How it's made

Il toolkit del designer felice

Dall’idea creativa al visto si stampi, una panoramica degli strumenti grandi e piccoli per la progettazione che semplificano la vita ai designer: plug-in, library, configuratori, fino alle piattaforme più evolute per gestire il workflow di produzione.

Di Lorenzo Capitani | Su PRINTlovers 86

Oggi, dopo poco più di trent’anni, sul solo sito dafont.com sono disponibili più di 57 mila font pronti all’uso, il nuovo sistema operativo Apple ne mette a disposizione 572 e un qualsiasi text editor consente un’infinità di combinazioni tra corpi, interlinee, tracking e crenature… Per non parlare di quello che si può fare con i nuovi Variable Font che contengono in un unico file tutte le varianti grafiche di un carattere, glifi, bordi, ombre e bagliori compresi.
Indubbiamente tutto è cambiato e oggi a disposizione di creativi e designer ci sono strumenti e possibilità tecnologiche che rendono tutto più semplice e che permettono di avere come limite solo la propria fantasia. Internet, lo scambio di dati e informazioni in tempo reale ormai li diamo per scontati, tanto sono diffusi nelle modalità di lavoro attuali. Nell’ultimo anno abbiamo anche abbattuto le ultime barriere del fisico, sdoganando la collaborazione a distanza e in mobilità. La tecnologia, anche quella più spinta, è a portata di mano, il digital divide sempre più velocemente si erode e anche i più conservatori si convertono all’industria 4.0, all’integrazione tra macchine e sistemi, al cloud e all’analisi dei dati. Non ci sono però solo i sistemi avanzati di produzione a fare la differenza, quelli che stanno sulle linee di produzione o a bordo delle macchine, ma anche tantissimi tool, piccoli o grandi, reperibili facilmente, anche solo googlando, talvolta gratuiti o messi a disposizione da partner e fornitori. Si va dai plug-in ai convertitori di formati online, dalle librerie di pennelli e template a strumenti online per il render di packaging, fino alle piattaforme più evolute di collaborazione, progettazione, simulazione, certificazione tutte orientate al workflow di produzione: dall’idea al visto si stampi e oltre. Senza pretesa di essere esaustivi, eccone una selezione.

Font
Partiamo dai font, croce e delizia di creativi, impaginatori, grafici e fotolitisti. C’è chi li deve aggiornare per gestire il progetto, chi ne cerca sempre di nuovi, chi deve districarsi tra i diversi formati TrueType, OpenType, post-script o chi ne trova uno perfetto per il cliente, ma nel formato sbagliato. Fermi restando i passi da gigante che i software grafici hanno fatto nel caricamento dei caratteri, c’è poi sempre l’annoso problema delle licenze. Ogni grafico ne ha librerie immense che il più delle volte non sono licenziate correttamente (un breve vademecum lo si trova su fontfabric.com a tiny.cc/3tpetz). Perché allora non cercarne di gratuiti? Google per esempio, su fonts.google.com, ne mette a disposizione tantissimi gratis, tutti ttf, ma ci sono anche dafont.com, 1001fonts.com o fontsquirrel.com. Tutti questi siti, oltre a consentire il download, hanno sempre un buon visualizzatore della mappa dei caratteri e la possibilità di caricare un testo personalizzato così da valutare la resa prima di scaricare. Un’altra fonte inesauribile, pronta all’uso e già licenziata per scopo personale e commerciale, è Adobe Fonts che è già inclusa nell’abbonamento Creative Cloud.
Quante volte, poi, imbattendovi in un font, vi siete detti: “ecco quello che cercavo! Chissà che font è?”. Per questo esistono due soluzioni, una più furba dell’altra. WhatTheFont.
Se poi abbiamo un vecchio font che vogliamo passare in TrueType o, meglio ancora, in OpenType, così da non aver problemi di compatibilità, esistono alcuni siti che permettono la conversione abbastanza facilmente. Di solito basta un drag&drop e un clic su “convert”, ma l’insidia delle licenze embeddate dalle varie fonderie è dietro l’angolo e la conversione potrebbe non sempre andare a buon fine, soprattutto sui glifi. Tra i siti che offrono questo servizio ci sono fontconverter.org, onlinefontconverter.com e transfonter.org che non solo converte il font, ma genera il pdf di una pagina demo e il css style per il web.

