È la più prestigiosa agenzia fotografica del Pianeta e, insieme, una fertile e leggendaria comunità di pensiero. Oggi Magnum ha più di 70 anni, e collabora con molte aziende e brand di moda. Ma cosa è rimasto del suo mito? Come sono mutati nel tempo i princìpi dei padri fondatori? Abbiamo rivolto questa e tante altre domande a Ludovica Pellegatta, Business Developer di Magnum Italia.
Di Michela Pibiri | Su PRINT 77
Ludovica Pellegatta
Nata a Milano, Ludovica Pellegatta si è laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’opera fotografica della poetessa Antonia Pozzi, sulla quale ha curato l’antologia fotografica “Nelle immagini l’anima” e la mostra "Sopra il nudo cuore", insieme a Giovanna Calvenzi, allo Spazio Oberdan. Ha lavorato per le agenzie Olympia Publifoto e Azibul, creando un archivio di fotografi con un legame storico col Touring Club Italiano. Nel 2004 si è trasferita a Parigi, dove ha lavorato per Arte, Le Monde e, fino al 2013, per Magnum Photos, occupandosi di advertising e corporate, licensing per uso di comunicazione degli archivi Magnum e assignment per i fotografi dell’Agenzia. Nel 2013 è tornata a Milano e dal 2017 è il braccio di Magnum sull’Italia per tutto ciò che riguarda progetti di comunicazione ad ampio respiro, campagne pubblicitarie e partenariati speciali.
Agente esclusivo di Magnum Photos in Italia, per ciò che riguarda la parte Press, è Contrasto, che gestisce licensing e assignment editoriali. Per tutto ciò che va oltre il giornalismo c’è Ludovica Pellegatta, una vita dedicata allo studio della fotografia come nuovo linguaggio e ora referente dell’Agenzia nella sua strategia di business development in Italia. Il compito di Ludovica è concentrarsi sulle opportunità commerciali nel nostro Paese, che spesso prendono la forma di partenariati di ampio respiro e progetti speciali. Sono molti, infatti, i brand – tra cui Gucci, Dolce & Gabbana, Reda, Golden Goose Deluxe Brand e Lavazza – che collaborano con Magnum per lo sviluppo di uno storytelling autentico capace di interpretare e trasmettere l’identità aziendale.
Magnum ha plasmato lo sguardo del ‘900. Cosa rimane, oggi, di questo grande mito?
Magnum è una cooperativa che conta circa 70 membri, comprese le fondazioni dei fotografi scomparsi. I fotografi, il più giovane dei quali, Lindokuhle Sobekwa, ha 24 anni, ne sono proprietari e hanno potere decisionale insieme a un CEO che traccia le linee guida strategiche. Tutti i fotografi Magnum hanno un legame fortissimo e sempre presente coi fondatori: in primo luogo perché Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour e George Rodger sono stati i primi a difendere il copyright come atto imprescindibile del lavoro del fotografo e poi perché, per quanto i linguaggi siano molto diversificati e ibridi, non circoscrivibili al solo reportage, non è mai venuta meno la missione del racconto e della testimonianza. L’attitudine verso uno storytelling autentico che sia sì interpretazione, ma anche e soprattutto specchio del mondo, è ancora oggi il tratto ineludibile di Magnum.
Come si diventa fotografi Magnum?
Il processo è molto lungo ed è una sfida enorme. Gli aspiranti presentano un portfolio e ogni anno, a giugno, si svolge il general meeting dei membri che votano per individuare i nominee, i quali poi hanno due anni di tempo per continuare a lavorare e affrontare un nuovo esame per diventare associate, passaggio niente affatto scontato. Dopo altri due anni gli associate sono nuovamente sottoposti al voto per diventare membri. Una volta ammessi restano fotografi Magnum a vita, a meno che non decidano volontariamente di lasciare l’agenzia o vengano espulsi per ragioni deontologiche gravi.
La fotografia è oggi una lingua parlata da tutti. Cosa fate per dare una risposta a questa realtà?
