È una storia di corsi e ricorsi, quella del rapporto tra illustrazione e comunicazione stampata. Negli ultimi tempi è tornata prepotentemente in auge, uscendo dall’ambito editoriale per occupare gli spazi del packaging, dell’advertising e della visual communication. Ne abbiamo parlato con Ale Giorgini, Francesco Poroli, Riccardo Guasco e Emanuele Basso, che hanno diretto e illustrato campagne per importanti brand nazionali e internazionali.
Di Roberta Ragona | Su PRINTLovers 89
La comunicazione illustrata è un fenomeno ciclico nella storia dell’immagine, che coincide con forti mutamenti nella società e nelle tecnologie di stampa, in cui cambiano il modo in cui si comunica, i supporti utilizzati e le persone a cui ci si rivolge. Il primo esempio su larga scala è del diciannovesimo secolo, con l’emergere di un’industria pubblicitaria che richiede processi di stampa su scala più ampia e dal maggiore impatto visivo rispetto alle produzioni editoriali. È l’epoca delle grandi cromolitografie a colori dei poster pubblicitari di Eugène Grasset, Alphonse Mucha e Toulouse-Lautrec. E dell’Arts and Crafts Movement che, in risposta ai mutamenti della Rivoluzione Industriale, propone una fusione di arte e industria in cui l’utile sia bello e il bello utile, e un ruolo rilevante lo assume l’illustrazione a stampa che adesso chiameremmo surface design. Nel primo Novecento il fenomeno si ripresenta: esplode la stampa popolare illustrata, che porta a una ancora maggiore permeabilità tra belle arti e arti commerciali in termini di autori e linguaggio espressivo utilizzato, ormai familiare agli occhi del pubblico. Questo periodico ritorno all’illustrazione nella comunicazione di marca risponde a una necessità di sintesi e racconto che pochi altri mezzi possiedono. Nell’ultimo decennio ci troviamo in quella che per molti è la golden age dell’illustrazione: hanno contribuito a questo fenomeno una concomitanza di fattori, da una generazione di autori e artisti con una forte cognizione delle potenzialità del mezzo e strumenti di riflessione critica del proprio lavoro, a una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti della comunicazione riguardo l’uso di questo linguaggio, specie se usato in abbinamento efficace con la grafica, la cartotecnica e il motion design.
Cambia il pubblico, cambiano i brand
Il ritorno all’uso dell’illustrazione ha a che fare anche con un mutamento del pubblico, come fa presente Ale Giorgini, illustratore e direttore creativo del progetto Grani D’Autore Barilla: «L’illustrazione nel settore editoriale ha sempre avuto un suo ruolo ben specifico mai messo in discussione. Invece uno dei motivi di questa riscoperta nel settore packaging e comunicazione è la necessità da parte dei brand di entrare in contatto con un consumatore smaliziato, immerso continuamente in un flusso di informazioni e contenuti. Ha tutti gli strumenti per valutare quale prodotto ritiene migliore, per cui va coinvolto in maniera più narrativa. Parliamo di un pubblico che si costruisce un proprio palinsesto di informazione e di intrattenimento, che pertanto va incontrato su quello stesso terreno». Si tratta di una modalità comunicativa che si è costruita nel tempo, come dice Riccardo Guasco, che di recente ha realizzato, tra gli altri, progetti per Esselunga e San Carlo: «Nei primi anni le aziende sperimentavano sulla comunicazione web e social, il banco di prova più immediato. I riscontri positivi hanno fatto sì che questo aprisse il campo a progetti sempre più coraggiosi, con edizioni limitate e campagne mirate. Se da una parte c’è Mondrian e dall’altra il famoso packaging L’Oréal, l’illustrazione si trova a metà tra questi due estremi comunicativi: attira l’attenzione sul prodotto dandogli una voce autoriale». Questa capacità di raccogliere stimoli dagli ambiti più diversi – dall’arte alla cultura pop – e restituirli rielaborati in un linguaggio personale è quello che rende l’illustrazione uno strumento particolarmente flessibile tra quelli a disposizione di un’agenzia creativa, come sottolinea Emanuele Basso, direttore creativo di The 6th: «Nel caso della campagna Zedda Piras, commissionata dall’agenzia Wunderman Thompson, avevamo delle reference, ma abbiamo pensato anche allo stile della muralistica di Orgosolo con le sue figure spezzate in forme geometriche, uno stile un po’ cubista, con campiture di colore piatto ma materiche e ruvide. Gli illustratori che hanno lavorato sulla campagna si sono ispirati per alcune inquadrature anche a sequenze di Breaking Bad, una fonte inaspettata visto il tono sereno dell’animazione, ma che ci ha suggerito soluzioni interessanti. Una volta approvato lo storyboard, uno degli illustratori si è occupato dei personaggi e un altro dei panorami, in un dialogo e scambio continuo di pennelli e palette per armonizzare lo stile e le atmosfere. Su questo lavoro di illustrazione è intervenuto poi l’animatore, perché l’aspetto interessante è anche questo: la possibilità di continuare il racconto con altri mezzi e altre modalità». Un fenomeno, quello della riscoperta dell’illustrazione, che