Designer di fama internazionale, creativo poliedrico e socio della rinomata agenzia Pentagram, Harry Pearce ha all’attivo straordinari progetti che mettono al centro la tipografia, la stampa e la scelta accurata dei materiali. Molti di loro sono dedicati all’arte, alla cultura e al no profit: nomi come Pink Floyd, Royal Academy of Arts e ONU potrebbero già bastare, ma sono molti di più e tutti d’eccellenza. In questa intervista esclusiva ci racconta la sua visione.
Di Michela Pibiri | Su PRINTlovers 87
“Rem tene, verba sequentur” recita una famosa sentenza attribuita a Catone il Censore. In quattro parole giunte fino a noi attraverso due millenni di storia c’è il succo della buona retorica: padroneggia l’argomento, ché le parole seguiranno. Si può dire che la massima funzioni anche oggi per il buon design, soprattutto nella relazione con un mondo complesso come quello presente: prima viene l’idea, poi i mezzi per concretizzarla. Fisici o digitali che siano. Ed è un po’ questo l’approccio di Harry Pearce, designer, artista e fotografo inglese, socio dello studio internazionale Pentagram dal 2006 – una filosofia di vita, prima ancora che una realtà professionale – che nel corso della sua carriera ha lavorato in tutto il mondo su progetti molto diversi tra loro per obiettivi, tipologia e dimensioni, con eccellenze dell’arte e della cultura, dell’editoria, del luxury retail e poi tanto, tantissimo con il no-profit, impegnandosi anche in prima persona e pro bono a sostegno di cause umanitarie. Tra i suoi ultimi progetti in ordine di tempo c’è anche il rebranding di Fedrigoni, lo storico gruppo cartario italiano che, a seguito di diverse acquisizioni, ha rinnovato e uniformato la propria identità globale: una sfida non da poco risolta con straordinaria eleganza e profondità di pensiero.
Quali sono oggi le grandi sfide della comunicazione di marca, e come le affronta Pentagram?
Indubbiamente la sfida più grande è riuscire a lasciare un segno di qualunque tipo in un mondo completamente sovraccarico. Siamo costantemente bombardati da informazioni, messaggi e comunicazioni che ci arrivano da tutte le parti. Arrivati a un certo punto molta di questa comunicazione diventa inutile, eppure, semplicemente, continua ad aumentare. Noi di Pentagram cerchiamo sempre di creare qualcosa di valore. Un lavoro che abbia un vero scopo, quello di arricchire le nostre culture, e non di esaurirle. È una scelta semplice in realtà, ma difficile da portare avanti.
Quanto è importante la stampa nel tuo processo creativo, e come scegli le tecniche di stampa e i materiali che meglio si adattano ai tuoi progetti?
La stampa è rimasta una costante e una parte molto importante della maggior parte dei miei progetti. Il suo ruolo si intreccia simultaneamente con l’ambiente digitale e con quello fisico. In termini di progettualità, per me la carta è di vitale importanza: quando penso e parlo di progetti, passo il tempo a disegnare su carta. Per me è istintivo. Abbozzare e condividere pensieri e idee rimane un processo fisico, ed è sempre stato il mio modo di fare.
Qualsiasi progetto che si manifesterà nel mondo fisico lo realizziamo in qualche forma, e il più delle volte questa forma è la carta: è davvero l’unico modo per capire come funzionerà effettivamente, in scala e nella sua materialità. Per quanto riguarda la scelta della carta, a guidarla è naturalmente la tipologia di progetto. Per esempio, noi di Pentagram abbiamo progettato un gran numero di etichette di vino e le caratteristiche della carta, per un prodotto di questo tipo, sono regolate da vincoli molto particolari; per un libro invece c’è tutto un ventaglio di scelte e requisiti completamente diversi. La scelta dei materiali e delle tecniche di stampa è come una bellissima danza tra differenti possibilità. Un ambito di scelta più ristretto spesso può semplificare il progetto, mentre quando le possibilità sono illimitate, può essere davvero difficile prendere la giusta decisione. Il nostro lavoro ha un ambito di applicazione molto ampio: progettiamo dalla più piccola etichetta alle grafiche su edifici enormi. Le scelte che dobbiamo compiere in termini di stampa e supporti sono profondamente diverse in ogni circostanza. Ma trovare la carta perfetta, diciamo per caso, può condurre un progetto verso un’ispirazione e una direzione completamente nuove.
