«Sono stato hoggi à Artimino et credami Vostra Altezza
che vi ho trovato un Primavera».
Lo scriveva il Granduca Ferdinando I de’ Medici alla moglie Cristina di Lorena il 19 gennaio 1596, dando inizio a una storia che affonda le sue radici nell’umanesimo mediceo e prosegue nei secoli fino a incrociare, nel Novecento, le pedalate di un campione del ciclismo, Giuseppe Olmo. E che si perpetua ancora oggi alle porte del Chianti nella produzione di vino e olio d’eccellenza, e nell’ospitalità di charme nel cuore della Toscana meno conosciuta.
Di Achille Perego | Su PRINTlovers 82
La Tenuta di Artimino è uno ‘scrigno di bellezza’, come viene dipinta da chi la abita e vi soggiorna, a soli 20 chilometri da Firenze. In origine insediamento etrusco, poi borgo medievale e quindi amata dimora di caccia della Famiglia Medici, ha il suo cuore nella villa La Ferdinanda, eretta nel 1596 dal Granduca Ferdinando I de’ Medici e diventata, con i suoi 6 saloni e le 23 salette attigue, patrimonio dell’Unesco nel 2013.
La tenuta, 732 ettari tra vigneti, campi e oltre 17 mila ulivi al servizio dell’azienda agricola, ma anche hotel di charme a 4 stelle nella Paggeria Medicea, appartamenti-suite nelle dimore del borgo, una Luxury Spa e il ristorante gourmet Biagio Pignatta guidato dall’executive chef Michaela Bottasso, fu acquistata nel 1989 dalla famiglia Olmo, quella del campione del ciclismo degli anni Trenta, che partendo dalle due ruote ha costruito una significativa realtà imprenditoriale. Famiglia cui fanno capo diverse attività, dalla chimica al turismo. Tutte in qualche modo all’insegna del rispetto dell’ambiente. Come i prodotti della Tenuta di Artimino e il packaging scelto per vestirli: un binomio di eleganza e sostenibilità.
Valori che esprime Annabella Pascale, nipote di Giuseppe Olmo, amministratrice delegata della Tenuta di Artimino insieme al cugino Francesco Spotorno Olmo. Classe 1980, una laurea in Comunicazione e Pubblicità con Executive Master al Sole24Ore in Direzione d’impresa, assaggiatrice Onav e Iap, Pascale è quella che si definisce un’imprenditrice agricola professionale.
Ma il suo lavoro non comprende solo la supervisione e il coordinamento dei prodotti – dal Carmignano al Chianti DOCG, dal Vin Santo all’olio extravergine di oliva – e dei servizi – tra i quali matrimoni, congressi ed eventi in villa – della Tenuta di Artimino, ma anche la comunicazione e il marketing. Comprese forme e materiali per scatole, bottiglie ed etichette dell’olio e del vino, gli eleganti biglietti da visita, i cataloghi e le brochure. Perché qui, nella campagna toscana, sebbene ci si sia aperti alla comunicazione digitale, si respirano ancora antiche atmosfere e indimenticabili profumi tra i quali quello della carta, del cartoncino e degli inchiostri. Perché l’ancoraggio a una storia nobile, fatta di eccellenze, non poteva e non può non fare parte del brand.
«Teniamo fortemente all’identità del nostro brand, Tenuta di Artimino», esordisce Annabella Pascale. «Un brand che ha una storia antica e una sua complessità intrinseca, ma che proprio per questo richiede un’attenzione speciale nella fase di comunicazione dei suoi valori».
Valori che Annabella Pascale trasmette anche partecipando a grandi eventi internazionali, a cominciare dal Vinitaly di Verona, già rinviato per l’emergenza sanitaria legata al Covid-19. «Ovviamente la situazione che stiamo vivendo è difficile. Ne risente prima di tutto il nostro comparto turistico, ma anche la vendita del vino e dell’olio. Per il turismo ci aspettano tempi difficili: lavoriamo molto con Paesi esteri e ci vorrà tempo, anche passata l’emergenza, affinché tutto torni alla normalità. Per il vino il commercio estero ha subito una battuta d’arresto, come anche la vendita nel canale Ho.Re.Ca. Crediamo fortemente nell’unità del comparto, che mai come adesso è una condizione essenziale per affrontare l’emergenza». Superata la quale chi produce vini di qualità non potrà che tornare a crescere, forte del brand e della propria mission.
Ma qual è, al di là della situazione contingente, la vision della Tenuta di Artimino?
Quella di trasmettere le caratteristiche della toscanità attraverso la passione, il racconto del territorio, la scelta della materia prima d’eccellenza e il valore della famiglia. Abbiamo un forte legame con la storia dei Medici, maestosità ed eleganza delle nostre strutture, un rapporto indissolubile con il territorio e con la nostra terra. La storia incontra l’arte dell’ospitalità, la tipicità, l’autenticità dei paesaggi e dei sapori; l’imponenza architettonica della nostra Villa si fonde con il bien vivre, con i sapori del vino e della cucina.
Come si trasmette questa precisa, e come dice lei, storica identità?
Tutto questo si trasmette con un tone of voice elegante ma non troppo formale, mai comunque sopra le righe. I colori ben definiti – il bordeaux, colore degli infissi della Villa e della Paggeria Medicea, un grigio che ricorda la pietra serena, un beige che richiama la naturalità – cui si aggiungono i font, le scelte grafiche, i profili social, il logo: la comunicazione è coordinata e cerca di raccontare il nostro bagaglio storico e le nostre “ricchezze” senza però appesantirci o renderci obsoleti, soprattutto agli occhi di una generazione di consumer che ha bisogno di capire il potenziale esperienziale della nostra offerta.
