How it's made

Nero su nero

È il colore non-colore, enigmatico e seducente. Ma tutt’altro che facile da ottenere e riprodurre. Più che di “nero”, infatti, bisognerebbe parlare di “neri” perché al di là degli inchiostri di stampa c’è da considerare anche la gestione del nero dei programmi di grafica o impaginazione, da cui quegli inchiostri derivano e dipendono. Ecco cosa bisogna sapere per realizzare progetti di stampa in nero.

Di Lorenzo Capitani | Su PRINTlovers 91 

Nero come la notte, il buio, il vuoto cosmico; nero come il gatto delle streghe, il manto dei cavalli frisoni, il corvo e la pantera; nero come le more, il sambuco e il ribes. Nero come il carbone. Ce n’è tanto di nero attorno a noi! In realtà il nero, inteso come il colore con luminosità nulla, in natura non esiste: a ben guardare sono sempre sfumature estremamente scure di altri colori. Forse di nero assoluto ci sono solo i buchi neri lassù o, pensando alle cose dell’uomo, il blackest black, la sostanza più nera mai creata, composta da nanotubi di carbonio, sviluppata nel 2019 dal MIT di Boston: in grado di trattenere il 99,995% della luce, ha superato il Vantablack brevettato dalla britannica Surrey NanoSystems con il quale BMW ha realizzato una speciale vernice per la sua X6 Vantablack. Ma il nero è anche il colore dei giornali, delle fotocopie, dei libri, dei documenti, dei fumetti a china: insomma è il colore della stampa per antonomasia, e anche dell’inchiostro elettronico.

Nero come l’inchiostro
Nero è il colore dei testi ma anche delle immagini quando si stampava solo a un colore, e soprattutto è uno dei colori della quadricromia. Infatti il ciano, il magenta e il giallo, che da soli teoricamente darebbero il nero, anche alla massima intensità, senza il nero restituiscono solo un marrone molto scuro, il bistro. Se ne era già accorto Jacob Christoph Le Blon, pittore, incisore e inventore di un sistema di stampa a quattro colori su rame, quando nel 1725 nel suo volume Coloritto riproduce per sovrapposizione di tre inchiostri (blu, giallo e rosso) il ritratto di una giovane donna, aggiungendo, per migliorare l’immagine, una quarta lastra inchiostrata di nero.
Il modo più semplice per ottenere il nero in offset è utilizzare l’inchiostro nero di cromia, quello dell’ultima lettera della sigla CMYK, dove la K fa non fa riferimento al blacK per distinguerlo dal blu, come vorrebbe la leggenda, ma al termine “Key”, perché la lastra del nero è quella “chiave”, quella utilizzata come riferimento per l’allineamento del registro tra le lastre degli altri tre colori.

Nero e non solo
Anche i quotidiani, un tempo regno incontrastato del nero, usano i colori, nonostante la resa a stampa e la carta. E se si toglie l’editoria libraria, l’unica per cui abbia senso stampare solo in nero, nel mondo della stampa commerciale, tra nuove tecnologie e digitale, è caduto anche il mito dell’usare un colore solo per ridurre al minimo il costo dello stampato. Nell’era dell’immagine convertire tutto in scala di grigio con i colori ridotti a un solo canale fatto dal retino del nero, con passaggi più o meno morbidi a seconda della lineatura, fa assomigliare tutto a una fotocopia ben fatta.
L’aggiunta del colore nero in stampa migliora la resa cromatica, in quanto aggiunge maggior contrasto e profondità alle immagini, consente di ottenere neri più pieni, amplia il gamut dei colori ottenibili verso i colori scuri e rende meno critico il controllo del bilanciamento degli altri tre colori, cioè, come si dice in gergo, stabilizza l’asse dei grigi.
Eppure se il ciano, il magenta e il giallo da soli non ce la fanno a dare il nero, è pur vero che anche il nero non può fare a meno di loro. A questo proposito Gianni Camusso, senior graphic designer già vice art director di Mondadori Libri con all’attivo numerose collaborazioni con numerose case editrici, spiega: «Comincerei col distinguere il nero di un fondo o di un lettering dal nero di un’immagine. Perfetto per i testi, non è sufficiente in termini di copertura quando si tratta di superfici ampie, come una copertina, o di lavori in cui la resa qualitativa delle immagini è indispensabile. L’inchiostro nero, infatti, sia pure a densità massima, sui fondi da solo appare slavato e svuotato, quasi grigio», soprattutto se la carta tende ad assorbire, o ancora, se non si imposta bene la foratura e la sovrastampa lascia trasparire eventuali grafismi sottostanti, «ma in questo caso i software lo sovrastampano in automatico sugli altri colori su cui poggia».

