Pur essendo un soggetto che non ha mai smesso di affascinare e ispirare artisti, grafici e designer, negli ultimi anni le mappe si sono fatte sempre più strada nell’immaginario del graphic design e nel packaging.
Ne parliamo coi fondatori di Luckies of London, Famille Summerbelle, Beautiful Mess Studio e i curatori dell’edizione 2020 di Atlas of Design.
Di Roberta Ragona | Su PRINTlovers 83 | English version
«Una mappa non fornisce risposte. Suggerisce solo dove guardare: scopri, metti le cose in relazione, orièntati, comincia da qui. A volte le mappe parlano in termini di geografia fisica, ma altrettanto spesso riflettono i terreni frastagliati del cuore, le vedute distanti della memoria o i panorami fantastici dei sogni». Così Miles Harvey in ‘L’isola delle mappe perdute’, saggio del 2001 che racconta la storia di Gilbert Bland – il ladro di mappe più famoso d’America – riassume la natura duplice delle mappe: strumento scientifico di descrizione del mondo e spazio di racconto visivo tra l’immaginato e il reale.
Le ragioni del grande ritorno delle mappe sono molteplici. Da un lato c’è l’importanza che il viaggio ha assunto nella società come consumo identitario, che definisce la propria personalità. È per soddisfare questi desideri che nascono prodotti come le Scratch Map di Luckies of London, una felice intuizione di design imitata in tutto il mondo e un modo giocoso per ricordare e celebrare le proprie avventure grattando via uno strato superficiale di stampa per scoprire la grafica sottostante. Proprio questo aspetto “identitario” del viaggio è al centro della prima Scratch Map d’artista, realizzata per Luckies da Dave Buonaguidi, artista di lontane origini italiane i cui poster acuti e irriverenti sono esposti anche al Victoria&Albert Museum di Londra e al Mart di Rovereto. Commenta Callum Collie di Luckies: «Viaggiare è diventato molto più accessibile negli ultimi anni, si è trasformato in una passione per una fascia di pubblico completamente nuova. Le persone si definiscono attraverso i propri viaggi allo stesso modo in cui prima succedeva con la musica, lo sport o la letteratura. Vogliono investire nei propri interessi e comunicarli, perciò ci sono sempre più prodotti e marchi che rispondono a questo tipo di domanda».
Dall’altra parte, invece, nel design e nella comunicazione di marca la mappa è da sempre un simbolo riconoscibile del territorio. In un mondo interconnesso, l’identità geografica rappresenta i valori e le competenze dietro la creazione di un prodotto, e proprio questo legame emotivo rende le mappe un potentissimo strumento di storytelling.
Lo sa bene Julie Marabelle, illustratrice, surface designer e cofondatrice di Famille Summerbelle, brand di accessori e interior decoration il cui design di punta sono proprio le silhouette di mappe intagliate. I prototipi vengono ritagliati a mano dall’artista e successivamente riprodotti tramite taglio laser su carta Mohawk 240 g tinta in pasta, oppure serigrafati in tinte brillanti su carta Mohawk Superfine. L’azienda predilige per i propri prodotti l’uso di materiali rinnovabili come la fibra di bambù e il legno di betulla scandinava certificata FSC. Le grafiche che non vengono riprodotte in-house sono realizzate presso una rete di stampatori di fiducia all’interno dell’Unione Europea e UK, con inchiostri atossici a base acquosa. Dice Marabelle: «C’è un senso di appartenenza a un luogo e a una comunità quando si osserva una mappa illustrata della propria città o del proprio quartiere: non riconosci solo i monumenti, ma anche i punti di riferimento come la caffetteria dove vai a prendere il caffè sulla strada del lavoro. Una mappa illustrata permette di soffermarsi su dettagli molto piccoli o concentrarsi sulla visione d’insieme: racconta una storia».
Il valore narrativo delle mappe non riguarda solo le interpretazioni autoriali, ma è connaturato al lavoro cartografico più in generale. Alla valorizzazione di questo aspetto è dedicato Atlas of design, un progetto del NACIS, North American Cartographic Information Society. Giunto alla sua quinta edizione, è una raccolta dei migliori esempi di design cartografico tratta dagli ambiti d’uso più disparati, dalla didattica e divulgazione passando per l’arte, il design e l’advertising. Vanessa Knoppke-Wetzel, cartografa, analista e designer che, insieme ad altri tre curatori, supervisiona l’edizione 2020 dell’Atlante, parlando di come una mappa riesca a volte a raccontare una storia attraverso i dati e il design, dice: «Una mappa ben fatta aiuterà il lettore a capire subito quello che sta mostrando, a prescindere da quanto complicati siano i dati o l'argomento. Se il lettore capisce qual è la "storia" dietro la mappa, spesso non si rende conto di stare guardando una cartina: ha invece "letto la storia", e ricorda le informazioni che la mappa ha provato a comunicargli, più che la mappa stessa. Quando succede, vuol dire che il cartografo ha fatto un buon lavoro, ma questa è la cosa curiosa: come in tutti i casi di buon design, un oggetto ben disegnato diventa invisibile.»