Un’offerta che guarda con attenzione alla sostenibilità dei prodotti e del loro packaging?
L’attenzione alla sostenibilità è un percorso che abbiamo avviato già anni fa e che ci accompagna nelle scelte quotidiane. Nella produzione del vino e dell’olio, ovviamente, con un’attenzione costante ai trattamenti in vigna, dove adoperiamo tecniche meno impattanti possibile e riduciamo al minimo l’utilizzo dei prodotti chimici, nella gestione della cantina, ma anche nella realizzazione dei packaging.
Nello specifico degli imballaggi come si esprime il rispetto della sostenibilità?
Le nostre scatole sono in cartone prodotto con l’80% di carta riciclata (afferenti a Comieco, a cui viene data una piccola percentuale su ogni acquisto che viene poi impiegato per i costi di riciclo). Stiamo lavorando per diventare sempre più plastic-free, utilizzando alternative come il vetro o le borracce per i dipendenti. Abbiamo creato qualche anno fa un grande orto per l’approvvigionamento di frutta e verdura di stagione, garantendo così ai nostri clienti prodotti ottimi in termini di qualità ma anche per la salute, che ci permettono di applicare la nostra filosofia agricola non solo a viti e ulivi ma anche alla materia prima che poi va sulle nostre tavole.
Quanto è ancora importante in una tenuta storica la tradizione, se così vogliamo definirla, della carta stampata e tutte le forme in cui viene utilizzata, dalle riviste alle brochure, dai biglietti da visita al packaging?
Saremo forse un po’ nostalgici ma la carta stampata – usata con parsimonia ovviamente – ci piace. Ci sono momenti in cui ancora oggi è importante avere dei supporti di comunicazione cartacei, per esempio le brochure in fiera, oppure dei cataloghi con i nostri agenti, o delle pubblicazioni con la storia della villa, le sue foto, così che clienti, amici e appassionati possano portarsi a casa un po’ di Artimino. Il packaging, poi, oggi è importante quasi quanto il prodotto, ci sono mercati in cui la triade etichetta-bottiglia-confezione è cruciale. Talvolta un ottimo prodotto, se non adeguatamente valorizzato, può non essere percepito con il suo corretto valore.
Come vengono ideati i progetti che riguardano l’imballaggio primario e secondario?
Nel nostro caso abbiamo uno dipartimento interno che si occupa di grafica e comunicazione ma ci avvaliamo anche della consulenza di professionisti esterni. Le etichette, ad esempio, della linea Artimino 1596 sono state oggetto di un profondo restyling – senza dimenticare mai il passato – in collaborazione con lo Studio Aldo Segat, mentre tutto il lavoro sui loghi, le scatole e le brochure è stato realizzato insieme all’agenzia Iep Design, con la quale abbiamo sviluppato un progetto ampio per la nostra immagine coordinata.
Quali sono le caratteristiche delle etichette che devono impreziosire le bottiglie destinate al Carmignano, Chianti, Vin Santo o all’olio extravergine?
Per le etichette si scelgono carte pregiate e nobilitazioni come le stampe a caldo e i rilievi braille. Per quanto riguarda i materiali usati nel packaging, la scelta ricade sui materiali tradizionali dell’industria enoica: cartone per le scatole, legno per le confezioni più pregiate, vetro per bottiglie e dame, sughero naturale per i tappi, ma in ogni caso la scelta del fornitore in base alla sua serietà e affidabilità è per noi fondamentale, anche se talvolta può significare prevedere una piccola percentuale in più sui costi.
Artimino
Mezzo milione di bottiglie di vino fra IGT, DOC e DOCG. Ma anche migliaia di litri d’olio extravergine, confetture, miele, conserve. Dire Tenuta Artimino significa parlare non solo di vini toscani d’eccellenza ma anche di molti altri prodotti della terra. Che proprio perché di alta qualità hanno bisogno di un packaging all’altezza. E di aziende qualificate, oltre alle agenzie fotografiche, di design e grafiche da cui parte il progetto, che li stampino. Aziende che da anni, racconta Annabella Pascale, sono fornitori fidelizzati, quelli che oggi si chiamano partner. E le principali sono tutte toscane, tra Firenze e Siena.
La stampa delle scatole, in cartone 80% da carta riciclata, ma con un tocco di design e innovazione abbinato alle nobilitazioni della stampa, sono realizzate dalla Ecobox di Rapolano Terme in provincia di Siena. Nata nel 1996 e facente capo alla famigli Becherini, Ecobox si è distinta in questi anni per l’offerta innovativa e sostenibile di tutto il suo packaging stampato su cartoncino teso o ondulato in flexo, flexo ad alta definizione e alta qualità, litografia, offset, serigrafia, nobilitazioni con impressioni a caldo e a secco, vernici Uv, plastificazioni lucide e opache. E con l’attenzione, certificata, alla eco-sostenibilità.
Le etichette più pregiate delle bottiglie della cantina di Artimino invece vengono realizzate da una storica azienda grafica fiorentina, la Fustelgrafica di Scandicci, azienda nata nel 1966, specializzata proprio nella stampa di etichette per le bottiglie che contengono i vini più nobili, non solo quelli toscani. Infine, tutti i prodotti stampati su carta, dalle brochure ai cataloghi ai biglietti da visita, vengono affidati, conclude Annabella Pascale, a un’altra storica tipografia fiorentina, in attività dal 1967, la ABC di Calenzano.