Interviste

La Carta etica del packaging

Quali sono oggi le grandi sfide del packaging design?
Abbiamo rivolto questa domanda, così carica di sfaccettature e di possibili rimandi, a Valeria Bucchetti, professore associato di Disegno Industriale al Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, docente di Design della Comunicazione al Corso di laurea in Design della Comunicazione.


Di Anna Aprea | Su PRINT 73 

Ma non solo: negli ultimi anni ValeriaBucchetti ha sviluppato progetti diricerca nel dominio delle Culture di genere e tiene infatti un corso di Design della comunicazione e Culture di genere alla Magistrale del Design. Insomma la persona giusta per affrontare, dal punto di vista teorico, il grande tema della sostenibilità che sta a cuore a tutti, e che tutti coinvolge. “Un problema che richiederebbe un percorso di riflessione condiviso tra consumatori, utilizzatori e tutto l’insieme della società”, precisa. E non potrebbe non essere altrimenti visto che nel sistema di progettazione sono coinvolti non soltanto progettisti e produttori, ma tutta la filiera del consumo, del riuso e dell’imballaggio.

Proprio nell’intento di fare della sostenibilità una priorità sociale, il Dipartimento di Design del Politecnico e le Edizioni Dativo con il patrocinio dell’Istituto Italiano Imballaggio hanno dato vita alla Carta etica del Packaging, un insieme di principi condivisi utili alla progettazione, alla produzione e all’utilizzo di imballaggi.

Qual è l’idea di fondo che ha ispirato la Carta etica del packaging?
Si è trattato di mettere a punto un documento che affrontasse da tutti i punti di vista le tematiche della progettazione, della produzione e dell’utilizzo di imballaggi. Sempre con l’obiettivo di trovare un punto di equilibrio tra tutti gli aspetti, e capire quali possano essere le azioni giuste per sollecitare l’impegno di tutti, compresi i cittadini. Se nei Paesi scandinavi si è trovato il modo, attraverso il meccanismo del deposit-refund system (si paga un sovrapprezzo all’acquisto di una bevanda in plastica che viene poi restituito alla consegna del contenitore vuoto) di arrivare alla quasi totalità del riciclo delle bottiglie di plastica, questo vuol dire che, attraverso un’iniziativa semplice, è possi­bile affrontare e risolvere un problema.

Difficile immaginare un punto di sintesi tra gli infiniti aspetti del packaging…
Sì, e credo che questo sia davvero un limite del packaging. Spesso la dimensione tecnologica, quella progettuale e quella del processo produttivo non dialogano né col marketing né col progettista.

Perché succede a suo parere?
Il problema di dialogo è anche un problema di formazione. Il packaging designer dovrebbe avere una competenza più trasversale, più registica, dovrebbe essere la figura che tiene in equilibrio le diverse figure e le diverse esigenze. Ma in Italia non è così. E non è un problema di esterofilia. Negli anni mi sono fatta l’idea che in questo settore non c’è capacità di coordinamento.

Quali sono scelte che possiamo compiere oggi?
Ogni scelta che io compio oggi può aver una sua piccola forza nell’aprire o nel promuovere o un cambiamento. Non bisogna mai ritenere che un’azione, solo perché è la mia, non sia determinante. È chiaro che quando mi dedico a un progetto non ho la presunzione di poter cambiare il mondo, ma come docenti abbiamo sempre la responsabilità di creare una prospettiva che aiuti a guardare le cose in modo diverso.

Dunque i progettisti hanno una responsabilità in più?
Come progettisti abbiamo sempre la possibilità di scegliere non soltanto ciò che ci garantisce e ci dona tranquillità rispetto all’esito. Quando progettiamo dovremmo gettare sempre avanti lo sguardo, richiamando la radice latina del termine progetto. Non posso continuare a progettare reiterando stereotipi in una modalità superficiale, proponendo soluzioni che rielaborano forme uguali a se stesse. Certo, sarebbe bello farlo insieme a tutti gli attori della filiera, ma spesso nelle aziende non si vuole rischiare sui tempi reali di sviluppo di un progetto, che spesso è schiacciato sull’immediato. Comunque sia, io penso che non bisogna mai scegliere la via più facile.





