Non solo un passatempo da umarèll: le coperture dei cantieri sono vaste superfici stampabili in grado di trasmettere informazioni, aggiornamenti e persino bellezza, aiutando gli abitanti delle città a superare il disagio dei lavori in corso.
Di Roberta Ragona | Su PRINTlovers 102
L’edizione 2021 del vocabolario Zanichelli definisce così l’umarèll: “[vc. bolognese ‘omarello, ometto’ * 2007] s. m. (pl. inv. o pseudoingl. umarells) - (bolognese) pensionato che si aggira, per lo più con le mani dietro alla schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono”.
Una parola così azzeccata che sembra esistere da sempre, invece è stata inventa meno di vent’anni fa dallo scrittore Danilo Masotti. Guardare i lavori, però, non è più un’attività ricreativa per umarèlls: negli ultimi anni i grandi cantieri sono cambiati, insieme a un’idea di città come spazio comune. Oltre alla sicurezza e al rispetto delle normative, è diventato importante – in particolare per i grandi lavori di rilevanza pubblica – che il cantiere sia in grado di parlare di sé e della propria funzione nello spazio urbano. Svolgere una funzione di comunicazione, di divulgazione, e persino di sperimentazione artistica.
Il cantiere come opera d’arte
L’idea del cantiere d’artista viene da lontano. Nel caso del format “Cantiere Evento” della Fondazione Dioguardi, il primo esempio è del 1993, come ci spiega Francesco Maggiore, attuale presidente della Fondazione: «L’idea nasce da un’esigenza avvertita dal professor Dioguardi, che aveva vinto una gara per realizzare un parcheggio interrato in Place des Célestins, nel cuore di Lione. Gianfranco Dioguardi si pose il problema di alleviare il disagio di un cantiere in uno spazio urbano vissuto come il centro storico e quali azioni mettere in campo per far accettare il cantiere alla comunità. Nasce così il concetto di cantiere evento, una serie di iniziative a favore dei cittadini a carattere culturale, didattico e artistico. Nel 2016-2017 il primo cantiere evento viene realizzato in Italia in occasione del restauro del Teatro Lirico di Milano. Sono interventi che diventano particolarmente rilevanti soprattutto in casi in cui i cantieri hanno una vita molto lunga: in questo modo oltre ad attutire l’impatto del lavoro sul contesto urbano, si rende il bene alla cittadinanza già durante i lavori. Nell’arco di cinque anni abbiamo fatto entrare nel cantiere oltre 3000 persone, dai bambini più piccoli agli anziani, sempre in sicurezza». Il cantiere quindi come “opera parlante”: «Nel caso del restauro del Teatro Lirico il cantiere è stato rivestito con stampe su PVC traforato di grandissimo formato disegnate da Antonio Marras. La copertura è stata stampata, poi portata in un laboratorio teatrale dove Marras ha aggiunto degli interventi pittorici. Il terzo passaggio è stata l’applicazione di inserti tridimensionali di tessuti ignifughi da cantieristica, leggerissimi e pensati per evitare l’effetto vela. I limiti tecnologici, di sicurezza e normativi devono essere una spinta creativa: i materiali sono quelli di qualunque cantiere, ma immaginati in un modo diverso diventano una risorsa».
Un senso importante del progetto è informare i cittadini: «Per tutti i nostri cantieri realizziamo delle brochure, comunichiamo attraverso i social e attraverso il cantiere stesso: le superfici di copertura sono la “pelle” del cantiere verso il mondo. Per il cantiere di Milano abbiamo coinvolto gli studenti della NABA in un laboratorio fotografico e poi abbiamo esposto su grande formato, quindi stampate su PVC le loro fotografie, mentre per il cantiere evento del castello di Ginosa abbiamo portato le foto di Maurizio Montagna in tutta la città esponendole come 6x3 nelle bacheche comunali. Il cantiere si espande nella città non coi suoi disagi, ma col racconto della centralità del bene e dell’importanza di prendersene cura».