Quanto è importante per te il type design, e quali sono gli ingredienti di design efficace e sorprendente?
La tipografia è sempre stata al centro del mio lavoro. Spesso è il nucleo di un sistema e di un’identità su cui si basa tutto il resto. Con la tipografia si può esprimere tantissimo con poco. Se una parola è scritta, c’è la forma, lo stile e l’aspetto estetico. Poi c’è il significato letterale della parola, e ovviamente c’è il suono implicito. Un semplice, piccolo carattere tipografico può contenere un’energia profonda e vitale: questo per me ha del prodigioso, è meravigliosamente sorprendente. La creazione di un carattere unico premette a ogni business di avere un tono di voce che nessun altro ha. E dà molta soddisfazione il fatto che tutto questo stia diventando una parte fondamentale di molte nuove identità.
Pentagram lavora molto anche con la dimensione digitale. Come la fate coesistere con l’esperienza fisica?
La dimensione digitale è integrata nella maggior parte dei nostri progetti, indubbiamente. Tuttavia io intendo il mondo in termini di idee. Per me è tutta una questione di espressione delle idee e di forma. Non importa quale sia il metodo scelto per riprodurre quelle idee, il nostro punto di partenza è ben al di sopra della sua articolazione finale. Trova l’idea, insomma, e poi trova il modo più giusto per realizzarla. Pentagram è una realtà composta da singoli partner, ciascuno col proprio particolare approccio o specializzazione. Spesso ci riuniamo per trovare la migliore risposta ai brief, per esempio unendo intelligenza artificiale e dimensione sonora, graphic design e architettura o design di prodotto, e così via. Si tratta di integrare differenti discipline e approcci. Nella mia visione tutto coesiste, ogni cosa si innesta sull’altra, e le idee forti si esprimono collettivamente.
Uno degli elementi che contraddistinguono Pentagram dalle altre principali agenzie internazionali è il vostro impegno nel mondo della cultura e del no-profit: arti visive e performative, mostre, musei e fondazioni. Si tratta di attività che includono materiale digitale, stampato, allestimenti fisici ed esperienze immersive. Quali sono le peculiarità di questo settore quando si tratta di comunicare?
La cosa davvero importante per Pentagram è la vasta piattaforma in cui viviamo: essere in grado di lavorare con argomenti, tipologie di business e culture molto diversi tra loro. E poter crescere e imparare mentre lo facciamo è un vero privilegio. Investire in arte, cultura e tanto lavoro di beneficenza è per noi una ricompensa costante. Progettare per il settore culturale richiede spesso, come giustamente sottolinei, il saper integrare le tante sfaccettature di un’istituzione e del suo mondo. Dall’identità visiva allo spazio ambientale, da un minuscolo biglietto a un libro, un’app o un edificio. Tessere insieme tutto questo è fondamentale nella costruzione di una narrazione coerente che viene mostrata al mondo. Quando mi avvicino a questo tipo di lavoro, vado alla ricerca del cuore, il vero centro, il luogo dove sta il sentimento. Nessun progetto è uguale a un altro, nessuna istituzione funziona come un’altra. È sempre un nuovo viaggio alla scoperta della forma di espressione più autentica.
Tra gli ultimi progetti di Pentagram che portano la tua firma c’è anche il rebranding di Fedrigoni, storico gruppo cartario italiano di rilevanza mondiale. Come hai affrontato questo progetto, tra memoria storica e ricerca di rinnovamento?
Si è trattato di un progetto estremamente delicato. Sia per la storia del marchio, sia perchè ha richiesto a diverse aziende della divisione materiali autoadesivi premium di cambiare completamente identità per allinearsi alla nuova struttura globale di Fedrigoni. Un cambiamento molto coraggioso e a tuttotondo. Principalmente l’approccio, in termini di design, è stato quello della semplicità, e la ricerca del modo più chiaro e sincero possibile per rinnovare l’immagine di questa azienda così complessa e così amata. Come si può vedere, la tipografia è il centro di tutto il lavoro. Abbiamo usato la storia come trampolino di lancio per costruire un’identità molto moderna. In tutti i progetti in cui le aziende hanno una storia così importante, trovo che il passato sia sempre presente: è una grande risorsa, molto istruttiva, quando si cerca di capire qual è il modo migliore per progettare in maniera autentica.