LA CARTA ETICA DEL PACKAGING
Dieci aggettivi per una cultura di sistema


1. Responsabile
È il packaging quando diventa responsabilità di tutti verso tutti: nella progettazione, nella produzione e nell’utilizzo. Responsabili sono gli imballaggi portatori di qualità, che coniugano tutela dell’ambiente e rispetto delle esigenze di tutti gli utenti. Proprio perché investono un’intera comunità, parliamo anche di responsabilità sociale degli imballaggi.
“L’imballaggio — precisa Valeria Bucchetti — deve rispondere ai bisogni e alle necessità reali. Vogliamo essere certi che tutto quello che i pack raccontano sia ciò che il consumatore ha esigenza di sapere. Molto spesso il marketing decide di portare in primo piano messaggi che ai destinatari non interessano, perché sono magari una priorità del produttore oppure perché non ha altri argomenti per farsi notare”.

2. Equilibrato
È il packaging quando si propone con una giusta misura: quanto basta e quanto serve. Equilibrato è il packaging progettato con una giusta relazione con il contenuto. “Un imballaggio equilibrato — spiega Bucchetti — evita soluzioni di sovradimensionamento (overpackaging), non esagera nelle promesse (overpromise), non crea cioè aspettative di qualità che non sono corrispondenti al contenuto”. L’equilibrio è un valore che riguarda anche le informazioni? “Certo, un imballaggio equilibrato evita il sovraffollamento delle informazioni (information overload) che disorienta il destinatario: sa trovare una corretta comunicazione che risponda alle esigenze informative. In questo senso può essere percepito come un dispositivo necessario ed essenziale”.

3. Sicuro
È l’imballaggio che protegge, in tutto il suo ciclo di vita, gli individui e le comunità. Sicuro è l’imballaggio che dà conto della propria tracciabilità e dei processi della sua filiera di produzione. È sicuro per ciò che riguarda la protezione del contenuto e la sua igienicità, lo è sia durante il trasporto che durante l’uso. Come consumatori abbiamo il dovere di documentarci, ma certamente abbiamo il diritto di poter credere a ciò che la confezione racconta: l’imballaggio sancisce quel ‘contratto implicito’ che viene proposto dalla marca. L’imballaggio sicuro presuppone le verifiche del processo produttivo. Dunque è sicuro se tutti i soggetti della filiera rispettano le norme di legge, ma è ancora più sicuro se il consumatore ne viene messo a conoscenza.

4. Accessibile
È l’imballaggio capace di proporsi in modo ‘facile’ a chi lo utilizza. Accessibile è il packaging quando sa offrirsi, attraverso tutti gli elementi che lo compongono, all’utilizzo in modo semplice e intuitivo, e così tiene conto del diritto di ogni consumatore di poter avvicinare, comprendere, interagire e usare un prodotto. “L’accessibilità non è solo un dato strutturale — precisa Bucchetti — riguarda anche l’accesso alle informazioni (date di scadenza, componenti), indipendentemente dalle esperienze, dalle competenze, dalle abilità degli utenti”. Si facilita l’accesso al prodotto con un trattamento grafico dei testi che ne assicura la leggibilità e la reperibilità delle informazioni, e con l’uso di un lessico che non generi barriere e sia di facile comprensione.

5. Trasparente
È il packaging che costruisce un rapporto immediato con il destinatario. Attraverso la qualità della trasparenza la confezione sviluppa un rapporto di fiducia con il destinatario: ecco perché deve parlare del contenuto senza alcuna deformazione, e comunicare in modo diretto, immediatamente comprensibile e inequivocabile. Non deve produrre una comunicazione che possa trarre in inganno né essere ambigua, pur nel rispetto del principio di tolleranza e di errore. Deve usare linguaggi condivisi per garantire una comunicazione efficace, capace di minimizzare le interpretazioni di un concetto. Un imballaggio trasparente agevola inoltre il destinatario nel suo utilizzo, sia in contesti quotidiani sia in particolari contesti di emergenza.