Vedo nero
Generalmente per rendere bene il nero conviene crearne uno rinforzato da un secondo colore oppure composto da tutti e 4 gli inchiostri, creando il cosiddetto nero ricco. Tutto dipende da come stamperemo, dal tipo di lavoro e dal budget.
Continua Camusso: «Nel caso di un fondo che ospiterà testi in negativo, conviene limitare l’arricchimento del nero. Questo perché bisogna evitare l’effetto fuori registro che inficerebbe la leggibilità, come si nota spesso nei rotocalchi e nei magazine. È sempre difficile in stampa far sì che i 4 colori siano perfettamente a registro e si possano leggere nitidamente testi in bianco su un fondo di quadricromia». Sui fondi pieni si può comporre un nero rinforzato con il 50% di un secondo colore che però avrà inevitabilmente una dominante a seconda del colore scelto: «arricchito dal ciano, avrà un aspetto impercettibilmente più freddo, più caldo con il rosso», mentre usando il giallo avrà una sfumatura più dorata.
Volendo si possono sfruttare anche le tinte piatte messe a disposizione dal sistema Pantone e doppiare il nero con un secondo inchiostro della gamma dei black: un escamotage che rende più intenso il nero di cromia e compensa il rischio di capperi sui fondi pieni. Non c’è che l’imbarazzo della scelta: basta una ricerca nella piattaforma PantoneConnect per trovarne almeno una cinquantina.

I colori del nero
Indubbiamente due neri migliorano le cose anche nel caso delle immagini in b/n stampate a 4 colori. Ma occorre lavorare in prestampa, costruendo un secondo nero, detto “scheletrico” o “di ripiego”, a partire dall’immagine in CMYK, duplicando uno dei canali (quasi mai il giallo) e, nelle curve, abbassando le ombre in modo da creare una nuova tinta piatta che riempia e disegni i mezzi toni. Ma si può fare di più soprattutto se ricerchiamo massima qualità: aggiungere un grigio come tinta piatta. Stampando con 2 neri e un grigio l’immagine viene dapprima convertita in un b/n a 4 colori, quindi si userà generalmente il canale del ciano per stampare con l’inchiostro nero le mezze tinte, il canale del magenta (all’80%) per il grigio e il canale del nero per lo scheletrico, eliminando il giallo che non disegna e sporca. Decidere a priori quale dei Grey usare è difficile perché la simulazione a video non rende effettivamente quella che sarà la stampa, a maggior ragione usando un Pantone. Per questo può essere consigliabile accordarsi preventivamente con lo stampatore e prepararsi a dover rincorrere pazientemente all’avviamento il risultato voluto. Ovviamente, se si è alla ricerca di effetti particolari come il seppiato, è possibile usare un altro Pantone.
«Quando ho a disposizione solo la quadricromia per stampare una foto in b/n –  spiega Camusso – se l’immagine nasce già in b/n in genere ha già dei contrasti studiati in origine dal fotografo e potrebbe non essere necessario intervenire, mentre se viene convertita da un originale a colori quasi sempre risulterà piatta e poco contrastata. Occorrerà quindi intervenire nelle curve per ridare profondità ai neri e luce ai bianchi per avere maggiore tridimensionalità. In entrambi i casi però converto sempre l’immagine in quadricromia proprio per avere neri più pieni facendo solo attenzione a non superare, con la somma dei colori, il 300/320%, misurando un punto nero dell’immagine».
Per un b/n più neutro possibile, partendo da un’immagine in RGB, si può convertire in CMYK con un elevato GCR (Grat Component Replacement): nell’immagine lavorerà molto più con il nero e meno con gli altri colori, migliorando la neutralità.

