La sostenibilità si fa strada ovunque, anche nel packaging del lusso. Ma il passo è ancora prudente, come un ‘andante ma non troppo’. Se è vero che le griffe sono sempre più sensibili all’immagine naturale dei prodotti, quando si tratta del packaging le scelte talvolta si sbilanciano, e spesso vince la voglia di sedurre. Eppure essere lussuosi e biodegradabili è possibile. Di esempi virtuosi ce ne sono tanti. E la filiera grafica? È sempre più attrezzata, sappiatelo, per vincere una sfida che ci riguarda tutti.
Di Achille Perego | Su PRINT 67
Ci credo ma non sempre. È lo slogan che si potrebbe utilizzare per identificare il rapporto tra il packaging delle griffe del lusso e la sostenibilità ambientale.
Perché se è vero, come ricorda David Pambianco, vicepresidente e direttore editoriale di Pambianco strategie d'impresa, che i brand hanno moltiplicato in questi anni l'attenzione “verso materiali ecologici che, non dimentichiamo, spesso costano di più di quelli tradizionali” è altrettanto vero che quando c'è da scegliere tra resa estetica e prodotto più ecologico, avverte Luca Meana amministratore delegato di Pusterla 1880, “vince ancora la resa estetica”.
Una tesi condivisa da Pierpaolo Bramucci alla guida di Cartotecnica Goldprint, una delle più importanti in Italia. L'attenzione in qualche modo alla sostenibilità ambientale, spiega Bramucci, c'è ormai da molti anni. Per esempio utilizzando al posto delle classiche “plastiche” quelle in acetato biodegradabile. In molti casi però, aggiunge, al di là della richiesta alle cartotecniche di utilizzare carta certificata FSC non si va. E uno dei pochi casi che ricorda Bramucci è quella di un cliente che aveva espressamente richiesto di non usare la carta di una cartiera indonesiana accusata da Greenpeace di realizzare un eccessivo sfruttamento delle foreste.
Forse, come spiega Vincenzo Laera, direttore commerciale proprio di Goldprint, l'aggettivo corretto per delineare il rapporto tra le griffe, il packaging e la sostenibilità è “complicato”. Nel senso che non si può dare una risposta univoca. In generale, osserva Laera, i grandi gruppi internazionali che operano nel settore della moda e del lusso – più degli stilisti e dei designer - sono molto attenti a creare un'identità di griffe che, rispetto ai consumatori, sia vissuta come sostenibile. In particolare per certificare la sostenibilità delle materie prime e dei prodotti che realizzano. Prodotti che devono apparire sempre più “naturali”. Per questo, trasferendo questa attenzione al packaging, non c'è dubbio che esista una forte sensibilità all'utilizzo da una parte di plastiche riciclabili e dall'altra di carta e cartoncini certificati rivolgendosi in particolare alle cartiere del Nord Europa dove da decenni esistono leggi molti stringenti per la salvaguardia di boschi e foreste. Ed è considerato eco-friendly, chiosa Laera, evitare packaging in materiali plastici come il polipropilene. Una tendenza molto sentita nel paese dove le griffe sono più sensibili al tema ambientale come la Francia. E non è un caso che l'ultimo profumo lanciato da Chanel, il N.°5 L'Eau, abbia una confezione che al posto della classica plastica ricorre a una carta termoformabile certamente più adatta a essere riciclata. E anche se dovesse costare di più, il problema del prezzo, per le griffe, non viene quasi mai al primo posto.