ha portato anche a una maturazione da parte dei brand, che hanno affinato la propria capacità di riconoscere e ricercare il giusto stile per il proprio tono di voce, lavorando direttamente con gli autori. Nota Francesco Poroli, che per Illustri ha curato il progetto Eataly all’Aperto: «Un altro grande cambiamento degli ultimi anni è che prima a proporre di inserire le illustrazioni nella strategia di comunicazione erano le agenzie, adesso è sempre più frequente che siano i brand stessi. Trovo che sia un segnale di maturità e di fiducia nella capacità dell’illustratore di comunicare in maniera trasversale. L’illustrazione ha dalla sua una capacità di visualizzare e di raccontare storie in maniera democratica, con un linguaggio comprensibile per qualunque fascia d’età e tipo di pubblico senza bisogno di traduzione».
Infinitamente grande, infinitamente piccolo
Ma come si inserisce un illustratore nella varietà delle applicazioni di stampa della comunicazione di marca? Se una stessa illustrazione va sull’infinitamente piccolo del packaging all’infinitamente grande del signage wide format, fino al wrapping per i bus o, come nel caso di Eataly, dei chioschi all’aperto, e se tutto viene stampato con tecniche diverse su supporti diversi, come si gestisce il flusso di lavoro? Per Giorgini è indubbiamente un sport di squadra: «Trovo molto interessanti i progetti in cui si preme sull’acceleratore della creatività intesa come materia e tecnica di stampa, si sposano in modo eccellente con l’illustrazione. Qualche anno fa ho disegnato per l’edizione limitata di un vino delle cantine Banfi una sleeve che andasse a coprire completamente la bottiglia, mentre per quella di quest’anno stiamo valutando la serigrafia diretta sul vetro. Nella fase di disegno ho realizzato l’illustrazione con una deformazione prospettica per seguire le forme della bottiglia, in modo che una volta applicata sulla superficie l’immagine fosse leggibile correttamente. È un lavoro che va a braccetto con chi ha competenza sull’aspetto tecnico della stampa e dei materiali, è difficile per un illustratore essere aggiornato su quali sono le tecnologie di stampa più innovative, è sempre un dialogo con altri professionisti. Qualche tempo fa mi sono trovato in difficoltà su come stampare delle scatole per pizze personalizzate, e ho scoperto l’esistenza di una stampante digitale per la marcatura diretta di oggetti tridimensionali: senza una conversazione casuale con una persona che si occupa di stampa non avrei mai scoperto una tecnologia che mi ha aperto un mondo di possibili soluzioni». Come spesso capita, di fronte a una varietà così ampia di supporti e declinazioni bisogna ragionare in termini strategici, come ricorda Poroli: «Lavorando soprattutto in vettoriale per la stampa digitale il flusso di lavoro non cambia particolarmente sul piano tecnico, è più una riflessione su come verrà fruito il contenuto. Illustrare per un francobollo per Campari 3x4 cm o per il chiosco di Eataly da 14 metri è diverso soprattutto per il modo in cui verrà usato. Che livello di dettaglio posso concedermi? Un francobollo è uno spazio ridotto che però verrà osservato da vicino, mentre il chiosco è uno spazio ampio che deve dare degli stimoli visivi interessanti, ma che non verrà osservato minuziosamente come un’opera d’arte: è parte di un’esperienza generale dello spazio in cui si trova». La soluzione può essere vedere l’illustrazione come parte dell’ecosistema in dialogo col resto, e incorporare questo pensiero nel processo. Racconta Guasco: «Ultimamente mi piace lavorare in maniera modulare, inserendo gli elementi dell’illustrazione all’interno di un flusso organico, che mi permette di andare dal 6x3 metri al francobollo con un’immagine che continua a funzionare in maniera efficace. Per un ristorante in Romagna ho realizzato un’illustrazione che richiama gli elementi iconici del territorio, scomposta nei suoi elementi costruttivi per realizzare i sottobicchieri, le immagini del menù e altri elementi di comunicazione. Per lavorare in questo modo bisogna ascoltare con attenzione e non limitarsi al momento del brief: è una conversazione. Il progetto per San Carlo, per esempio, è nato dai feedback di alcuni focus group e test effettuati sul mercato internazionale, che evidenziava come la comunicazione dei packaging San Carlo – con il suo approccio elegante, pulito e grafico – non era ugualmente efficace su tutti i mercati. Per cui il brand ha deciso di realizzare una serie di packaging dallo stile più ricco, ma in linea con la propria comunicazione, e ha scelto l’illustrazione. Da lì è partito un lavoro di agenzia estremamente dettagliato, con reference precise: essendo rivolte principalmente al mercato estero ogni packaging racconta sia il prodotto nelle sue particolarità, sia diverse città della penisola per evocare lo stile di vita italiano. Anche in questo lavoro ricorre la composizione modulare di cui dicevo prima, che brand e agenzia avevano visto in un precedente lavoro per Campari e avevano trovato azzeccato anche per il proprio packaging».