Cos’è l’innovazione per Pentagram?
Accogliere il cambiamento costante è l’idea vitale di Pentagram. Innoviamo costantemente nel momento in cui invitiamo nuovi soci a unirsi a noi: il loro carattere e le loro competenze portano sempre dei cambiamenti nella nostra attività. Ciò si traduce in nuove idee e nuovi punti di vista riuniti allo stesso tavolo, e in modi inediti di lavorare e fare design. Quando i partner più anziani smettono di lavorare, la generazione più giovane porta l’attività al passo con il mondo attuale.
Quali sfide pensi che ci riserverà il futuro?
Le grandi sfide che vedo per tutti noi riguardano il bisogno di cambiare la direzione del nostro modo di essere, che sia la nostra relazione col pianeta o tra di noi. L’innovazione umana cresce costantemente e si muove a una tale velocità che per tutti noi diventa sempre più difficile restare al passo. Il fatto che siamo stati così enormemente distruttivi per così tanto tempo e su così tanti fronti, ci pone di fronte a una sfida immensa. Io credo che la grande sfida sia il nostro stesso futuro, e che la chiave di tutto sia la nostra capacità di adattamento in positivo.
Harry Pearce
Harry Pearce è graphic designer, artista e fotografo. Ha studiato al Canterbury College of Art. Prima di unirsi a Pentagram come socio nel 2006, ha co-fondato e gestito lo studio Lippa Pearce Design per 16 anni. Pearce ha lavorato in tutto il mondo per creare identità, installazioni, manifesti, packaging, libri e per tenere conferenze per clienti come i grandi magazzini di lusso Liberty, John Lewis e Saks Fifth Avenue, le case editrici Thames & Hudson e Phaidon Press, la Royal Academy of Arts, il Camden Art Center, WITNESS, la catena Waitrose, il quartiere culturale di Abu Dhabi, Berry Bros & Rudd, Pink Floyd, Lloyd’s of London, Fedrigoni, PEN International, l’Old Vic Theatre, il Science Museum e l’ONU. Per gli artisti Ai Weiwei, Anish Kapoor e Anthony Gormley ha creato le identità visive delle loro principali retrospettive alla Royal Academy of Arts. Il suo lavoro è stato esposto a New York, Parigi, Londra, Toronto, Napoli e in oltre 65 paesi con la mostra “Tolerance”.
Dal 1993 è membro attivo del board di For Witness, un ente di beneficenza per i diritti umani fondato da Peter Gabriel. È anche un membro attivo di Alliance Graphique Internationale e ha parlato a conferenze di design in tutto il mondo, tra cui Australia, Sud Africa, Nuova Zelanda, Stati Uniti, India, Olanda e Costa Rica. Pearce è autore di due libri: Typographic Conundrums (2009) e Eating With The Eyes (2015).
IG: @harrywpearce
Pentagram
Pentagram è uno studio di design indipendente e multidisciplinare fondato nel 1972 da Alan Fletcher, Theo Crosby, Colin Forbes, Kenneth Grange e Mervyn Kurlansky. Ha uffici a Londra, New York City, San Francisco, Berlino e Austin, Texas. I suoi 24 soci sono tutti designer professionisti con i propri team, e lavorano sia in collaborazione con gli altri soci, sia in maniera indipendente. L’attività di Pentagram include grafica e identità visiva, packaging e product design, mostre e installazioni, siti web ed esperienze digitali, pubblicità e comunicazione, fino alle produzioni audiovisive. La struttura organizzativa di Pentagram è unica: si tratta dell’unico grande studio di design in cui i proprietari sono anche i creatori dei progetti e fungono da contatto principale con ciascun cliente. Ciò riflette la convinzione che il grande design non può esistere senza passione, intelligenza e, soprattutto, impegno in prima persona, come dimostra un portfolio che copre cinque decenni, molti settori e clienti di tutte le dimensioni.