Come si può raccontare l’italianità di una marca senza incorrere nella trappola dei luoghi comuni? Ci sono tanti modi, spesso abusati, che appiattiscono le caratteristiche delle aziende e li trasformano in stereotipi del made in Italy. Si avverte però la necessità di spiegare, in modo nuovo ed efficace, l’insieme dei valori su cui si fonda il prodotto italiano.
Di Roger Botti | Su PRINT 76
Con il progetto Granarolo, Robilant&Associati ha voluto sviluppare il racconto di un’italianità vera, fatta di pluralità, creatività, ingegno. E lo ha fatto attraverso una ‘semplice’ illustrazione, cuore del progetto di comunicazione, che sintetizza la filiera italiana del latte, fatta di centinaia di piccoli produttori eccellenti. Una foto-icona che sintetizza la minuziosa vastità delle piccole realtà locali, la genuinità, la passione.
In quanti modi si può raccontare l’Italia? Molte delle aziende che incontriamo ogni giorno si confrontano con la sfida di dare voce a un’italianità straordinaria ed esemplare: persone vere, professionisti appassionati, avanguardie tecniche e tecnologiche, minuziose eccellenze e grandiose visioni. Per tutte, la preoccupazione è la stessa: come valorizzare questo tema senza sacrificare la singolarità, il DNA irripetibile, la storia peculiare?
Tanta grandezza e “biodiversità” dell’impresa nostrana è difatti spesso insidiata dal grande concetto del “made in Italy”: abbaglio incombente, a volte più minaccia che opportunità, più appiattimento che unicità. C’è infatti un’italianità “da bandiera” vagamente abusata, calderone di stereotipi inflazionati e ormai vuoti. E poi c’è un’italianità vera, ancora densa e pensante nel senso, che è pluralità, creatività, ingegno.
Può essere origine, metodo, saper fare; leggero e sognante lifestyle o pesante meccanica; selezione delle materie o innovazione dei processi; ricette segrete o produzioni irripetibili. Ogni storia è una storia a sé che merita di essere rappresentata, valorizzata e divulgata per rapporto alla sua quotidiana eccezionalità.
Granarolo è un’azienda con una storia così. Con un’italianità speciale che abbiamo definito “agricola”. Quante aziende offrono ai consumatori “latte fresco”? Quante imprese possono presentarsi al mercato con la promessa di “latte italiano di qualità”? Quanti produttori si guadagnano la preferenza dei consumatori sulla base della prossimità? Quanti possono vantare un tratta mento rispettoso degli animali e dell’ambiente? Ebbene, più di una e in numero ogni giorno crescente. Ma quanti invece possono affermare di avere più di 700 soci-allevatori, presenti in 12 regioni italiane, con più di 6 mila mucche e una filiera garantita da oltre 400 mila controlli ogni anno su ogni fase della produzione? Soltanto uno.
Ed è questo l’elemento fondativo del progetto di branding realizzato per la gamma dei latti fresco e alto pastorizzato. Qualità, filiera, prossimità, benessere animale e benessere per il consumatore: questa è l’Italianità eccellente di Granarolo, questa è l’italianità che nessun altro offre e interpreta cosi.
Ecco perché una “semplice” illustrazione è il cuore di questo progetto: un’Italia agricola, da nord a sud la filiera italiana del latte fatta di centinaia di piccoli produttori eccellenti, la più grande in termini di capillarità sul territorio. Un’illustrazione-manifesto che in maniera immediata e diretta dice ai consumatori: siamo grandi, perché siamo la somma di tante piccole e autentiche realtà locali; siamo appassionati, perché mettiamo insieme l’amore e l’impegno dei tanti soci; siamo rispettosi perché abbiamo a cuore il benessere delle nostre mucche; siamo buoni perché il nostro latte è genuino, controllato e garantito in ogni fase. Siamo Granarolo, la più grande filiera italiana del latte. Una semplice, iconica, descrittiva e chiara sintesi: l’Italia agricola è la forza di Granarolo.
Restyling del pack? Certo, by the way. Ma più di tutto un progetto fondativo per la marca, una strategia di riqualificazione del posizionamento del brand volto a sancire una nuova pagina della storia Granarolo.