Convertitori
In tema di convertitori il web ne offre di ogni tipo: si va da quelli più generalisti che convertono praticamente qualsiasi cosa, a quelli più specifici. Al primo tipo appartiene anyconv.com che si limita a convertire da un formato all’altro immagini, font, documenti, archivi, video ed ebook senza troppi fronzoli, ma anche senza troppe opzioni. Attenzione quindi, all’effetto GIGO (garbage in, garbage out). Più potente è online-convert.com che non solo converte anche diversi formati immagine tra di loro (compresi raster e vettoriali, e i nuovi webp e wbmp) con una serie di settaggi avanzati all’altezza dei software grafici, ma estrare anche il testo dai pdf, li converte in jpg o in word, e ha un motore di OCR molto potente. Ogni conversione può essere trasferita da e verso Google Drive, scaricata o condivisa attraverso un qr code fornito alla fine dell’elaborazione.
Discorso analogo anche per gli editor come resizeimage.net e img2go.com che consentono anche di modificare le immagini con operazioni base come la compressione, il crop, il resize o come picresize.com che lavora anche in batch. Ma c’è anche Adobe Photoshop Express, una versione web semplificata (photoshop.adobe.com) ma molto potente e adatta alla modifica delle immagini, alla correzione del colore, al ridimensionamento al volo sulla base anche di preset per i principali canali, stampa compresa, e con strumenti di ritocco come la rimozione dello sfondo o l’applicazione di filtri avanzati: gli stessi strumenti sono presenti anche nella versione app.
Infine, da salvare sicuramente nei preferiti sono anche rgb2cmyk.org e pdf2cmyk.com. Il primo converte online un’immagine jpg, png, tiff e gif da RGB a CMYK esportando in tiff o jpg e applicando, se si vuole, anche un profilo colore, standard o proprio, caricandolo nel sito. Il secondo, invece, converte qualsiasi pdf da RGB a CMYK, applicando una compressione a 300 dpi delle immagini, adatta quindi alla stampa.
Soluzioni certamente utili che vanno però maneggiate con cura, da utilizzare solo se non si hanno a disposizione strumenti professionali, perché la resa del colore è una variabile che va sempre controllata.