Nero profondo
Sicuramente, la soluzione più pratica per ottenere un bel nero pieno nei fondi è creare il cosiddetto nero ricco (rich black) fatto dai 4 colori di quadricromia ottenuto con diverse combinazioni. Ogni grafico ha la sua ricetta: Camusso preferisce il C40, C40, Y40, K100, ma usate sono anche il C30, M30, Y40, K100 o ancora C50, M30, Y30, K100. Non c’è molta differenza, l’importante è non esagerare con le percentuali di inchiostri che, sommate, non dovrebbero superare il 310% per una carta patinata. Questa soglia, comunque segnalata da qualsiasi sistema di preflight, dipende dal tipo di supporto e rappresenta la massima quantità di inchiostri sovrapposti tollerata (TIL = total ink limit) prima di dar vita al fenomeno del rifiuto, che si verifica quando la carta non è in grado di assorbire gli inchiostri. Certamente un nero così fatto apparirà pieno, uniforme e ben coprente, ma il registro? Dipende da dove si usa: il nero ricco non va usato a sproposito per grafismi fini o per i testi piccoli per i quali va usato il solo nero.

Si fa presto a dire nero
Insomma, più che di “nero” bisognerebbe parlare di “neri” perché al di là degli inchiostri di stampa c’è anche la gestione del nero dei programmi di grafica o impaginazione, da cui quegli inchiostri derivano e dipendono.
In Photoshop, a parte il nero piatto (C0, M0, Y0, K100), esistono 2 diverse composizioni base per il nero di quadricromia: C75, M65, Y60, K80 con coprenza 280%, che si ottiene convertendo il nero piatto dallo spazio RGB al CMYK, e il cosiddetto nero di Photoshop ovvero C91, M79, Y62, K97 con coprenza 330% che corrisponde al massimo nero ottenibile (Lab* 0, 0, 0 - RGB 0, 0, 0 - esadecimale 000000). In InDesign, dove il nero di base è il nero piatto e non c’è possibilità di conversione tra spazi colore del documento, sarà al momento della creazione del pdf che, in base alle impostazioni, si avranno le corrette conversioni in quadricromia: il nero piatto resterà K100, i neri a 4 colori manterranno le loro composizioni, ed eventuali neri in RGB saranno convertiti proporzionalmente nei valori CMYK (es. RGB 30, 30, 30 = C75, M65, Y60, K80). Ma l’errore che non va commesso in InDesign è usare il nero chiamato [Registro]: si tratta di un campione colore, che non può essere modificato o rimosso, ottenuto dalla percentuale massima dei 4 colori, che viene riportato in ogni canale e viene usato per i segni di stampa, come crocini di registro, di taglio, informazioni di pagina, tacche eccetera.
Ricordate che ciò che vedete a monitor non è ciò che stamperete, per questo impostate, nelle preferenze di InDesign e Illustrator, l’aspetto del nero in modo che il nero piatto appaia come un grigio scuro, mentre il nero ricco sia effettivamente nero.

Stampare il nero
Ma veniamo alla stampa. In offest capita spesso di vedere fondini o testi a corpi importanti stampati in nero con sotto immagini ben visibili in trasparenza. È facile accorgersene già a video, mentre si impagina, a patto di lasciare attivata la simulazione della sovrastampa. Il solo inchiostro nero, per quanto carico, come detto, non riesce a coprire completamente il retino sottostante degli altri colori. Il nero ricco aiuta, ma quando non si può usare è possibile aggirare le impostazioni dei programmi di grafica, impostando il nero solo in quel punto in foratura e non in sovrastampa, in modo che “buchi” tutto ciò che vi è sotto. Attenzione però che nella creazione del pdf o in fase di ripping non si ripristini la situazione iniziale.
In digitale, le logiche non cambiano, ma ci sono possibilità tecniche maggiori proprio per la possibilità di intervenire come serve copia per copia, con precisione massima. Con la tecnologia Indigo, ad esempio, è possibile costruire neri ricchi per ottenere un’ottima coprenza; laddove il canale del nero è solo composto dal 100% si può stampare più volte il colore (da 2 a 16 volte); oltre a questa funzione si può decidere di ribattere (ristampare) solo K100 in modo tale da non variare la cromia su un eventuale lavoro o ristampare tutto il K100 e le sue mezzetinte.
Inoltre è molto più facile intervenire in modo puntuale sulle quantità di inchiostro sui testi e sulle immagini in modo da ridurre l'effetto di nero chiuso che a volte il digitale dà, soprattutto nelle ombre e nei b/n molto scuri. Al momento del ripping si può intervenire sulle immagini regolando lo sharpening per dare più dettaglio o lo smooth per donare maggior morbidezza ai passaggi cromatici nelle ombre. Il concetto di secondo nero di rinforzo c’è anche in digitale soprattutto per la resa delle immagini in b/n: preparando il lavoro in bicromia (canale nero + canale nero Light) si ottengono stampe di elevata qualità, senza avere la predominanza di un altro colore.


