È una seduzione sottile e irresistibile quella esercitata dagli alcoholic drink vestiti da Stranger & Stranger. Bottiglie, etichette e tappi che raccontano storie vere o fantastiche, epiche o intimiste, ma sempre in profondo equilibrio tra le trasparenze del vetro e la matericità delle carte, l’uso di metalli, ceramica, ceralacca e di tecniche di stampa diverse: rilievi a secco, metallizzazioni a caldo, vernici spessorate che scatenano sensi e immaginazione.
È tutto frutto di un’arte oscura, ossia ‘una competenza specialistica avvolta dal mistero’, come racconta Ivan Bell, fondatore e CEO della prestigiosa agenzia di branding & packaging con sede a Londra, New York e San Francisco.
Di Michela Pibiri | Su PRINT 82 | English version
I progetti di Stranger & Stranger non hanno solo un alto valore estetico, ma sembrano raccontare storie, in alcuni casi fantastiche e leggendarie, in altri strettamente collegate al patrimonio storico e culturale del brand. Qual è la vostra visione quando vi approcciate a un nuovo progetto?
La prima cosa che chiediamo a ciascun cliente è in cosa crede e perché qualcuno dovrebbe interessarsi proprio al loro prodotto. Amiamo le storie radicate nella verità, quindi cerchiamo qualcosa di interessante, idealmente unico, che possiamo usare come piattaformnna strategica. Dobbiamo assicurarci che nessun altro stia già utilizzando l’idea, e che l’idea sia abbastanza accattivante da invogliare il consumatore target a pagare profumatamente per il prodotto. Ad esempio, abbiamo trovato tracce d’oro nell’acqua di sorgente utilizzata per creare un whisky: una storia di prodotto unica e di qualità che abbiamo chiamato ‘The Golden Dram’ e che ha ispirato ogni touchpoint del design. Se, dopo aver scavato, non riusciamo a trovare nulla, allora dobbiamo diventare davvero creativi ed è qui che entrano in gioco la fantasia e le leggende!
Finora avete progettato una vasta gamma di packaging realizzati con materiali diversi, spesso mixati tra loro in maniera molto peculiare: non solo vetro e carta, ma anche latta e altri metalli, ceramiche, dettagli in ceralacca... Come scegliete i materiali più adatti per ogni singolo progetto?
In genere dobbiamo rientrare nei COGs (costo del venduto) del cliente, e questo determina quanto margine possiamo giocarci: da lì in poi è un vero e proprio atto di giocoleria. Si può raschiare qualcosa dal costo della bottiglia e quindi avere margine da spendere per un sigillo di cera, tutto dipende dalla direzione creativa. Lo facciamo da molto tempo, quindi abbiamo una base solida di produttori cui ci siamo rivolti nel corso degli anni, che sanno quanto siamo esigenti e nei quali confidiamo per consegne nel rispetto dei tempi e dei budget.
Qual è il materiale più insolito con cui vi siete trovati a lavorare?
Molto tempo fa abbiamo realizzato la prima etichetta lenticolare per bottiglie al mondo. Le etichette lenticolari vengono generalmente utilizzate su superfici piane, quindi abbiamo dovuto sviluppare una lente su misura in grado di avvolgersi attorno alla bottiglia. Ci è voluto circa un anno, ma sugli scaffali il risultato era fantastico, e ha fatto vendere 2 milioni di casse di vino.
Quanto è importante la customizzazione?
Tutti i clienti desiderano una marca unica che sia difendibile, sul piano legale, da chi potrebbe cercare di copiare e contraffare, quindi siamo alla ricerca costante di asset personalizzati che possono essere utilizzati sia nel pack sia all’esterno.
Il pack non è solo bottiglia ed etichetta. Quanto è importante il design del tappo nel progetto complessivo? Può raccontare un esempio di un tappo particolarmente innovativo e complesso sviluppato per un vostro cliente?
Di recente abbiamo disegnato Italicus, nuova interpretazione di un’antica ricetta italiana per il rosolio di bergamotto, e il tappo, composto da nove parti, è in assoluto il più complesso che abbiamo mai disegnato. E anche il più costoso: pensavamo tutti che il cliente non lo accettasse, e invece ne è stato entusiasta. È stato realizzato perfettamente e il risultato finale è una splendida combinazione di bottiglia e tappo, che è stata presentata ovunque.
A proposito di Italicus, qual è, in generale, il vostro rapporto con l’Italia?
Amiamo i prodotti italiani, perché l’Italia ha un patrimonio storico ricchissimo ed è la patria dei design più iconici che ci siano – Lamborghini, Armani, Ferrari – ed è dunque fonte di grandissima ispirazione dal punto di vista visivo. Abbiamo lavorato per marche italiane di limoncello e di gin, e abbiamo persino ridisegnato il pack dell’iconico brand Martini, un progetto enorme che ha richiesto due anni di lavoro ed è stato distribuito in ben 72 mercati internazionali.
Quali sono le richieste più pressanti del settore in questo momento, e quali le principali innovazioni che pensate sia necessario portare nel mondo del packaging per gli alcolici?
Il mondo del vino è maturo per l’innovazione, anzi, ne ha un disperato bisogno. Il settore degli spirits è in costante evoluzione e sperimentazione: abbiamo lavorato recentemente per un bourbon alla banana, e ci è stata data la licenza artistica per creare etichette e bottiglie quanto più ‘esaltanti’ possibile. Di contro, il mercato del vino continua a usare le stesse bottiglie che i francesi hanno inventato qualche centinaio d’anni fa, martellando ancora piccoli pezzi di sughero nella parte superiore come facevano i Romani.
In oltre 25 anni di attività abbiamo realizzato circa 7.000 progetti, e ci è stato chiesto di progettare una bottiglia di vino customizzata solo tre volte. Il che non sarebbe nemmeno tanto male, se solo ci fosse un po’ di innovazione nei liquidi, ma ci troviamo nella situazione in cui esistono 6.000 pinot neri che si trovano nella stessa identica bottiglia, con la stessa descrizione sulla retroetichetta e veramente poco, a parte il prezzo, che porti a scegliere l’uno o l’altro. Ed è la ragione per cui il vino sta diventando sempre più economico. E gli hard seltzer hanno scavalcato il mercato del vino.
I vostri pack sono di gran classe e veicolano un senso di grande opulenza; è possibile armonizzare questa ricercatezza con il crescente bisogno di essenzialità e sostenibilità del packaging, magari facendo in modo che i pack siano riutilizzabili?
Un esempio su tutti: se lei cerca Harris Gin su Ebay o su Etsy vedrà bottiglie di gin vuote che passano di mano in mano, pagate profumatamente, per essere riutilizzate come lampade da tavolo o bottiglie per l’olio d’oliva. Nei mercatini abbiamo visto bancarelle piene di candele in vaso ricavate dalle nostre bottiglie tagliate. Adoriamo il fatto che il nostro duro lavoro si trasformi in arte e oggetti d’arredo!