Colore
Il colore, la sua resa e gestione, è certamente il punto cruciale in qualsiasi fase della lavorazione di uno stampato, dall’ideazione alla produzione, qualsiasi sia la sua destinazione e finalità. Ogni programma di grafica è dotato di strumenti sofisticati e adatti, ma ci sono tool certamente utili da tenere in considerazione. Uno di questi è Adobe Color (color.adobe.com), una sorprendente web app che consente di creare temi e palette a partire da una ruota colore e testare in tempo reale gli abbinamenti cromatici in modo tale che, variando una tinta, le altre si parametrizzino di conseguenza in automatico per colori analoghi, monocromatici, triadi, complementari, compositi o impostando i valori personalmente. I due aspetti più interessanti di Adobe Color, però, sono la possibilità di avere immediatamente convertiti i valori dei colori mostrati in esadecimale in RGB, LAB, CMYK, HSV e Pantone con assoluta precisione e la possibilità di estrarre un tema o una sfumatura direttamente da un’immagine caricata: in questo modo è molto più semplice realizzare un’immagine coordinata o rispettare la brand identity di un cliente. Queste funzionalità sono basate sulla tecnologia di intelligenza artificiale Adobe Sensei, che lavora dietro le quinte per trovare le combinazioni di colori più armoniche. Tutte le librerie create possono essere salvate nei programmi della Creative Cloud. Infine, c’è uno strumento di accessibilità che verifica che il tema scelto sia adatto a chi ha problemi di percezione del colore. Dice Adobe: “Per le persone affette da daltonismo, alcune combinazioni di tonalità e sfumature possono generare confusione, rendendo tali colori praticamente indistinguibili. Lo scopo dei temi colore accessibili non è quello di rendere uguali i colori tra visione normale e visione con daltonismo, ma individuare problemi per restare fedeli all’intento originale o scoprire nuove possibilità. Se nella tua progettazione originale è necessario che si distinguano cinque colori diversi, allora devi assicurarti che tutti e cinque i colori siano percepiti distintamente. Questo è ciò che intendiamo per tema utilizzabile da chi è affetto da daltonismo”.
Simile, ma basato sui colori Pantone, è Pantone Connect. Si parte da un picker con il quale clonare una o più tinte tra le diverse librerie Pantone disponibili (Formula Guide, Color Bridge, Metallics, Pastels…), costruire una palette, e da quella estrarne altre per armonie di colori analoghi, complementari e monocromatici. I più nerd apprezzeranno anche la simulazione 3D delle librerie Pantone dalla quale scegliere. Di ogni tinta scelta è disponibile la corrispondenza in sRGB, esadecimale e LAB, inoltre c’è la possibilità di convertire da uno spazio colore all’altro o verso un colore Pantone in base alla libreria scelta. E così si scopre che il PANTONE 13-0647 Illuminating, colore dell’anno 2021, in RGB è 245, 223, 77, #F5DF4D in esadecimale e 89, -3, 70 in LAB e corrisponde al 113C nel Formula Guide Coated e che è a pagina 74 del pantonario. Anche Pantone Connect consente di estrarre una palette a partire da una foto e mette a disposizione delle librerie colore pronte all’uso create sulla base dei trend di stagione dei maggiori eventi moda. Esistono anche una versione plug-in che si integra con Photoshop, InDesign e Illustrator e un’app che, sfruttando la fotocamera, estrare da una foto la palette e tutte le relative varianti, fornendo per ciascun colore corrispondenze e conversioni.
Parlando di colore c’è poi sempre l’annosa questione di come si chiama un colore per intendersi e usare un linguaggio comune. I codici, che sono univoci e universali, sarebbero la cosa migliore, ma questo funziona con le tinte pantone, per il resto siamo tra creativi e spesso la fantasia ha il sopravvento e così ad esempio ci si trova nella babele della declinazione dei rossi di fantozziana memoria. Per questo c’è encycolorpedia.com che elenca una serie sconfinata di colori per nome e valori nei diversi spazi cromatici. Interessante, oltre alla funzione di ricerca per nome colore e composizione, anche quella per url di un’immagine o per css di un sito, oltre che per brand, istituzione, bandiera, team sportivo. E così si scopre che il logo di Amazon, ad esempio, è composto da un arancio che chiamano vivid gamboge (che corrisponde al #ff9900 o al 255, 153, 0 in RGB) e che è lo stesso dell’Arancio Ymir di Lamborghini, del Carnival Orange di Subaru, e dell’Arancio Favorita di Lancia; mentre il nero, nero non è, bensì una sfumatura estremamente scura di rosso. Nella scheda di ciascun colore, visibile anche su sfondo nero, sono presenti anche le corrispondenze in sistemi come il RAL o Toyo e la possibilità di scaricare il campione colore per Adobe, Gimp e Sketch.
Infine, se vi chiedete se il mitico profilo Fogra39 è ancora valido o è stato aggiornato, sappiate che è dal 2017 che ECI ha diffuso Fogra59 (o eciCMYK_v2), uno spazio colore volutamente più ampio della maggioranza degli spazi colore precedenti orientati ai dispositivi di output, che nasce per essere uno spazio colore d’interscambio pre-rasterizzazione. In sintesi, non è specifico di una sola tecnologia di stampa, ma è in grado di dare un’anteprima di come sarà il risultato finale, senza dover necessariamente perdere informazioni colore perché comprende lo spazio CMYK di offset, flexo, rotocalco, digitale… Dove lo trovo? Su fogra.org (shorturl.at/abpEG)