Dietro l’uso delle mappe come soggetto dunque c’è spesso una desiderio di racconto anche personale, e la volontà di portare nel proprio quotidiano il mondo esterno vissuto o immaginato. Gail Bacosa-Puhawan è un’artista multidisciplinare canadese e la mente dietro Beautiful Mess Studio, in cui realizza “ritratti” di laghi rappresentando le diverse profondità batimetriche con l’uso di cartoncini colorati sagomati tramite taglio laser, e spiega così il rapporto emozionale che lega la mappa al luogo rappresentato: «Le mappe portano il mondo esterno a chi le guarda, senza lasciare i confini della propria casa. La mappa è un ricordo di dove si è stati, ed è in grado evocare la stessa gioia di quando si era lì. A volte rappresenta il sogno di luoghi che le persone vorrebbero esplorare, e in questo senso è come leggere un libro: è uno strumento di evasione».
Il contrasto tra il linguaggio visivo dei dati scientifici e il calore dei materiali crea risultati inaspettati e piacevoli, in cui spesso è proprio la carta la protagonista, con le sue infinite possibilità di texture e spessore. Sempre Gail Bacosa-Puhawan afferma: «La carta ha una forza silenziosa. È un materiale facilmente accessibile, ha una sua bellezza delicata, ma la sua resistenza è spesso sottovalutata. Per le mie mappe dei laghi la carta è stata la scelta logica, per la sua robustezza e leggerezza che permettono di produrre gli effetti di stratificazione che cercavo».
In altri casi è il concept a guidare la ricerca del materiale perfetto. È il caso dello scratch foil, come racconta Callum Collie di Luckies: «È stato il prodotto che ha suscitato la ricerca del giusto materiale. Inizialmente avevamo pensato a delle bandierine adesive da attaccare sui paesi visitati, ma il team di design cercava qualcosa di più insolito ed emozionante, e dopo diverse settimane di ricognizione di idee e un incontro fortuito con lo scratch foil su un altro progetto, abbiamo optato per quella che è sembrata la scelta perfetta. Grattare e scoprire cosa c’è sotto è molto più gratificante che attaccare uno sticker. Un buon prodotto non ha bisogno di troppe spiegazioni per essere usato, e le Scratch Map ne sono un esempio: puoi capire come si usa e cosa fa solo dal nome o da una singola immagine.
«Utilizziamo un rub-remove latex su tutte le nostre mappe – prosegue Collie – in una formulazione che abbiamo perfezionato col nostro stampatore nel corso degli anni per far sì che fosse facile da asportare senza danneggiare le mappe e che non si asciugasse troppo in fretta. Alcuni strati di latex tendono a seccarsi in poco più di un anno rendendo difficile grattarli via, ma i nostri durano molto di più. Ci affidiamo a diversi stampatori nel Regno Unito e in Asia per realizzare mappe diverse per i differenti mercati».
Nella formazione di questo immaginario non si può tralasciare l’importanza che hanno avuto le app e i social network con cui ci troviamo quotidianamente a interagire, che hanno cambiato non solo il modo di viaggiare, ma hanno anche reso familiari e quotidiani al grande pubblico strumenti che prima erano appannaggio degli addetti ai lavori. L’aspetto più quantitativo del design, come le infografiche e il visual recording, sono diventati un linguaggio familiare, grazie alle app che tengono traccia delle nostre attività, dal viaggio allo sport. Sempre Vanessa Knoppke-Wetze, Atlas of design, afferma: «Penso che molte persone non si rendano conto di quanto spesso interagiscono con delle mappe nella vita quotidiana e sui social network. Su instagram, ad esempio, postare storie che utilizzano i geotag è un modo di mappare il proprio mondo».
Sulla distanza tra la rapprentazione del mondo attraverso i social e l’esperienza del mondo in prima persona, Julie Marabelle osserva: «I social media giocano un ruolo fondamentale su dove le persone cercano ispirazione o condividono le proprie esperienze di viaggio. Ci sentiamo più connessi quando qualcuno condivide le proprie esperienze personali, che sia un luogo che hanno visitato o qualcosa che hanno mangiato in un piccolo ristorante in un paese lontano. Tendiamo a catturare ogni momento del viaggio con le fotocamere dei nostri telefoni e a condividerle quasi istantaneamente col nostro pubblico. Ma allo stesso modo, niente può sostituire l’atto vero e proprio del viaggiare, fare le proprie avventure, incontrare persone nuove e vivere un’esperienza che coinvolge tutti i sensi».
In questo rapporto tra il mondo e la sua rappresentazione, le mappe sono anche uno strumento per viaggiare nel tempo, che racconta non solo dove si è e dove si è stati, ma soprattutto allarga l’orizzonte delle possibilità su dove si andrà in futuro, aprendo lo spazio del possibile alla capacità di immaginare un mondo diverso dal qui e ora.