Da disagio a evoluzione: ribaltare la prospettiva
E proprio l’aspetto della comunicazione coi cittadini è stato uno degli assi portanti del progetto del concept di Mattia Reali (MOST) e Anna Resmini per il cantiere della “blu”, la linea M4 della metropolitana di Milano: «Per i lavori della M4 abbiamo progettato il concept e curato le declinazioni su un piccolo numero di cantieri pilota, poi la declinazione su tutta la restante estensione dei lavori è stata oggetto di un bando successivo. La richiesta era più ampia della semplice copertura cantieristica: si trattava di ragione sull’impatto a lungo termine su zone cruciali di Milano che attraversavano tutto il centro della città, sulle attività commerciali, i residenti e chi le abita ogni giorno per lavoro o studio». «Ci siamo occupati – prosegue Reali – anche di sviluppare tutta la parte infografica, sviluppando la prima mappa della metro 4. Abbiamo ripreso una serie di convenzioni del canone di comunicazione delle metropolitane di Milano, come le linee a 45 gradi classiche delle mappe dei trasporti, perché fosse sovrapponibile alla mappa cittadina. Al font utilizzato all’interno delle stazioni di Milano abbiamo affiancato un font monospaziato che desse l’idea del work in progress, del lavoro in corso d’opera. Al blu di M4 abbiamo abbinato una serie di colori accesi, che lavorassero bene a contrasto e con pochi dettagli, un tipo di illustrazione che potesse essere fruita facilmente anche in velocità».
Sottolinea Anna Resmini: «Quando si convive con un cantiere si ha a che fare con un doppio disagio, da una parte il rumore, lo sconvolgimento dello spazio, e dall’altra il fatto di non sapere cosa sta succedendo. Perciò abbiamo lavorato proprio sul cambio di prospettiva: il cantiere è un disagio, ma è anche un’occasione in cui la città muta per dare più servizi, per crescere. Il concept visivo da cui siamo partiti è un’analogia: il reticolo di una città dall’alto assomiglia alle venature di una foglia, cioè un organismo vivente e in evoluzione. In quest’ottica il cantiere è una cellula, generatrice di cambiamento e di crescita. Da questa analogia si è sviluppata tutta l’idea creativa e la progettazione della comunicazione. Ad esempio lungo tutte le cesate del cantiere abbiamo pensato a un pattern che riprendesse questa idea delle trame vegetali, che però sono anche trame della mobilità cittadina, i modi in cui le persone si spostano. Le illustrazioni sono posate a coppie, se in una c’è un tram che si muove su una rotaia nel modulo successivo ci rendiamo conto che quella rotaia corre sul reticolo di una foglia. Abbiamo sviluppato anche visual con esempi di movimento che vanno al di fuori della città, come fossero degli organismi in rapporto col proprio ambiente».
Anche nel caso dei cantieri della M4, le consuetudini del lavoro di cantiere forniscono una struttura su cui costruire la creatività: «In fase esecutiva abbiamo adottato un approccio modulare, lavorando su blocchi stabiliti in base alle dimensioni dei moduli della copertura, così che elementi di grafica e illustrazione si potessero giustapporre liberamente e nel caso dei moduli più didattici e informativi non ci fosse interruzione delle informazioni tra una cesata e l’altra. In questo modo l’allestimento poteva essere modulato sulle esigenze del singolo cantiere, orientando le parti più testuali e di informazione sulle aree a maggior traffico pedonale, e le parti di illustrazione – maggiormente fruibili anche a distanza – sulle aree di traffico automobilistico».
Le sfide tecniche della stampa e messa in opera
Abbiamo chiesto ad Alberto Masserdotti, amministratore delegato di Gruppo Masserdotti e a Ninni Bonica, fondatore di Digitalmedia come questi aspetti di progettazione si integrino nel lavoro di chi occupa della stampa e messa in opera di materiali per il grandissimo formato.
Il primo problema di fronte a questo tipo di progetti è di inquadramento: sul piano normativo il quadro è molto frammentato, con differenze a livello locale, comunale e nazionale. A fronte di un regolamento che è stato recepito da tutti gli enti, le declinazioni locali possono essere molto diversi, soprattutto in caso di immobili su cui insiste un vincolo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio. Anche la frequenza con cui un ufficio comunale si trova di fronte a questo tipo di iniziative influisce sulla semplicità di realizzazione: se a Milano, ad esempio, ci sono iter abbastanza consolidati per progetti che tengano insieme l’aspetto funzionale del cantiere, l’aspetto comunicativo e di branding e pubblicità e l’aspetto artistico, per i comuni più piccoli in cui questo tipo di operazioni ibride è meno frequente diventa tutto più complesso.