Esperienze immersive
Dal dialogo tra cliente, agenzia e illustratori è nato anche il progetto Grani D’Autore Barilla, che da un primo nucleo principale si è espanso su supporti diversi adattandosi a circostanze in continuo cambiamento, come racconta Ale Giorgini: «Quando Barilla ha iniziato a comunicare il proprio Manifesto del Grano Duro Italiano, Omnicom PR Group Italia mi ha contattato per sviluppare un progetto che aiutasse a divulgare un documento programmatico a un pubblico più ampio. Dieci punti che raccontano l’approccio produttivo e la decisione di utilizzare solo grano duro al 100% prodotto in dieci zone specifiche d’Italia, e quali azioni Barilla intendesse portare avanti per valorizzare il territorio e le comunità; per ciascuno di questi punti sono stati coinvolti dieci illustratori provenienti dai diversi territori di produzione. Le illustrazioni poi sono state declinate anche sui packaging di alcuni dei formati più iconici di Barilla, su una serie di piatti in edizione limitata e su supporti classici del merchandising, come le shopper e le agende. I packaging nascondono anche contenuti extra in realtà aumentata: inquadrando la confezione con lo smartphone si possono vedere le illustrazioni prendere vita. A tutto questo avrebbe dovuto seguire una serie di eventi locali ma c’è stata di mezzo la pandemia e li abbiamo re-immaginati in una forma diversa. Prima una mostra gratuita, all’aperto e fruibile da tutti alla BAM, Biblioteca degli Alberi di Milano, anche durante la zona rossa; poi alla Triennale di Milano, non appena hanno riaperto i musei, curata da me e Maria Vittoria Baravelli in un allestimento realizzato da Il Prisma con un’esperienza immersiva, in cui le illustrazioni erano circondate da video del making of raccontato dagli illustratori stessi e animazioni in realtà aumentata». La componente dal vivo è anche il cuore degli eventi Eataly all’Aperto con Illustri: «Il progetto è nato dalla richiesta di raccontare il momento in cui ci riapriamo agli altri, stando insieme e riappropriandoci di uno spazio urbano con la convivialità» dice Poroli. «A partire da una rosa di nomi siamo arrivati a quattro stili e approcci grafici diversi: quello di Elisa Macellari, Ilaria Faccioli, Luca Font e il mio. L’unica richiesta è stata che le proposte per il wrap-up del chiosco e le tovagliette di carta del bistrot fossero in armonia cromatica e di contenuto con la grafica generale dell’estate Eataly; per il resto è stata data grandissima libertà e spazio per sperimentare. Io ho chiesto di allargare lo sguardo: mi piaceva che ci fosse Milano dentro, e che oltre al tema della convivialità e della sostenibilità passasse il messaggio che Milano è una città che ti include, se hai voglia di essere incluso. Ho pensato a Milton Glaser e ho proposto un lavoro tipografico che si snoda sui quattro lati del chiosco: da I love New York a Milano Loves You. Ogni cambiamento del chiosco è accompagnato da un momento live di inaugurazione, che è il cuore dell’idea in dialogo con lo spazio. Nel caso di Luca Font la grafica del chiosco è completa tranne le finestre, che poi sono state dipinte live durante la serata».