Piattaforme collaborative
I nerd dell’IT lo chiamano Content Orchestration, ovvero la creazione, raccolta, gestione e distribuzione di contenuti in modo strutturato e organizzato. Ormai, la connessione con tutti gli attori della filiera produttiva è imprescindibile, e la collaborazione a distanza è entrata nel DNA di ognuno di noi. Ma ftp, allegati e WeTransfer non sono più sufficienti e non è un caso che piattaforme come DropBox siano andate oltre il puro trasferimento di dati e propongano strumenti di collaborazione integrati con Office, GoogleDrive o Adobe CC. Ma, per quanto potente, DropBox non va oltre l’archiviazione, lo scambio, il backup e la sincronizzazione dei contenuti. Certamente molto per un flusso on cloud 4.0, ma il target del servizio è così vasto che gli strumenti finiscono per essere troppo generici e la pianificazione un po’ troppo da project management con planning, task, to do list…
Qualcosa sta facendo anche Adobe che dal 9 febbraio ha attivato la funzione Invite to Edit in Photoshop, Illustrator e Fresco: il file può essere salvato nel cloud e un link di collaborazione viene inviato in automatico.
Ma altra cosa sono le piattaforme collaborative mirate alla produzione grafico-editoriale in grado di fare, prima ancora che da scambiatore di contenuti e da archivio, da organizzatore e distributore, insomma da hub di materiale editoriale: un valore in più, soprattutto se il nostro flusso è orientato al cosiddetto contenuto neutro, la cui destinazione finale non è già definita a priori ma si potrà adattare facilmente ai vari canali di pubblicazione. Un’immagine potrà essere stampata in un catalogo, ma essere essa stessa contenuto da pubblicare, a seconda dei canali attraverso i quali il cliente decide di comunicare, siano essi digitali o stampati.
Con questa vocazione si è evoluto nel tempo WoodWing Studio che, nato come sistema editoriale, oggi si pone come aggregatore multichannel di raccolta e distribuzione dei contenuti, con all’attivo numerose integrazioni con i più diffusi strumenti di terze parte per la produzione (Adobe CC), l’archiviazione e il digital asset management (2Imagines), e pubblicazione verso i social media. Ma sono le integrazioni con strumenti specifici per il settore grafico a fare la differenza: Woodwing parla con Clarifai, Google Cloud Vision AI e Amazon Rekognition per l’image tagging basato sull’AI, con Enfocus Switch per l’automazione di verifica, trasformazione, produzione e certificazione dei pdf, con Claro di Elpical per l’elaborazione e la cromia automatica delle immagini, e ancora con Desk-Net per la gestione dei calendari di produzione editoriale e SDL Trados, piattaforma di gestione delle traduzione e dei contenuti localizzati. Insomma, una plancia di comando dalla quale gestire l’intero workflow.

DAM
E al centro di ogni workflow non solo c’è la gestione degli stati di avanzamento e completamento delle varie fasi, ma anche il reperimento e la gestione degli asset, ovvero la raccolta, la metadatazione, l’archiviazione e l’utilizzo di qualsiasi contenuto digitale. L’obiettivo è avere un punto unico dove tutto è organizzato e può essere ricercato e usato. Non basta più un disco condiviso in rete o una NAS disponibile da remoto: occorre un sistema centralizzato, dove tutto sia disponibile secondo policy ben precise di visibilità, utilizzo, possibilità di pubblicazione, approvazione. E ancora dove gli asset possano essere aggregati in collezioni e in cartelle, ma soprattutto siano gestiti il versionamento e le rendition senza inutili ridondanze: da un master derivo tutte le varianti che mi servono per i diversi usi, e questo lo fa la macchina al posto mio, quando serve. I DAM sono forse gli strumenti con la maggior disponibilità di soluzioni anche fortemente scalabili. Attenzione, non stiamo parlando di DAM per l’erogazione degli asset, come Adobe AEM o OpenText, che sono più adatti come CMS per siti web, bensì di soluzioni come Elvis DAM, PhotoShelter, FileCamp, Bynder, solo per citarne alcuni: ovvero sistemi in cui sia forte la parte di gestione dell’asset. È un equivoco che può farci mettere in casa un potente sistema di erogazione, dove però può essere complesso fare delle banali ricerche. Anche perché la forza di un DAM sta tutta nel connubio archiviazione-database: è sulla base delle informazioni legate a un asset che immagazzino che ritrovo un contenuto, solo dopo viene la capacità di mostrare le anteprime, di gestire i permessi, di automatizzare le conversioni.
Per un ciclo davvero automatizzato però occorre che un DAM colloqui anche con gli altri strumenti. In questo senso è davvero interessante Cl HUB Connector: “niente più salti tra strumenti o finestre per trovare la risorsa giusta, dice il CEO di CI HUB Andreas Michalski. Una sola connessione per sostituirle tutte e avere in un unico punto tutte le librerie di contenuti che convivono nei vari repository aziendali o dei clienti”. In pratica, CI HUB aggiunge una paletta agli strumenti dei programmi Adobe CC che si integra naturalmente con tantissime piattaforme, come GoogleDrive, IStock, OneDrive, Behance, e consente di ricercare e filtrare direttamente in essi contenuti, testi, informazione di prodotto da inserire direttamente in pagina, con tanto di anteprime, tag e metadati exif.