Il secondo tema è quello della sicurezza dei materiali di stampa utilizzati: la leggerezza per non gravare sulla statica delle impalcature, il trattamento ignifugo e l’effetto antivento. In fase di installazione vengono fatte delle verifiche da parte di ingegneri specializzati per certificare i dati di progetto. È necessario evitare l’effetto vela, e in questo è fondamentale l’esperienza diretta degli stampatori sul cantiere per valutare l’esposizione agli elementi, le modalità di installazione per garantire la migliore resa sia funzionale che estetica, ad esempio per valutare dove sia possibile o meno effettuare delle saldature in orizzontale tra le coperture in PVC, che consentono di risparmiare materiale, ma d’altra parte hanno una resistenza molto inferiore alle raffiche di vento, esponendo quindi la copertura al rischio di strapparsi.
Ma la sicurezza ha anche un aspetto di natura estetica: un cantiere può prolungarsi per mesi e talvolta anni, per cui la resistenza sul lungo periodo dei materiali stampati diventa fondamentale. Soprattutto nei casi come quelli dei cantieri d’artista – come il restauro della Torre della Ghirlandina con le opere di Mimmo Paladino riprodotte sulle coperture realizzate da Masserdotti o i Giardini del Quirinale con coperture di Digitalmedia – in cui la copertura ha anche una valenza visiva, è fondamentale che i supporti garantiscano una durata sul lungo periodo, altrimenti il valore estetico dell’intervento andrebbe perso. Nel caso della stampa UV gli inchiostri sono garantiti per due anni e la loro tenuta va di pari passo con l’aspetto dell’ingiallimento del telo dopo una prolungata esposizione alle intemperie, e all’elasticità dello stesso. I teli sono infatti esposti a escursioni termiche significative e a stress da calore: il PVC è un materiale plastico, per cui va calcolato anche il modo in cui reagirà in situ.
C’è vita dopo il cantiere?
L’ultimo aspetto riguarda il fine vita dei materiali: nel caso del microforato, i microfori per la loro conformazione tendono a raccogliere più facilmente le particelle con un effetto di ingiallimento del telo, essendo a contatto perenne con la polvere generata dal cantiere. Questo è un aspetto di cui tenere conto quando si parla di sostenibilità: per alcuni materiali il riutilizzo è più semplice che per altri. Ad esempio, i teli di PVC pieno possono essere riutilizzati commercialmente in maniera agevole, come fa il marchio Freitag, oppure per proteggere fienili e tettoie, come coperture per piscine o come base per l’interramento. Naturalmente questi riutilizzi vengono valutati caso per caso nel rispetto delle norme di legge in base agli agenti con cui sono stati in contatto durante i lavori.
Nel caso di un cantiere d’artista, la fine dei lavori non è però necessariamente l’ultimo passaggio: «Il cantiere è per una natura uno spazio in trasformazione, per cui il lavoro di documentazione diventa fondamentale. Per alcuni materiali – come le coperture d’artista e le installazioni – siamo creando un archivio fisico delle opere realizzate durante i diversi cantieri evento, testimonianza di quello che resta di un evento effimero», dice Francesco Maggiore.
Esperienze effimere che possono però mettere in moto meccanismi virtuosi di ripensamento degli spazi pubblici, come nel caso della mostra in Danimarca che nel 2019 ha raccontato il lavoro sul cantiere della M4: «In occasione dell’Italian Design Day 2019, in concomitanza con l’apertura del Citirynghen, la nuova linea circolare di metropolitana della capitale, siamo stati invitati dall’Ambasciata Italiana a Copenaghen a partecipare al programma di eventi con M4M Milano for Mobility – A project of graphics, illustration and design for the city, una mostra e una conferenza sull’integrazione dei cantieri nel paesaggio urbano attraverso il graphic design, dedicata al concept grafico all’origine della decorazione dei cantieri della M4», dicono Mattia Reali e Anna Resmini.
Insomma, a guardare i cantieri non ci troviamo più solo gli umarèll, ma pure gli appassionati di graphic design, urbanistica e comunicazione stampata.