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Se il packaging è di tessuto

In un anno in cui il packaging monouso ha riguadagnato terreno, a detta degli analisti il vero settore da tenere d’occhio nel medio e lungo termine è il packaging di tessuto. Siamo infatti sull’orlo di una rivoluzione d’uso, le cui potenzialità si esprimeranno pienamente nell’arco di un decennio a partire da ora. Ne abbiamo parlato con quattro esperti di settore: Roberto Della Rupe, fondatore di Luce SM, Giacomo Papini, CEO di Paimex Srl e, insieme a Della Rupe, socio fondatore di Plus4, Fulvio Alvisi, textile designer co-fondatore dello studio Alvisi e Alvisi e Mirko Urbani, Direttore Commerciale di GPS Bags.

Di Roberta Ragona | Su PRINTlovers 86

Secondo The Fiber Journal l’applicazione nel packaging costituisce attualmente il 15% del volume totale della produzione tessile a livello mondiale, ma questa percentuale è destinata ad aumentare. Da una parte c’è la spinta da parte dei consumatori, ma a incidere in maniera determinante è l’introduzione di regolamenti internazionali volti a normare il settore del confezionamento, come la Single Use Plastics Directive adottata dal Parlamento Europeo nel Marzo 2019, che incentiva le compagnie europee ad accelerare lo sviluppo e l’adozione di materiali alternativi alle plastiche. Sempre nel 2019 la Commissione Europea ha pubblicato una roadmap per il Circular Economy Action Plan. All’interno di questo scenario è nata un’alleanza a livello europeo per incoraggiare l’utilizzo del packaging fiber-based chiamata 4evergreen, il cui scopo è di creare maggiore consapevolezza sui benefici dei materiali di packaging di origine tessile e del loro abbinamento con il settore della carta. Un ambito, quello del packaging tessile, che a detta dello UK’s National Composites Network sarà al centro di una serie di tendenze di mercato con applicazioni che vanno dall’industria pesante al food, passando per l’Internet of Things e i materiali intelligenti in grado di rilevare dati come temperatura, freschezza del prodotto e tracciabilità.
Insomma, dai suoi tradizionali ambiti d’uso come il fashion, gli accessori e i gioielli il packaging tessile si è già spostato su versanti più di largo consumo, dai prodotti mass market al beverage.
Che si tratti di comunicare prestigio e qualità del prodotto o in un’ottica di riuso sostenibile, questo cambiamento non interessa solo i materiali, ma anche lavorazioni, tecniche e tecnologie tipiche del textile design, adottati e riproposti su altri materiali con esiti sorprendenti.

Ma a quali necessità, sia di comunicazione che funzionali, risponde il packaging tessile?
Lo abbiamo chiesto a quattro esperti che potessero aiutarci a interpretare il fenomeno nei suoi aspetti produttivi, comunicativi, di impatto nella società e di tendenze di design: Roberto Della Rupe, fondatore di Luce SM e socio fondatore di Plus4, società di consulenza che accompagna le aziende in progetti di sostenibilità ambietale applicate al packaging; Giacomo Papini, CEO di Paimex Srl, socio fondatore di Plus4 e Textile Specialist & Consultant, Fulvio Alvisi, creatore con Luciana Alvisi dello studio di textile design Alvisi e Alvisi, Presidente Associazione Italiana Disegnatori Tessili e docente di Textile Design presso lo IED di Como e Mirko Urbani di GPS Bags, la cui linea di carte cucite e di prodotti realizzati a partire dalle fibre di cuoio riciclato è proprio un esempio della connessione virtuosa tra tessile e packaging in carta e dei principi dell’economia circolare.

