravergine».

Si potrebbe dire che lo stesso connubio tra tradizione, qualità e innovazione abbia sempre caratterizzato anche il packaging. Le grafiche di ogni confezione, ricorda GB Mantelli, «vengono definite e impreziosite a seconda del canale al quale sono destinate. Per ogni progetto di campagna, vengono scelti i fornitori e gli stampatori più adatti di volta in volta». In Venchi non amano rivelare i nomi di chi stampa scatole, latte, barattoli, carte e pellicole primarie che avvolgono i cioccolatini – ma ciascuno è stato e viene scelto di volta in volta perché ritenuto il migliore per realizzare il matrimonio tra cioccolato e packaging, tra gli espositori in cartoncino e il design dei punti vendita. O per i cataloghi B2B, in particolare i due annuali tirati in qualche migliaia di copie nei periodi topici di Pasqua e Natale.
L’utilizzo di carte e cartoncino alla base della realizzazione del packaging si sta gradualmente spostando, come racconta il responsabile creativo di Venchi, su materiali FSC. I materiali plastici utilizzati all’interno dell’azienda sono invece riciclati (BTL) e si sta lavorando per andare verso una graduale e continua sostituzione. Tanto che è in corso la transizione che renderà tutti i materiali di servizio in negozio relativi al F&B compostabili. La plastica riciclata viene già utilizzata per posate, bicchieri, vaschette per il gelato, come pure per la valigetta che contiene le uova di Pasqua. Un percorso non facile, se si considera l’importanza che il packaging, soprattutto quello primario, ricopre in termini di sicurezza alimentare per il cioccolato, e, non da ultimo, che determinati processi di stampa e inchiostri possono ridurre l’ecocompatibilità della carta o del cartoncino riciclati e certificati FSC.

«Non esistono ancora, per esempio –  spiega sempre GB Mantelli –  dei bio-film per la conservazione del cioccolato, e in generale le bioplastiche non sono ancora utilizzabili a contatto con il food. In più l’imballaggio di un cioccolatino prevede, per legge, una serie di informazioni al consumatore (le etichette) che impongono uno spazio importante stampato. Quindi si sta cercando di trovare un equilibrio tra tutte queste esigenze».

L’equilibrio, non il lusso a tutti i costi, caratterizza anche l’idea stessa di packaging, che ogni anno si rinnova – a partire dai colori – per le collezioni pasquali e natalizie, un po’ come succede con le collezioni della moda, ma resta fedele ad alcuni elementi, come il marrone, tinta corporate di Venchi, o l’oro  di un prodotto classico come il Gianduiotto. E nobilitazioni, goffrature, carte speciali che producono un caratteristico effetto tattile, connotano in particolare le linee premium distribuite, oltre che nei negozi monomarca, nei canali plurimarca rappresentati da pasticcerie, enoteche, bar e fine food shop.

In Venchi c’è spazio, però, anche per l’innovazione dell’imballaggio. Un packaging di un bel verde metallizzato che si unisce agli altri tre colori del Natale (rosso, blu e bianco con paesaggi natalizi per le festività 2019) riveste la nuova Cometa Verde, versione vegan friendly e un po’ più dolce della famosa ricetta Cuor di cacao 75% ripiena: una conchiglia 56% con un ripieno fondente al 60% in olio d’oliva.
Da un paio d’anni infine, come conclude GB Mantelli, sono stati rivisti l’immagine grafica del brand e i suoi colori, con l’aggiunta dell’arancione e del blu petrolio allo storico marrone, con grande successo e riconoscibilità anche internazionale. L’innovazione è cominciata qualche anno fa per il packaging dei prodotti di fascia alta da presentare proprio nei nuovi canali distributivi e, a partire dall’estero, nei nuovi negozi monomarca Cioccogelaterie. Così è stato rivisto il logo, racchiuso in un cerchio che racconta la sensorialità, la rotondità e insieme la morbidezza del cioccolato. Si ritrova la storia dell’azienda con la data di fondazione (1878) e la palettina simbolo del mondo del gelato. Per le storiche e inconfondibili latte si è pensato a una tonalità rame giovane (quasi un oro rosa) ottenuta con le lamine, con coperchio punzonato come un tempo. Il colore racconta la tradizione del made in Italy. Le cappelliere invece, che racchiudono selezioni di cioccolatini misti, sono disponibili in diverse misure e la fascia decorativa che distanzia il fondo dal coperchio è completamente stampata con lamina a caldo rame ma, una volta chiusa, rivela solo una elegante linea di pattern. Le altre scatole della gamma, tonde o quadrate, sono realizzate con carta Gruppo Cordenons Malmero Tourbe.

Quanto ai gianduiotti, rimasta la tradizione dell’incarto e della scatola, giocati tra il marrone e l’oro, è arrivata la borsa-gianduiotto: una shopper piena d’allegria (la nuova filosofia del packaging Venchi) che consente a chi l’acquista di portarsi a casa, oltre al cioccolato, un cioccolatino gigante.


25/09/2020


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