Tendenze

Esplode il to-go food packaging

Anche noi italiani, popolo di raffinati gourmet, abbiamo ormai ceduto alla moda del food delivery. Sempre di più ordiniamo i nostri pasti online e restiamo in trepidante attesa delle confezioni gourmet, consegnate dai corrieri in bicicletta. È nata dunque un’importante nicchia di packaging nomade, destinata al trasporto dei pasti pronti. E all’interno delle confezioni, si trovano anche brochure informative, schede, libriccini di ricette.

Di Anna Aprea | Su PRINT 70

Immagini 2 e 3  © Pixartprinting

Chi l’avrebbe detto che anche noi italiani, così amanti delle tradizioni culinarie e del buon cibo, ci saremmo abituati all’idea di ordinare online i nostri pasti, aspettando sull’uscio di casa il corriere a bordo dello scooter, felici di spacchettare al più presto la scatola-gourmet per mangiare tutto in quattro e quattr’otto? Eppure è successo. Non vogliamo cucinare più. E le ricerche parlano chiaro: quattro italiani su dieci mangiano fuori casa almeno una volta alla settimana (indagine Ipsos per Tutto Food) e di questi il 57% considera lo street food e l'online delivery possibili sostituti del ristorante tradizionale.


51% degli italiani ha ordinato cibo da asporto nel 2015
3 la media di volte al mese in cui si ordina to-go
440 i milioni di euro di valore del mercato nel 2015
39% di italiani ordinano tramite telefono
 

Confezioni biodegradabili, un must
Ordinare pasti da farsi recapitare a casa è ormai un’abitudine consolidata, trainata anche dalle tante app e piattaforme sempre più efficienti. Insomma l’Italia dei buongustai sembra aver deciso di chiudere le cucine di casa e i motivi sono comprensibili: il tempo per mettersi a spignattare è sempre più ridotto, di pari passo la voglia. Cosi gli Artusi sono finiti in soffitta, sostituiti da cibi pronti o cene ordinate via cellulare, tutto a cuor leggero senza neppure accendere i fornelli. Apri la confezione, apparecchi, mangi, smaltisci. A proposito di smaltimento, la riciclabilità della mail box è uno degli aspetti più importanti, il presupposto numero uno, dicono le ricerche, perché il nostro giudizio nei confronti della piattaforma che offre il servizio sia positivo. E poiché oggi carta e cartoncino sono gli unici materiali ad alta sostenibilità, il packaging (almeno quello secondario) del food delivery è tutto biodegradabile o composto da materiali riciclati. Tuttavia il problema dell’impatto ambientale esiste eccome... visto che la posateria è tutta in plastica. Ma il fenomeno del cibo on the go è relativamente nuovo, e ancora poco studiato. Una cosa è certa, che la qualità dei materiali che compongono i contenitori del food delivery è vista come diretta espressione della qualità del contenuto.

Sette milioni gli italiani del food delivery
Cerchiamo ora di capire quanto vale il business del food on demand. A livello internazionale, le dimensioni sono di oltre 210 miliardi di dollari, ossia il 43% del mercato della ristorazione mondiale (dati Techcrunch, 2016). L’ipotesi di sviluppo prevede, almeno negli USA, uno spostamento di paradigma che porterà l’ordine online a dominare su quello offline nel prossimo decennio (Wall Street Research Reports and Public Company Filings, 2015). In Italia si stima che il fatturato generato dall’out of home nel 2015 si aggiri sui 440 milioni. E dai dati forniti dall’Osservatorio Nazionale Gfk Eurisko 2016 scopriamo che il 51% degli italiani ha acquistato l’anno scorso cibo da asporto, andando di persona a ordinarlo, il 39% lo ha fatto via telefono, il 2% da cellulare o pc. Si stima poi che ben 7 milioni di persone (il 19% degli italiani) dimostrano una intention to buy nel mercato dell’online food delivery. Chi sceglie il delivery poi, racconta ancora l’Osservatorio, lo fa a casa, ma anche in ufficio, con una media di tre volte al mese.