La prima caratteristica del tessile è la resistenza:
comunicare, attraverso i materiali, continuità nel tempo, qualità e longevità d’uso. Dice Roberto Della Rupe di Luce SM: «Il cliente che sceglie il tessuto intende produrre un packaging la cui funzione non si esaurisca nella protezione del prodotto dalla produzione alla vendita. Un oggetto che continui a parlare del brand anche sulla lunga durata, prolungando la propria efficacia comunicativa».
Il tessile è uno dei settori maggiormente al centro dell’attenzione per quanto concerne la sostenibilità ambientale, a partire dall’industria della moda, con ricadute che coinvolgono anche il packaging. Ce lo conferma Giacomo Papini di Paimex: «Sicuramente si guarda sempre di più alle materie prime in termini di riciclabilità e di modalità di produzione a basso impatto, e per i materiali naturali si prediligono tecniche che abbattano quanto più possibile l’utilizzo di acqua e la produzione di inquinanti. Si fa maggiore attenzione al fine vita del materiale, c’è un focus significativo sui materiali biodegradabili e compostabili anche per le fibre tessili. Questo ha ripercussioni su tutta la filiera: ad esempio per la stampa significa utilizzare inchiostri a base acquosa, certificabili e certificati, e tutto il sistema di trattamento deve essere concepito pensando già al momento in cui il materiale andrà smaltito.Tra le  nuove fibre che ormai sono entrate nell’uso corrente, di sicuro il tencel (fibra prodotta dalla cellulosa, ndr) è una delle più interessanti, ma una novità in fase di sviluppo da cui ci aspettiamo davvero molto è un cotone prodotto in laboratorio, senza le necessità di coltivazione estensiva del cotone organico, ma che avrà le medesime caratteristiche qualitative e costi competitivi».
Trovare i partner in grado di tradurre questi sforzi in materiali e pratiche industriali è fondamentale per le aziende. Commenta Fulvio Alvisi: «L’anno appena trascorso ha accelerato una serie di processi: il consumatore fa sempre più attenzione alla sostenibilità, ma si tratta di spinte emozionali su cui ancora si deve innestare una crescita culturale. Ci possono venire in aiuto le nuove tecnologie, che  permettono di andare molto più a fondo a livello informativo di quanto permetta lo spazio a disposizione nel packaging o nell’etichetta, che di solito contengono poche indicazioni obbligatorie per legge, mentre noi auspichiamo che diventino più integrate tecnologicamente per fornire indicazioni importanti sull’intera filiera produttiva. Al momento siamo di fronte a un sistema che è sostanzialmente un’autocertificazione, ma non c’è un sistema che dia garanzie al consumatore anche per quello che riguarda l’aspetto etico dei propri acquisti. Sarebbe utile anche in considerazione del fine vita del materiale: per esempio il fatto che si mescolino determinate fibre comporta un riciclaggio più complicato, mentre una filiera più tracciabile renderebbe più agevole – e interessante anche economicamente per le aziende – lavorare di più con le fibre riciclate».
Un esempio è la fibra di cuoio riciclato con cui lavora GPS Bags. Spiega Mirko Urbani: «Siamo partiti da un materiale usato per altri scopi, in particolare nelle calzature; essendo un grezzo molto interessante abbiamo deciso di sperimentare. Il fatto di avere a disposizione in azienda tante tecnologie di stampa – come la stampa flexografica e la stampa digitale – e una struttura molto avanzata a livello tecnologico, ci ha permesso di fare ricerca sugli abbinamenti tra tecniche di stampa e materiali, nell’ottica di un risultato estetico ma anche di sostenibilità del prodotto finale.
L’idea era di abbracciare il più possibile il principio dell’economia circolare, riutilizzando materiali che vengono dal riciclo di altre filiere industriali, diverse da quelle del packaging, per creare un prodotto che comunichi attenzione artigianale e qualità, e che incoraggi il riutilizzo da parte del consumatore. Insomma, un oggetto che abbia una vita più lunga».
Sempre Roberto Della Rupe: «In questo momento c’è un focus sul tema del packaging tessile anche per le sue possibilità di riutilizzo, ma sul tema c’è tanta attenzione e poca esperienza: le aziende sono interessate ma stanno ancora acquisendo il know-how per poter distinguere in un’offerta sempre più ampia una filiera realmente sostenibile. Spesso il cliente ci chiede “un materiale sostenibile” e sta a noi capire cosa voglia dire e come trasformare concretamente la richiesta in un prodotto che entri a far parte in pianta stabile delle pratiche del brand. C’è stato un cambio di mentalità significativo rispetto agli anni scorsi: in questo momento il marketing è una leva potentissima per portare avanti cambiamenti reali nella produzione. Molti clienti che fino a due anni fa non erano pronti ad abbracciare delle novità ci stanno ricontattando chiedendo di riprendere progetti che gli erano stati presentati in passato. È cambiata la maturità del mercato, c’è una volontà che è conseguenza diretta di un’attenzione da parte dei media e dei consumatori. Negli anni passati c’erano le tecnologie e i materiali ma non era pronto il mercato: ora quello che prima era un nice to have è diventata una necessità».
Per queste sue caratteristiche il tessuto si presta a diverse applicazioni come pochette, shopper, dust bag. Queste ultime, in particolare, sono sempre più utilizzate nella cosmesi e nel food, sia per proteggere un packaging in vetro o alluminio dagli urti accidentali che per comunicare la qualità del prodotto. Proprio quello della dust bag è uno dei formati che sta crescendo in maniera più significativa, come ci conferma Giacomo Papini: «Dal punto di vista dei volumi produttivi le dust bag sono il prodotto che va per la maggiore, ma quest’anno abbiamo osservato una crescita significativa anche nelle richieste di copriabiti in tessuto.
Il copriabito svolge la duplice funzione di proteggere il prodotto dalla luce, dalla polvere e dagli agenti esterni, ma invoglia anche il consumatore a prendersi cura del capi che acquista. E anche per questo prodotto “di servizio” è cresciuta la domanda di tessuti naturali, rispetto al passato in cui il modello più comune impiegava il tnt».

