Interviste

Nuovi materiali, tra etica ed estetica

Cinture fatte di ananas, gonne di plastica riciclata, abiti di ortica (morbida e traspirante come il lino, brillante come una seta), borse di pelle vegetale ottenuta della lavorazione delle mele. Sembra, da qualche tempo, che tutto intorno a noi — tessuti, accessori e oggetti di design — sia diventato sostenibile. A quanto pare l’industria della moda — il settore più inquinante al mondo, secondo soltanto a quello del petrolio e dei suoi derivati — s’è messa sul serio nell’impresa di ridurre l’impatto dei propri processi produttivi, cercando di usare il più possibile materiali di scarto e lavorazioni che rispettino i diritti degli uomini, delle comunità, della natura, degli animali.
 

«Noi spalancheremo le porte degli atelier di moda alla carta, al cartone, al vetro, alla stagnola, all'allumino, alle maioliche, al caucciù, alla pelle di pesce, alla tela d'imballaggio, alla stoppa, alla canapa, ai gas, alle piante fresche e agli animali viventi».
Il manifesto della moda femminile futurista, 29 febbraio 1920

Di Anna Aprea | Su PRINT 78

Sul tema della sostenibilità ci sono intono a noi molti buoni propositi, ma possiamo essere ottimisti. Consideriamo infatti che anche nei mercati del lusso sembra ormai radicata la consapevolezza che green&glam potrebbero, in un futuro ormai prossimo, diventare sinonimi. D’altronde stiamo parlando di comparti con margini di guadagno elevati, che possono sostenere scelte oggettivamente più costose. Se il lusso responsabile non è più un’utopia, il merito - questo va detto – è dei giovani consumatori, adulti compresi nelle fasce d’età 28/38 anni che non vogliono rinunciare né alla qualità né alla ricercatezza dei prodotti ma sono più che mai attenti all’aspetto ecologico dei loro consumi. I millenial hanno infatti cambiato le strategie delle marche del lusso, molto sensibili come sono all’ambiente e alla trasparenza. Sì… la trasparenza, il vero spartiacque perché il lusso diventi sinonimo di eco.
L’uso di materiali naturali e di fonti energetiche alternative non è la condizione unica per garantire la sostenibilità di prodotti e progetti. In linea di principio sarebbe necessario certificare tutto il ciclo di vita del prodotto, valutando le possibili ricadute che in ogni fase — dalla produzione al trasporto, dall’utilizzo fino allo smaltimento — si determinano sull’ambiente. Sembra un paradosso ma anche i materiali non rinnovabili possono essere considerati sostenibili purché seguano un processo produttivo efficiente dal punto di vista energetico, ovvero con basse emissioni.
Ma allora quali sono i materiali veramente sostenibili? Può esistere il lusso green? Una risposta univoca non c’è. Quello che c’è per il momento è un lavoro di prova e riprova, ci sono di esperienze, ricerche, tentativi. Alla sostenibilità guardano anche molti artisti, concentrati sia sul riuso creativo dei materiali sia sull’impiego di materie organiche. Su questi temi abbiamo rivolto qualche domanda ad Anna Pellizzari, Executive Director di Material ConneXion Italia.

Ci sono proprietà che fanno di un materiale un supporto più adatto di altri al settore del lusso?
Il prezzo. Il primo parametro che definisce se un materiale può essere più o meno utilizzato nelle fasce alte del mercato è il prezzo. Ci sono materiali preziosi, che non possono essere utilizzati in settori che non hanno margini elevati. Altra qualità che posiziona un materiale nell’alto di gamma è la possibilità di poter coniugare i suoi caratteri valoriali con quelli del brand. Terzo, le sue peculiarità estetiche, distintive, che anch’esse devono essere in sintonia con quelle del brand. Pensiamo, ad esempio, alla necessità di una trasmissione estetica della naturalità nei prodotti cosmetici. Da quando la sostenibilità è divenuta una delle aree più strategiche per le aziende del lusso ci vengono chieste con insistenza applicazioni sostenibili, che siano tali in tutti gli ambiti, compresa la logistica, in particolare i trasporti internazionali. Marchi della moda come Stella McCartney, che si caratterizza per impegno ecologico e il rispetto degli animali, non possono non prestare attenzione al controllo dell’intera filiera, compreso il trasporto dalla fabbrica al negozio. Per ragioni di protezione, i capi d'abbigliamento attualmente viaggiano nella plastica, generando grandi quantità di rifiuti; per questo ci vengono richieste sempre più frequentemente soluzioni alternative, ugualmente performanti ma migliorative da un punto di vista ambientale.