Che la sostenibilità ambientale sia qualcosa che ormai attraversa trasversalmente tutto il mondo dei consumi, fino quindi alle materie prime come la carta e alle certificazioni ambientali di stampatori e cartotecniche (dall'uso di energia pulita come quella prodotta con il fotovoltaico agli inchiostri ad acqua e vegetali) e non solo quello del lusso lo confermano anche ad Assocarta. “La scelta di un imballaggio in carta o cartone – spiega Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta - denota una scelta a favore della sostenibilità. Non si spiegherebbe altrimenti il comportamento di grandi buyer che in questo momento scelgono di usare il sacchetto di carta”. Una tendenza confermata da Stefano Fiorini, Sales director shopping & luxury divisions di Fiorini International, secondo il quale se dieci anni fa erano molto usate le shopping bag in plastica oggi è sempre più richiesta la carta, in particolare riciclata e senza più plastificazioni anche perché i brand della moda sono diventati sempre più attenti all'ecosostenibilità e ci sono paesi come gli Stati Uniti che richiedono espressamente l'utilizzo di almeno il 40% di carta riciclata.
“Le cartiere italiane – aggiunge sempre Medugno - producono un materiale per il packaging che per sua natura è sostenibile provenendo da una materia prima naturale, rinnovabile e certificata che viene più volte riciclata per produrre nuovi imballaggi. Il tasso di riciclo nel settore dell’imballaggio in carta è all’80%. Più in generale a livello italiano ogni 100 tonnellate di carta prodotta oltre 50% provengono da carta da riciclare e il 75% delle fibre vergini di cellulosa da foreste certificate. Partendo da un materiale rinnovabile, riciclabile e effettivamente riciclato l’industria cartaria va certamente nella direzione dell’Economia circolare indicata dalla Commissione europea e al contempo procede a migliorare la competitività sui mercati europei e globali”.
Del resto, avverte Maurizio D'Adda, neodirettore generale di Assografici è necessario confutare il luogo comune secondo il quale l'utilizzo della carta, anche nel packaging, sia la causa del disboscamento del Pianeta. In realtà l'uso della carta certificata garantisce l'economia circolare, dal riciclo della materia prima alla crescita delle foreste pari, solo in Europa, a un milione e mezzo di campi da calcio l'anno. E quindi, aggiunge D'Adda, la filiera grafica è sempre più impegnata a rispondere al tema della sostenibilità ambientale, dai rigidi protocolli sulle riduzioni delle emissioni prodotte al ricorso ad energie alternative, dalla carta certificata agli inchiostri ecologi, rispondendo così alle richieste dei clienti, a cominciare dal packaging di lusso e quindi delle griffe.
Ma come la richiesta di sostenibilità sta cambiando la stampa degli imballaggi e quanto è forte, in questo senso, la richiesta di sostenibilità da parte dei consumatori del lusso? In Europa questa richiesta sembra più presente, risponde Anna Pellizzari, Executive director di Material ConneXion, e co-autrice del volume "Neomateriali nell'economia circolare". Rispetto a quanto avviene nei Paesi del medio e dell'estremo Oriente dove i prodotti di lusso stanno vivendo un vero e proprio boom. I brand che sembrano essere impegnati maggiormente sul fronte dell'eco-friendly, sono quelli che fanno grandi numeri, anche con prodotti di largo consumo. E in particolare, sottolinea Anna Pellizzari, i gruppi francesi Lvmh e Kering con Gucci, Stella McCartney e Puma, solo per citare qualche esempio.
Gucci, da oltre un decennio, ricorda Alessandra Alessi, responsabile PR e comunicazione dell’Istituto italiano imballaggio ha sostituito le scatole per la movimentazione interna con scatole di cartone riciclato. In questo modo non ne risente l'immagine esterna ma sicuramente si riducono l'impatto ambintale e i costi. La cantina Soave, invece, aggiunge Alessandra Alessi ha scelto di utilizzare una bordolese più leggera prodotta da Saint Gobain. Lumson, invece, ha progettato per Arval e per Collistar un flacone in vetro dotato di una pompetta airless che una volta terminato il prodotto può essere facilmente svitata ed estratta dal contenitore primario separando le tre componenti e facilitando il conferimento della raccolta differenziata.