Ritorno allo spazio, fisico e digitale
Pensando al futuro prossimo dell’illustrazione per la comunicazione non ci sono solo le nuove tecnologie: il dialogo con il territorio e lo spazio abitato dalle persone è una delle declinazioni più interessanti secondo Guasco: «Un segnale che mi sembra molto interessante è quello dei muri di arte urbana. È un fenomeno che mescola tanti stimoli che vengono da mondi differenti, dal graffitismo all’arte pubblica alla muralistica sino a riappropriarsi di una modalità di comunicazione, quella della grande pittura su muro, che era tipica della pubblicità già a inizio Novecento. È ed è un utilizzo dello spazio della città che stimola una comunicazione più ponderata. Un limite enorme del digitale è la sua velocità, mentre il muro rimane lì a lungo e questo fa sì che le persone siano coinvolte in un modo diverso. Mi è capitato di riprodurre una copertina realizzata per il Touring Club sul muro della loro nuova sede, e nella settimana che ho trascorso a lavorare sul ponteggio ho visto l’interesse e la curiosità della gente del quartiere. Erano interessati e curiosi, volevano capire le ragioni del disegno e delle scelte, perché loro l’avrebbero visto molto più spesso di me, avrebbe fatto parte delle loro giornate». E proprio questa possibilità di dialogo tra medium diversi è uno degli aspetti più interessanti anche secondo Emanuele Basso: «In questo momento le aziende hanno tanto da raccontare, e l’illustrazione permette di continuare un dialogo che parte dal packaging e passa da animazioni e micro-animazioni: non solo spot ma anche gif animate e loop, sino alla realtà aumentata. Quest’ultima è ancora in fase sperimentale, ma arriverà il momento in cui la friction sarà minore e troveremo un uso che sentiremo come una prosecuzione naturale. Non è qualcosa che si aggiunge, è la prosecuzione di un discorso. In questo i device digitali sono un mezzo fondamentale, hanno incoraggiato il dialogo e luoghi diversi della comunicazione, dalla stampa del pack alla fruizione sui social: è un modo per non fare finire il racconto».
— EMANUELE BASSO
Creative director, la sua carriera è iniziata in McCann Erickson ed è proseguita con la fondazione di Tita, un’agenzia il cui uso intelligente di crafting, illustrazione e tecniche manuali si è subito distinta nel panorama della comunicazione. Una ricerca espressiva che è continuata con la fondazione di The 6th Creative Studio, le cui campagne inconfondibili hanno dato voce a clienti di ogni settore, da Fernet Branca (agenzia Yam112003), passando per Zedda Piras (agenzia Wunderman Thompson), Tonno Mare Aperto sino a realtà come Fondazione Feltrinelli, Mondadori libri e CTA – Centro Teatro Attivo.
— ALE GIORGINI
Illustratore e art director, il suo lavoro è apparso su moltissimi media nazionali e internazionali, dal Boston Globe al Chicago Magazine passando per il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e L’Espresso. Ha lavorato per grandi brand internazionali come Disney e Armani, ESA – European Space Agency e Barilla. Il suo lavoro è stato incluso più volte nell’Annual della Society of Illustrators ed è stato insignito di premi come il Good Design Award del Chicago Museum of Design. È tra i fondatori di Magnifico Illustrators Agency ed è docente – tra gli altri – di IED, Idea Academy e Scuola Internazionale di Comics.
— RICCARDO GUASCO
Illustratore di fama internazionale, il suo lavoro è apprezzato in maniera trasversale dall’editoria (Mondadori, Topipittori e Carthusia fra gli altri), da tutte le maggiori realtà di media e audiovisivo (dalla Rai al New Yorker), da moltissimi brand internazionali, come Ferrari e Longines, e da realtà del terzo settore come Greenpeace, FAO ed Emergency. Il suo lavoro è stato incluso più volte nell’Annual dell’AI, l’associazione degli Autori di Immagini, e della Society of Illustrators di New York.
— FRANCESCO POROLI
Illustratore e art director, il suo lavoro è apparso su tutti i principali media – dal New York Times al Daily Telegraph passando per Wired, Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore – per i maggiori brand internazionali, da Facebook a Campari, sino a Apple e NBA. Il suo lavoro è stato incluso più volte nell’Annual della Society of Illustrators e della Society of Publication Designers. È tra i fondatori di Illustri ed è docente – tra gli altri – di Domus Academy e IED Milano.