A proposito della plastica…
Ci sono molti studi e molte iniziative attorno a questo tema. Da un lato affrontando il problema in ottica di riciclo e di “pulizia” dell’ambiente dalle plastiche già presenti, come ad esempio il progetto Parley for the Oceans, dedicato al tema della salvaguardia degli oceani; all’iniziativa hanno aderito diversi brand della moda e dello sport tra cui Adidas, che ha realizzato scarpe da ginnastica prodotte con un filamento derivato dai rifiuti ripescati dagli oceani. Dall’altro lato, proiettandoci verso il futuro, c’è molta ricerca nell’ambito delle alternative alla plastica, in ambito imballaggio ma non solo. Il riciclo è una risposta teoricamente valida, ma ancora problematica nella pratica, soprattutto per alcuni materiali. Pensiamo ad esempio al fatto che, fino alla fine del 2017, i paesi europei, tra cui il nostro, inviavano gli scarti plastici in Cina, ma dal 2018 il governo di Pechino ha chiuso le frontiere a molti tipi di rifiuti, tra cui appunto la plastica. È chiaro che dobbiamo sviluppare nuovi processi e tecnologie per trattare il mix plastico: è una sfida, ma anche un’opportunità…

Nell’universo dei materiali che cosa è davvero la sostenibilità?
Mi viene spesso chiesto se un materiale sia “sostenibile” oppure no: in realtà questa parola non significa nulla in senso assoluto (ogni materiale, processo, azione ha un suo impatto sull’ambiente). È più opportuno definire dei parametri comparativi rispetto a cui effettuare delle analisi e misurazioni, quali ad esempio il contenuto di materia prima rinnovabile, il consumo energetico in fase di produzione, l’emissione o l’utilizzo di sostanze nocive, eccetera. Il metodo che cerca di mettere assieme tutti questi aspetti è l’LCA (Life Cycle Assessment), un insieme di metodologie il più possibile oggettive di identificazione e quantificazione dei consumi di materia, energia ed emissioni nell’ambiente e di valutazione degli impatti potenziali. È perciò difficile indicare una ricetta unica per la sostenibilità: ci sono piuttosto tante azioni che possono avere più o meno senso anche a seconda dell’ambito applicativo del materiale, o delle alternative disponibili. Ad esempio, il riciclo va valutato non solo in termini di sottrazione di materiale alla discarica, ma anche di consumo energetico: un processo di riciclo che impattasse di più rispetto alla produzione da materia prima vergine non avrebbe molto senso.

Il mondo dei materiali è in pieno fermento, attira idee, bisogni, finanziamenti, invenzioni: Come nasce un nuovo materiale, attraverso quale processo: dai bisogni espressi dalla domanda, dalla casualità, dalla ricerca?
In questo settore funziona sia il meccanismo pull che quello push, ma non solo, c’è anche la pura casualità: le storie emblematiche, come quella del Postit nato da un errore, esistono sempre. In alcuni casi nasce prima il materiale: da un laboratorio o da una startup che lo sviluppa e poi cerca di capire in quali ambiti si possa applicare. Molto più spesso il materiale nasce da una domanda, sia di performance specifica, sia di richiesta da parte del mercato o del consumatore, inteso come pubblica opinione. Nel caso delle bioplastiche si può dire che oggi si sviluppano perché in questo momento ce n’è richiesta.

Quali sono i materiali più richiesti, quelli che fanno tendenza?
La carta è tornata come uno dei possibili sostituti della plastica. C’è molta attenzione, soprattutto nel settore cosmetico (dove è più frequente l’usa e getta) anche verso i biocompositi, ovvero materiali nati dalla combinazione di più elementi di origine vegetale. Sono molto ricercati anche materiali riciclati, sia post-industriali ma anche ottenuti da rifiuti post-consumo, come vasetti di yogurt o bottiglie di plastica. Sempre più spesso i materiali riciclati sono qualitativamente simili ai materiali vergini, tra l’altro, dobbiamo abbandonare quest’idea del riciclato come materiale di seconda scelta.

Esistono materiali non stampabili?
In generale, tutti i materiali con superfici troppo porose (ad esempio il poliuretano espanso, che comunque raramente viene impiegato a vista) o molto irregolari hanno difficoltà a trattenere la stampa; tuttavia oggi si sviluppano coating che forniscono nuove caratteristiche e proprietà, tra le quali il miglioramento della stampabilità, e anche nuovi processi di stampa e inchiostri che permettono di conferire praticamente a qualsiasi materiale effetti estetici particolari.


6 Materiali chic & green dalla libreria di Material CionneXion Italia 


06/09/2019


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