Con l’avvento del digitale e la nascita dei social abbiamo anche noi ampliato il nostro pubblico. Abbiamo oggi oltre cinque milioni di follower ai quali parliamo direttamente con diversi progetti. Magnum Square Print è un'operazione B2C che Magnum promuove 2 volte all'anno per una durata di cinque giorni, al fine di rendere accessibili al grande pubblico i suoi archivi storici e contemporanei per l'acquisto di una stampa fine art al prezzo di 100 dollari. Il progetto Live Lab è un laboratorio sperimentale che ha lo scopo di rendere accessibile al pubblico il processo di creazione, editing e allestimento di una mostra fotografica: è un progetto collaborativo che prevede una residenza di due settimane e la partecipazione di tre fotografi e un curatore per la realizzazione di progetto fotografico e una mostra pop-up sul luogo e sulla comunità in cui il laboratorio avviene, finora Londra, Parigi, Shenzhen e Mosca. Ci sono poi i progetti educativi: il primo corso online 'The Art of Street Photography', talent award, partenariati con istituzioni, formazione per giovani disoccupati che possono sviluppare una professionalità nel campo della fotografia. Il pubblico italiano è al terzo posto nel mondo per l’interesse verso i progetti educativi Magnum.
Magnum è ancora un baluardo di libertà espressiva in un mondo dominato da esigenze commerciali?
Magnum sviluppa sia campagne pubblicitarie, sia progetti di comunicazione più articolati per aziende e istituzioni, fondamentali per la sostenibilità dell’azienda. Questi ultimi, in particolare, danno modo ai fotografi di lavorare su progetti collaborativi con sguardi e stili diversi, proprio per testimoniare che si tratta di una cooperativa ricca di complessità, che porta avanti un dibattito molto vivo su cos'è la fotografia oggi. Un progetto molto recente è Home, realizzato in partenariato con Fujifilm: a 16 fotografi è stata data carta bianca per sviluppare un racconto sul tema particolarmente delicato della casa. Home li ha costretti ad adottare uno sguardo introspettivo, loro che sono perennemente rivolti verso il mondo, spesso sradicati, e a raccontare una parte della loro identità. Dal progetto sono nati un libro realizzato con la direzione artistica del designer Stuart Smith e stampato da EBS Verona, che insieme a Grafiche Antiga è uno degli stampatori con cui lavoriamo di più in Italia, e una mostra itinerante che ha già toccato 7 città in tutto il mondo ed è arrivata a Milano nel novembre 2018.
Quali risposte date alle richieste dei brand? Esiste una specificità legata al mondo del lusso?
La necessità di avere uno sguardo d'autore nella comunicazione dell'identità del brand è un'esigenza comune ai marchi del lusso. A questa necessità rispondiamo sviluppando progetti speciali. Abbiamo partecipato alla campagna SS19 di Dolce & Gabbana, che ha coinvolto sette fotografi di cui due, Alex Majoli e Bruce Gilden, sono di Magnum. Il brand ha fatto una scelta estetica legata alla street photography con l’aspettativa di ottenere immagini vere, capaci di raccontare la realtà attraverso le interpretazioni personali dei fotografi. Anche Gucci ha scelto l’autorialità, collaborando con Martin Parr per la collezione Cruise 2019. Gucci è anche tra gli sponsor di “Only Human”, la personale di Martin Parr alla National Portrait Gallery di Londra inaugurata il 7 marzo. L’autenticità è ciò che cercano i brand che collaborano con Magnum, anche per raccontare dei processi: è il caso di Macallan che, in occasione della realizzazione di una nuova distilleria in Scozia, ha coinvolto sei fotografi – Martin Parr, Paolo Pellegrin, Steve McCurry, Alec Soth, Mark Power e Gueorgui Pinkhassov – che per tre anni hanno seguito il cantiere mostrandone la costruzione e il suo impatto sulla comunità locale. Il progetto è culminato in un libro, una mostra e un oggetto da collezione: un cofanetto speciale in edizione limitata contenente una bottiglia di Single Malt Scotch Whisky con etichetta personalizzata Magnum, il libro e una stampa fine art. Sempre in un’ottica di processo abbiamo collaborato con Audi per il lancio ormai imminente della loro prima auto elettrica, Audi e-tron: Paolo Pellegrin e Gueorgui Pinkhassov hanno documentato l'intero processo produttivo nella loro fabbrica ipertecnologica e ipersostenibile a Bruxelles. Tornando in Italia, abbiamo progetti anche con Lavazza, molto sensibile al mondo della fotografia, Intesa Sanpaolo, Telecom e il lanificio Reda.