Un business che fa gola a molti
Tra le piattaforme leader c’è Just Eat, il marketplace che si occupa di far incontrare domanda e offerta, precursore di tutti, colosso quotato in borsa con un fatturato di 247.6 milioni di sterline, 14 milioni di clienti, presente in 15 paesi, che serve in Italia 10 città, da Milano a Palermo. Ai ristoratori suoi clienti Just Eat propone persino un servizio di vendita online di packaging da personalizzare, volantini, contenitori in cartoncino, magliette e tanto altro. A Just Eat seguono Foodora e Foodinho, quest’ultima cento per cento italiana, fondata dall’ex bocconiano Matteo Pichi, acquistata dalla spagnola Glovo. Poi c’e Deliveroo, valutata oltre due miliardi di dollari, che negli ultimi sei mesi ha visto raddoppiare gli ordini in Italia. Anche Uber, il servizio di taxi “alternativi” ha lanciato Uber Eats con il claim “Ordina il cibo che vuoi dai tuoi ristoranti preferiti: lo riceverai alla velocità di Uber”. Dulcis in fondo, Amazon che dopo un anno di rodaggio negli Stati Uniti, è sbarcata in Europa con il servizio Amazon Restaurants. E in Italia garantisce agli utenti del servizio Prime Now la consegna in un’ora di prodotti del supermercato U2 di Unes e NaturaSI.

Pack rassicuranti, che raccontano il contenuto
Come ci spiega Roger Botti, direttore generale di Robilant Associati, il consumo di pasti fuori casa vale in Italia ormai oltre il 35% del totale dei consumi alimentari delle famiglie e il trend segue una crescita moderata e costante. Ma da quali bisogni è generato questo fenomeno? “Sono molte le sfaccettature — dice Botti — per chi lavora sicuramente, il consumo fuori casa non è più una scelta ma un bisogno. Il desiderio vero oggi sarebbe mangiare a casa, non potendo però a causa del lavoro, non ci si accontenta più di panini e pizze ma si cercano piatti simili a quelli che si preparerebbero a casa, più salutari e leggeri. Ecco perché abbiamo visto crescere sempre più il consumo di insalate e zuppe pronte”. Siamo davanti a una vera rivoluzione delle abitudini alimentari, che si vede a occhio nudo guardando gli scaffali dei supermercati, affollati di piatti pronti, zuppe, vellutate, passati, fantasie dell’orto. “Il packaging di queste nuove categorie — continua Botti — trova molto spazio in mass market, dove tra l’altro i piccoli formati cittadini, si sono trasformati in veri e propri distributori di pausa pranzo. La gente ha imparato a mangiare meglio e cerca pack rassicuranti, trasparenti, che raccontano il con contenuto, che lo mostrano, oppure che ricordano il ‘cibo di casa’ che tanto ci manca: vaschette che imitano il coccio, un grande recupero della carta, che riporta ad un tempo in cui le confezioni erano del negozio sotto casa. I piatti pronti freschi stanno diventando prodotti che entrano nella lista della spesa, anche grazie ad una shelf life media che aiuta la programmazione della settimana. Bonduelle, Dimmidisì, Viva la Mamma, sono alcuni dei protagonisti di questo mondo, in apparenza semplice, ma che nasconde prodotti e sistemi di conservazione evoluti”.

Street Food confezionato in modo basic
“Una seconda categoria di consumatori di pasti fuori casa è rappresentata dai giovani — riprende Botti — che si ritrovano spesso soli tra frigoriferi vuoti e fornelli abbandonati (il 50% degli italiani passa oggi meno di mezz’ora al giorno a far da mangiare), e che preferiscono evadere e uscire alla ricerca di food on the go oppure ordinare a domicilio easy food. Una testimonianza forte di questo fenomeno è la scelta di McDonald di attivare il servizio di delivery anche in Italia. Questo tipo di risposta si trova on the street, a un costo contenuto, di facile consumo, sfiziosa ed ecumenica nei gusti. Il packaging gioca un ruolo accessorio, spesso è molto basic, anche perché consumato sul posto, piuttosto il servizio di consegna avrebbe bisogno di sistemi di conservazione e trasporto idonei. La versione convenienza di queste proposte, rende comunque accettabile anche alcuni difetti, in ragione della facilità. Brand come Spontini, Dominos Pizza e ultimamente anche McDonald propongono servizi take away o delivery”.