Ma tessile vuole dire anche abbinamenti con gli accessori:
manici, nastri, zip, occhielli, asole a ricamo, nastri e altre finiture che possono dare l’accento di carattere al risultato finale. Commenta Giacomo Papini: «Soprattutto per quanto riguarda le shopper il manico è quello che fa la differenza: basta una tracolla a contrasto per rendere il packaging più interessante dal punto di vista visivo. In termini di stampa, invece, le più utilizzate al momento sono la stampa serigrafica, la stampa digitale e la sublimatica. Il ricamo sta vivendo un periodo di grande ritorno di interesse, anche grazie a utilizzi creativi e applicazioni inusuali. Sicuramente la stampa digitale sta prendendo fette sempre più importanti di mercato grazie alla versatilità in termini di personalizzazione e short run, che permette di reagire più velocemente agli stimoli del design e del mercato, mentre per medi e grandi volumi viene ancora preferita la serigrafia. Un’applicazione in cui il giusto abbinamento degli accessori è fondamentale è sempre quella dei copriabiti: la zip viene scelta in base all’effetto, al posizionamento del brand e in armonia col prodotto che proteggere. Sempre più spesso capita che la stampa si abbini alle finiture di manici, coulisse e nastri: questo rientra non solo nell’aspetto produttivo ma fa parte del pensiero di design».
Proprio questo patrimonio di esperienza ha permesso a GPS Bags di sperimentare sul design: «Noi di GPS Bags ci siamo dedicati da diversi anni allo sviluppo di una linea che usa il cucito dove normalmente verrebbe utilizzata una tecnica di saldatura dei materiali, dando un’esperienza premium anche a partire da un packaging tradizionale. È una linea che si rivolge a settori diversi da quelli a cui risponde la produzione del sacchetto in carta, e questa diversificazione è il risultato di un lavoro di vent’anni per realizzare prodotti di alto profilo ecologico, privi di colle e stampati con colori ad acqua, per una riciclabilità totale. È una lavorazione perfetta per aziende che hanno ben chiaro quello che vogliono, che lavorano su prodotti di cui ci si deve innamorare, come ad esempio profumeria e cosmesi di alto livello. In questi mesi abbiamo lanciato delle produzioni che andranno sul mercato la prossima estate, in cui sostituiamo la plastica con altri materiali senza stravolgere la forma del pack. Quando hai il know-how sui materiali puoi permetterti di fare ricerca sul design: è quello che abbiamo fatto per Ferrero con le calze della befana in carta cucita  e con la shopper cucita che richiama la forma iconica dei barattoli di Nutella». Un principio, quello dell’esperienza al servizio della ricerca, condiviso anche da Roberto Della Rupe: «Proporre un accessorio che abbia un buon rapporto qualità-prezzo è importante per i nostri clienti. In questo ci viene in aiuto l’esperienza: dal nostro lato significa fare ricerca, conoscere i materiali ma anche avere capito qual è il progetto che ha in mente il brand. Si tratta di un lavoro sinergico tra cliente, esperti di materiali, i reparti di ricerca e sviluppo, direttori di produzione e molte altre figure. Tutti coloro che sono coinvolti in questa filiera devono avere ben chiaro l’obiettivo di comunicazione, e questo richiede un grande patrimonio di ricerca, conoscenza e competenza».