Digital Workflow
Lavorare con un digital workflow presenta indubbi vantaggi e semplifica molto il lavoro dei creativi: «si riduce il tempo di Go-to-market, mentre solo i file realmente approvati andranno in produzione» sottolinea Giovanni Vigone, Regional Business Manager di Esko per Italia, Spagna e Portogallo. «In alcuni casi lo stampatore viene coinvolto sin dalle prime fasi per poter offrire la sua esperienza in fase di creazione: questo eviterebbe di arrivare all’ ok del progetto e rendersi poi conto che con determinate tipologie di stampa non si otterrebbe il risultato ipotizzato» continua Vigone. Ciò è possibile grazie ai tre strumenti studiati da Esko per il mondo della progettazione packaging: Artioscad per la progettazione strutturale, Studio plug-in di Illustrator per la generazione del 3D e WebCenter come strumento cloud per la condivisione dei progetti via web (sia 2D che 3D), tutti e tre integrabili in modo seamless tramite i più diffusi protocolli di comunicazione con sistemi ERP e MIS di terze parti, in modo che l’utente abbia la percezione di lavorare in un unico ambiente. Artioscad, in particolare, non è un CAD qualsiasi ma nasce e si sviluppa attorno alla soluzione di problematiche legate alla progettazione strutturale; ha nel proprio database una miriade di tipologie di cartoncini e cartone ondulato e, durante la progettazione, in automatico, tiene conto del materiale che si sta utilizzando, che influisce sui tagli e sulle pieghe. Inoltre, il sistema di Esko è particolarmente agile da usare nel caso di collaborazioni a distanza, oggi sempre più diffuse, perché non necessita delle classiche operazioni di upload e download che richiedo inserimento di user name e password, selezione del file e invio. Questo è il flusso di lavoro ideale, all’insegna di digitalizzazione, automazione, integrazione: infatti nonostante la resistenza di alcune aziende o reparti aziendali, conclude Vigone, «è dimostrato che le aziende digitalizzate offrono un posto di lavoro migliore, sono in grado di eseguire più commesse nel minor tempo riducendo gli errori».

Strumenti di render
Abbiamo visto come la possibilità di rendere visivamente in un ambiente virtuale e 3D un progetto certamente aiuta e semplifica le fasi produttive. Soprattutto quando si parla di packaging, avere un oggetto tra le mani da valutare fa la differenza, meglio se non è in bianco, ma contiene già anche la grafica ed eventualmente la simulazione anche delle lavorazioni. Packlick.com permette proprio questo tipo di simulazione, soprattutto per le etichette di contenitori in vetro: caricata la grafica in pdf e scelto il modello online tra un’infinità di possibilità, si impostano i parametri di supporto, stampa e nobilitazione, e si procede con l’ordine. Il sistema prende in carico l’elaborazione e restituisce in breve un link dal quale scaricare il render estremamente realistico da diverse angolazioni.
Decisamente orientato a rendere consapevoli i creativi del risultato che otterranno è il software Dream Composer di Kurz. Non si tratta solo di un sistema di rendering che simula effetti metallizzati, ma lavora direttamente con le librerie di Kurz: «Questo, per brand owner e agenzie che da anni, per tradizione, mettono a capitolato i nostri prodotti, ritengo sia un plus non indifferente» spiega Alessandro Carnevale, Brand Ambassador di Luxoro, distributore Kurz in Italia. Il software permette «la miglior resa digitale possibile di tutti i prodotti Kurz (Luxor Alufin, Colorit e Lightline) per stampa a caldo, a freddo e digitale, compresi i particolari effetti di semitrasparenza dell’embellishment Lumafin (novità in casa Luxoro/Kurz). In più, le lavorazioni a cliché a rilievo, gli effetti di micro e nano-embossing derivati dall’uso di cliché in ottone H+M». Dream Composer legge tutti i livelli del file che viene caricato e su ognuno di essi si può intervenire direttamente in modo creativo e in autonomia. «Dream Composer ha al suo interno anche le diverse referenze dei più importanti produttori di carte e cartoncini, le diverse possibilità di verniciatura lucide e opache, e le forme delle fustelle dei diversi tipi di pack, che consentono di simulare le piccole variazioni dell’effetto della nobilitazione al variare delle diverse condizioni di produzione». La condivisone avviene in tempo reale con lo share di un link di lavoro oppure con il download del file del prodotto finito in diversi formati. Dream Composer consente, infine, la collaborazione a distanza e la possibilità di apprezzare in tempo reale le modifiche: «un aspetto decisivo e time-saving in era di smart working, senza considerare il risparmio rispetto alla realizzazione di molteplici mockup reali», conclude Carn
evale.


18/06/2021


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