Parliamo di stampa: il pubblico sente ancora un bisogno forte di fotografia stampata?
Indubbiamente sì. Gli archivi Magnum, che vanno dagli anni ’30 a oggi e comprendono un panorama molto vasto di stili e linguaggi, sono il grande patrimonio dell’Agenzia e ad essi attingiamo costantemente per rispondere alle richieste del collezionismo fotografico, che si nutre sia di stampa che di libri d’artista. Al collezionismo proponiamo una varietà di supporti: dalla stampa vintage, spesso unica, alle edizioni limitate. Magnum ha due gallerie, una a Parigi e una a Londra, e partecipa tutti gli anni alle principali fiere di riferimento: Paris Photo, Photo London, Photo Shanghai e Art Genève.
Quanta importanza ha il libro fotografico nella carriera di un fotografo Magnum?
È fondamentale: se l’immagine stampata è il primo mezzo di comunicazione del fotografo, il libro è il modo in cui la fotografia esprime pienamente la sua visione. Si tratta sempre della summa di un lavoro lunghissimo ed è qualcosa che rimane, a differenza delle mostre che hanno durata limitata. Fondamentale è anche il rapporto che i fotografi maturano nel tempo con gli editori: una volta che trovano il loro editore difficilmente lo cambiano, perché si crea un rapporto privilegiato di creazione condivisa. Un editore importantissimo per i fotografi Magnum, da poco scomparso, è stato Xavier Barral: anche se la casa editrice che porta il suo nome continuerà a esistere, è stato toccante sentire la testimonianza di un fotografo come Raymond Depardon che, senza il confronto con l'amico editore Barral, ha ammesso di non sapere come dare forma ai tanti progetti editoriali ancora nel cassetto.
Come nasce un libro fotografico Magnum?
Nella nascita di un libro ci sono fondamentalmente due approcci: alcuni autori, come Martin Parr e Cristina de Middel, pensano al libro parallelamente all'ideazione del progetto fotografico e lavorano nell’ottica della sua realizzazione. Entrambi realizzano libri d’artista: Martin Parr in una dimensione di diffusione per il grande pubblico, mentre Cristina De Middel realizza libri- oggetto dalla dimensione quasi artigianale, stampati in mille copie, che diventano subito oggetti da collezione. Ci sono, dall’altra parte, fotografi che impiegano anche vent’anni di lavoro prima di arrivare al libro, producendo e rivedendo tantissimo: è il caso di Alex Majoli che ha appena pubblicato “Scene”, edito da Mack, un progetto di indagine sulla società contemporanea e sull’ambiguità della fotografia intesa come documento. Della creazione del libro fotografico ci siamo occupati in uno dei nostri Live Lab con Mark Power, che, insieme al designer Stuart Smith, si è concentrato sugli aspetti artistici e grafici, coinvolgendo il pubblico nella sua progettazione.
Quanto conta, per un fotografo contemporaneo, la competenza nelle tecniche di stampa?
Tutti i fotografi Magnum hanno una esperienza tecnica molto sviluppata nella stampa digitale e nella postproduzione, sia che la curino personalmente, sia che la affidino ai loro assistenti o a dei laboratori esterni. Per la stampa dei libri in offset c'è un dipartimento dedicato, interno a Magnum, che segue tutti gli step di preparazione dei file di stampa e supervisiona la produzione. I fotografi hanno facoltà di scegliere con chi stampare i propri libri, in accordo con l’editore, e anche per la stampa fine art hanno un laboratorio di riferimento; in entrambi i casi seguono personalmente l’andamento della produzione per avere sempre un controllo assoluto sul risultato.