Nelle mail box schede, brochure, pieghevoli
Dopo il Take Away, nel panorama del Food Delivery, ha preso corpo ancora un altro segmento, anch’esso relativamente emergente: quello dei meal kit. Si tratta di un servizio di consegne a domicilio che offre un packaging completo di pasti pronti, che variano dalle formule basic alle proposte vegan, gluten free, fino all’ alta cucina oppure con ingredienti già preparati per fare in casa piatti prelibati, seguendo le ricette di chef stellati. “Se la mamma non cucina più — commenta Roger Botti — allora si dà libero sfogo alla sperimentazione alimentare, dopo anni di tradizione ci siamo aperti al pesce crudo, alle torte americane, al fish and chips, ai burgher ma di Fassona. Per poterli sdoganare li abbiamo resi gourmet”. All’interno delle confezioni, oltre ai cibi, si trovano brochure informative, schede, libriccini di ricette. Perché l’emozione dell’esperienza gourmet passa anche attraverso la carta. “Per essere credibili in quest’ambito — dice sempre Botti — il packaging dei prodotti deve essere ricercato, anche se semplice e capace di offrire un servizio intelligente, comunicare con entertainment, insomma deve trasmettere qualità perché possa passare il giudizio  delle famiglie italiane”.

I big del settore investono nei Food box
Tutti i big del settore stanno volgendo la propria attenzione al fenomeno. Da Unilever che ha finanziato Sun Basket, famosa startup dei meal kit, a Campbell Soup che ha investito 10 milioni di dollari in Chef ’d, a Nestlé che ha messo 77 milioni di dollari in Freshly già presente in 28 Paesi USA. E di pari passo anche i bei nomi della gastronomia italiana hanno deciso di cavalcare l’onda della pappa pronta. La Barilla ha messo a punto una linea di prodotti pre-confezionati abbinati a un forno ad hoc: si versa in pentola il kit, si digita il codice del piatto scelto e al resto pensa l’elettrodomestico che, assicura la pubblicità, “cuoce, prepara, dosa, impasta, lievita, manteca e scongela”. 

Ikea: cuoci quel poster per favore
A rimarcare l'attenzione che anche Ikea riserva ai nuovi fenomeni che attraversano il mondo del food, è di recente arrivata The Ikea Recipes Series: un set di quattro fogli di carta con le istruzioni per l'assemblaggio di un piatto perfetto, fatto con ingredienti della bottega, dal salmone alle famose polpette. Il progetto è di un'agenzia di Toronto, ed è già disponibile negli store canadesi del gruppo. Ma non è tutto, la sorpresa vera e propria si chiama Ikea Cookbook un ricettario con istruzioni per ‘montare’ i piatti step by step come nei libretti allegati ai mobili.

Le chiamavano macchinette
Con 800.000 distributori automatici, l’Italia ha il primato delle vending machine, che non propongono più soltanto caffè, snack e bevande. Ora le ‘macchinette’ offrono piatti pronti, sfornano pizze, primi piatti, zuppe, insalate, centrifugati, frutta e interi menu. Secondo il Censis sono 5 milioni gli italiani frequentatori abituali delle macchinette. Con l’aumento dei consumi alimentari fuori casa, la filiera ha registrato un boom. Oggi fattura 3,4 miliardi di euro e si è trasformato in un canale distributivo vero e proprio. Anche perché i distributori sono un concentrato di tecnologia, connesse alla rete, interattive, dotate di schermi touch. NaturaSì, catena italiana di supermercati bio, ha appena lanciato i suoi distributori automatici con una offerta biologica e salutista.

 
La gente ha imparato  a mangiare meglio e cerca pack rassicuranti, trasparenti, capaci di raccontare il contenuto, mostrarlo, ricordare il cibo di casa

 


02/04/2018


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