Unconventional textile packaging
Non solo shopper, pochette e dust bag per accessori fashion. Il tessile entra nel packaging per stravolgere i canoni di settore: dalle etichette ricamate ai dettagli mutuati dal lusso, ecco una selezione internazionale di progetti disruptive premiati nelle ultime due edizioni di Pentawards.

1 - Riso nel sacco
Il packaging in tessuto è da sempre il contenitore privilegiato del riso, qui reinterpretato dall’agenzia armena Backbone Branding con un design che valorizza il legame tra gli agricoltori che producono il riso e il prodotto. Oltre al sacco stampato con i volti stilizzati e la coulisse, in diverse referenze e misure, è presente un accessorio davvero inaspettato: il cappello in carta di riso, graduato per poter essere utilizzato come misurino per le porzioni. Il progetto si è aggiudicato la medaglia di platino nella categoria Food - Bread Cereals and Pasta dell’edizione Pentawards 2019.

2 - C’è un tempo per ogni polsino
Per gli orologi Swatch l’agenzia creativa russa Kollegi ha realizzato un concept pack che richiama il polsino di una camicia grazie all’uso del tessuto. Le due versioni in cotone citano la classica camicia Oxford, mentre per i più sportivi c’è il tessuto tecnico. La scatola ha un coperchio a scorrimento che mima il gesto di scoprire l’orologio sul polso per rispondere all’eterna domanda: “che ore sono?” Il progetto si è aggiudicato la medaglia di bronzo nella categoria Packaging concept professional dell’edizione Pentawards 2020.

3 - Una dust bag per gourmand
Il packaging della spagnola Morillas Branding Agency per Cinco Jotas, leggendario marchio di jamon ibérico che da oltre 130 produce prosciutti di altissima qualità da maiali al pascolo brado nei boschi del sud della Spagna, rompe gli schemi del settore food e abbraccia stilemi e materiali mutuati dal lusso, come la dust bag di tessuto stampato, dotato di coulisse, che custodisce la freschezza del prodotto e i cinturini di cuoio del pack secondario.
Questa idea ha fatto guadagnare al team la medaglia d’oro nella categoria Luxury Gourmet Food dell’edizione Pentawards 2019.

4 - Etichette jacquard
Un formato degustazione da 35cl creato in Francia da PBM Design Studio per Spirits Partners - La Distillerie Générale, brand luxury di Pernod Ricard, evoca una biblioteca di liquori preziosi. Ognuna delle parti che compongono il packaging richiama un momento nella storia del liquore: l’etichetta a tessitura jacquard evoca il medioevo e gli arazzi antichi sino ad arrivare ai tempi moderni. Un omaggio alle cantine dei liquori del 18esimo secolo in stile contemporaneo. Il progetto ha vinto la medaglia d’argento nella categoria Packaging Brand Identity Programmes dell’edizione Pentawards 2020.





 


18/02/2022


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