Sempre in ambito cosmetico, in un prodotto per il canale profumeria-farmacia, Pusterla 1880 ha realizzato un cofanetto espositore interamente monomateriale in cartoncino teso coerente con l'immagine del marchio Korf. E sempre l'azienda di Venegono Inferiore, leader nella produzione di cofanetti e scatole di alta gamma per i grandi marchi del lusso, ha realizzato un astuccio stampato ma molto semplice per Ferrari e un cofanetto prezioso ma facilmente smaltibile per lo champagne Dom Pérignon. Analogamente anche per un prodotto di design molto delicato e costoso come la lampada Tolomeo di Artemide, Deles ha realizzato un complicato sistema di trasporto, monomateriale, che protegge e fissa le varie componenti con un sistema di incastri.
Ma se esistono molti esempi virtuosi di un packaging di lusso eco-sostenibile quanto brand invece si limitano invece al classico green washing, ovvero a una sostenibilità solo d'apparenza?
“Dipende molto dalla scelta delle griffe la realizzazione di un packaging povero o finto povero”, risponde Emilio Albertini, alla guida della Cosmografica Albertini (che ha recentemente acquisito il ramo d'azienda di Grafiche Rekord) e del Gifasp. Il lusso estremo, per Albertini, non si coniuga troppo con la sostenibilità ambientale. Calvin Klein, per esempio, ha richiesto un cartoncino accoppiato al microonda per la confeziona ecologica di un suo profumo. Ma si tratta di lavorazioni complesse, realizzate anche a mano e quindi necessariamente più costose. Quindi la tendenza a richiederla rimane ancora bassa. Così nel packaging di lusso, aggiunge Albertini, trovano ancora poco spazio i materiali green come la carta riciclata o gli inchiostri vegetali. Tanto che nella cosmetica, nel 90% dei casi si usano ancora gli inchiostri UV rispetto a quelli, meno brillanti, a base d'acqua. Questo non significa, conclude il presidente del Gifasp, che non ci sia una tendenza a ridurre il peso degli imballaggi e nel caso di confezioni multimateriali (le classiche scatole rivestite all'interno) a facilitare la riciclabilità dei materiali.
Per esempio si comincia, ma siamo agli inizi, a utilizzare la stampa di foil a fondo pieno che evitano l'accoppiamento del poliestere al cartoncino. O all'uso di altri materiali rispetto al classico termoformato di plastica. In Francia, conclude Albertini, è stato inventato anche un termoformante a base di bucce di patata ma presenta ancora problemi sia di costo sia di produzione per la realizzazione dello stampo.
Comunque gli esempi di nuovi materiali green non mancano. E la tendenza dei designer, sottolinea sempre Anna Pellizzari, non è tanto portata alla ideazione di packaging “nativi ecologici” riducendo i materiali, i colori, gli inchiostri quanto a una progettazione intelligente. Che può partire per esempio dall'assemblaggio dei vari pezzi. I colori, di per sé, non sono necessariamente negativi. Così lamine e foil a caldo vengono utilizzati anche per tirature elevate e non inficiano necessariamente la riciclabilità del prodotto. Sicuramente, aggiunge l'Executive director di Material ConneXion, le plastificature sono considerate negativamente ma sono anche sempre meno usate. Così nell'industria cartaria si usano coating UV o a base di amido (per migliorare la qualità finale della stampa) o cellulosa nano-cristallina con proprietà idrofobiche. E proprio dalle cartiere sono arrivate soluzioni interessanti come la serie Crush di Favini (carte relativamente di lusso contenenti scarti vegetali) oppure Curios Metallics di Arjowiggins Creative Papers (MC 5429-09), una carta metallizzata riciclata al 100%. E Veuve Clicquot ha lanciato qualche anno fa un imballaggio per lo champagne in polpa di cellulosa e amido.
Questo significa, conclude Valeria Bucchetti, professore associato di Disegno industriale presso il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, che per il packaging del lusso non è possibile individuare un'unica tendenza. Ma non c'è dubbio che il trend sia quello di andare verso packaging monomateriali o con più materiali ma facilmente separabili. Con l'attenzione quindi alla sostenibilità ambientale e alla seconda giovinezza dei materiali.