Intervista 
La stampa del nero in digitale
Stampare il nero in digitale ha tratti comuni con l’offset, ma ha anche peculiarità tutte sue: ne abbiamo parlato con Fabio Galimberti, Solution Architect HP Indigo Division.

Qual è la best practice per stampare in digitale un’immagine b/n?
Si incomincia con un file in RGB. HP Indigo usa un algoritmo che lavora automaticamente e trasforma il file di ingresso a 2 separazioni Nero + Nero light per immagini in bianco e nero, altrimenti per file a colori l’algoritmo lo trasformerà a 5 separazioni CMYK + light black.
L’inchiostro Light black era nato inizialmente per soddisfare le esigenze del mondo fotografico di raggiungere un’altissima qualità in bianco e nero. Normalmente per stampare quel tipo di immagini si lavorava sempre con file in quadricromia, ma il risultato finale spesso aveva una predominanza di giallo, magenta o ciano; era veramente difficile avere un’immagine neutra in toni di grigi che facesse risaltare facilmente tutti i particolari. HP Indigo è riuscita in modo semplice e automatico a ovviare a tutti questi problemi, creando inizialmente un algoritmo che lavorava solo per le bicromie bianco e nero; poi, dato che la richiesta si è spostata, anche sulla quadricromia, con un secondo algoritmo per le immagini a colori.

Quali differenze ci sono tra stampare un nero di qualità in digitale e in offset?
Con HP Indigo non abbiamo differenze, la nostra tecnologia permette di ripetere più volte il canale del nero, questo fa sì che la separazione abbia una doppia passata di inchiostro. Volendo lo posso effettuare anche su tutte le separazioni del mio lavoro (CMY).

In digitale come si evitano i neri eccessivamente chiusi nelle ombre e nei b/n molto scuri?
Essendo un offset digitale usiamo la stessa filosofia di stampa, lavorando sulle curve di compensazione del canale del nero e correggendo, laddove necessario, l’apertura delle ombre.

Come si prepara il file per stampare un b/n di qualità neutro e profondo?
Sostanzialmente in due modi. Il primo è in automatico, senza l’intervento dell’operatore di prestampa: basta copiare il file all’interno del DFE Indigo e l’algoritmo di HP Indigo fa la separazione sia per lavori a colori che per lavori in b/n. Oppure manualmente, creando 2 canali Nero + Light Black tramite Photoshop: in questo modo sarà il grafico a decidere dove vuole la stampa del secondo colore. Anche in questo caso, alla fine, copierò il lavoro all’interno del DFE.

Quanti neri esistono in digitale in termini di neri a 4 colori e speciali (Pantone o inchiostri speciali)?
Non abbiamo limiti, le macchine da stampa HP Indigo possono stampare sino a un massimo di 7 colori contemporaneamente: essendo certificate Pantone, potrei inserire 3 tipologie di nero uno diverso dall’altro. Oltre al Pantone, posso inserire quelli che vengono chiamati colori personalizzati (rosso Coca-Cola, giallo Poste Italiane per fare qualche esempio), basta avere il valore LAB e il tipo di carta su cui si intende stampare e HP Indigo è in grado di fornire l’inchiostro desiderato. Abbiamo anche altri inchiostri speciali: un nuovo inchiostro bianco molto coprente; un giallo invisibile, di cui a occhio nudo non riesco a vedere il grafismo, che si attiva con luce UV; un inchiostro pink fluorescente; inchiostri light cyan e magenta; ultimo ma non meno importante, un inchiostro trasparente che permette di avere un effetto vernice a spot (solo visivo e non protettivo).
 


23/09/2022


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