6. Informativo
È il packaging che garantisce la miglior informazione, quella utile e necessaria. Informativo è l’imballaggio che, nel rispetto della normativa, riporta tutte le informazioni utili alla conoscenza del contenuto, al loro utilizzo e allo smaltimento. Le informazioni ci devono aggiornare sulla composizione del prodotto, sull’origine dei materiali, sui metodi per preservare, sui valori nutrizionali e sulla catena alimentare: dalle informazioni per la preparazione e somministrazione del contenuto a quelle di carattere ambientale, che indirizzano i comportamenti per lo smaltimento e ne attestano la sostenibilità. Le informazioni sul prodotto sono un diritto e una priorità per il consumatore attento.

7. Contemporaneo
È il packaging che sa essere in costante relazione con la società della quale rappresenta i valori. Gli imballaggi riflettono la cultura della società e contribuiscono a loro volta a crearla. Lo fanno attraverso i messaggi, che passano dalle loro forme, dalle loro grafiche, dai loro simboli: così trasferiscono modelli, partecipando all’evoluzione della contemporaneità. Il packaging deve evitare la divulgazione di messaggi offensivi e stereotipati che possano in qualche modo ledere la sensibilità delle persone. “Poiché dal packaging passano modelli di genere, modelli alimentari e di vita sociale — aggiunge Bucchetti — è necessario evitare la diffusione di stereotipi che, sotto qualunque forma, rappresentano ostacoli per una società giusta e paritaria”.

8. Lungimirante
È il packaging che si pone in una corretta rela­zione con il futuro. “Richiamando la radice latina del termine progettare — dice Bucchetti — non è più possibile oggi reiterare stereotipi in una modalità superficiale, rielaborando vecchie forme e soluzioni”. Le scelte non possono essere fatte a partire da un vantaggio immediato, ma devono tener conto delle conseguenze che ne derivano. Il packaging lungimirante è capace di cogliere con anticipo i cambiamenti, favorire nuovi modelli di consumo, nonché comportamenti in grado di evolvere nel tempo. Per questo è necessario sperimentare e fare ricerca. Come consumatori sappiamo così di essere di fronte a un oggetto che sa ripensarsi per gli utilizzatori di domani.

9. Educativo
È il packaging che, in quanto oggetto diffuso, sa farsi carico della propria funzione educativa. Diventa cioè uno strumento inserito nella quotidianità, in un dialogo costante con il proprio destinatario. Ha dunque una grande potenzialità educativa: la sua diffusione ne fa uno strumento molto potente anche su questo piano. Per raggiungere lo scopo il packaging deve mettere al centro la qualità, farsi portatore di qualità estetica e indurre, con i propri messaggi, comportamenti virtuosi, per esempio accrescendo le conoscenze su temi riconosciuti come prioritari. Ogni imballaggio è portatore di valori: una comunicazione di qualità non costa più di una cattiva comunicazione, ma fa la differenza nello sguardo e nella mente di chi ne fruisce.

10. Sostenibile
È il packaging rispettoso dell’ambiente, proget­tato in modo olistico, in equilibrio con il prodotto e con i suoi modi d’uso. È ideato, fabbricato, trasportato e riciclato utilizzando, dove possibile, energie rinnovabili ed energie pulite. La scelta del materiale che lo costituisce è coerente con l’ambito del prodotto e con la sua distribuzione. Viene progettato e prodotto secondo una prospettiva di riduzione del numero di materiali utilizzati, dei componenti e di una loro agevole separazione. Deve essere progettato in via prioritaria con materiali riciclati. L’imballaggio sostenibile, infine, deve prevenire la produzione di rifiuti ed essere pensato per ottimizzare stoccaggio e trasporto.


I progetti presentati in queste pagine sono stati sviluppati nel workshop curricolare del Corso di Laurea Magistrale in Design della comunicazione (Scuola del Design, Politecnico di Milano) nell’anno accademico 2016-2017. Docente: prof. Valeria Bucchetti, Cultore della materia: dott. Paolo Panzuti Bisanti. Con i risultati di questa attività didattica si è preso parte al progetto Packplay2 organizzato dall’École de design dell’UQAM (Montreal, Canada).
 


31/08/2018


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