Nobilitazioni, formati, materiali, tecniche di stampa. Abbiamo chiesto a quattro studi di design — 63De-Sign, GFC Associati, RGB Srl, Malodesign — tutti specializzati nelle etichette, di raccontarci quali sono in questo momento gli orientamenti e i gusti dei clienti. Ma anche come, dal loro punto di vista, potrebbero evolversi la progettazione e la produzione.
Di Anna Aprea | Su PRINT 77
La personalizzazione: fin dove potrebbe spingersi?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: La personalizzazione può avvenire a più livelli: se si parla di un design unico per persona (ed è già è possibile), se invece si pensa ad un particolare materiale dedicato per firmare un brand (possibile con impasti di carte studiate ad hoc) o se invece è esperienziale e quindi interattivo. Qui il limite è il pensiero progettuale.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: La personalizzazione è un tema attualissimo e di grande stimolo per noi. La flessibilità e la commistione fra tecniche di stampa tradizionali e stampa digitale ci permettono già di ottenere delle variabili che vanno incontro a istanze dei clienti sempre più pressanti. Poter avere tirature esclusive in piccole serie stando attenti alle dinamiche di costo. Ma questo è l’aspetto più semplice dove il rapporto è fra designer e committente. La sfida sarà quella fra cliente finale e designer, sfida nella quale probabilmente dovremo poter trovare soluzioni dedicate al consumatore finale con interazioni che passano attraverso la digitalizzazione, i microchip, le tecnologie chatbot, la fruizione dei prodotti attraverso stimoli non solo visivi ma immersivi. Sappiamo bene quanto l’esperienza d’acquisto stia mutando, a favore del web. Il consumatore si allontana dall’acquisto tradizionale, preferendo altre modalità di servizio, ma non rinuncia all’esperienza di un packaging dal valore estetico, e se questo gli garantirà anche un’esperienza di esclusività e di personalizzazione, ancora meglio.
Gabriele Mian: Grazie alla collaborazione costante tra diverse figure professionali – il designer, il tipografo e il fornitore di materiali – e al continuo sviluppo di nuove tecnologie, non esiste veramente confine alla personalizzazione. Lo sviluppo della tecnologia in questo come in molti campi, ad esempio, ci permette di raggiungere soluzioni personalizzate anche su quantità di stampa ridotte, portando benefici sia dal punto di vista economico che creativo.
Diego Marullo: Oggi la personalizzazione nel settore del packaging Wine & Spirits non ha più limiti. Possiamo personalizzare il vetro della bottiglia, creare quindi un contenitore unico, sia nella forma che nei colori, aggiungere decori o incisioni. Possiamo creare qualsiasi tipo di etichetta, abbiamo la possibilità di personalizzare capsule, sugheri, i top dei tappi fungo. Abbiamo poi gli Sleever con i quali è possibile decorare tutta la bottiglia. Ogni elemento del packaging di una bottiglia è personalizzabile. L’unico freno è il budget del progetto: proprio in base a questo dobbiamo essere in grado di creare progetti eccellenti per qualsiasi portafoglio.
Quali sono le tendenze nelle etichette in fatto di design, nobilitazioni, formati?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: Nel wine design, che mai come oggi sta godendo di una super tecnologia, la tendenza in generale è di sfruttare al massimo quanto di più innovativo e particolare si possa adattare al progetto grafico. Siamo designer da circa 30 anni, da 5 in questo settore, affascinati dalle innovazioni di stampa e dalla ricerca sui materiali: pigmenti anche luminescenti, lamine speciali e carte non solo di legno (cotone, polvere di marmo, scarti biologici) che aiutano il racconto. Il vino oggi crea tendenza, ha più che mai una forte affinità con lusso (affordable luxury), col mondo del fashion e del design. Gli stili variano secondo i mercati, si va verso la rincorsa all’unicità. La difficoltà è offrire distintività e bellezza nella narrazione anche con budget piccoli, senza penalizzare la qualità del brand. In questo ambito tecnologia smart, stampa digitale e vernici tattili sono usate con qualità anche per piccole tirature. Per Opera Rosès - brand della prima azienda vinicola italiana dedicata solo al vino rosato – abbiamo studiato un’etichetta che esprime la leggerezza della primavera sul Garda. Per raccontarla abbiamo deciso di usare la tecnica di paper-cut. L’etichetta ha trovato una sua edizione partendo da un film trasparente, nobilitato da un bianco in più passaggi che ha regalato la sensazione dello spessore del taglio cartaceo e l’uso di due lamine della nuova gamma Luxoro: una bronzo rosato e una cangiante per dare luce e tridimensionalità al pizzo. Un attento lavoro di ricerca ci ha consentito di realizzare un effetto di grande eleganza.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: Mai come in questo momento un designer dispone di tali e tanti strumenti per manifestare la propria creatività. Si percepiscono nuove tendenze non soltanto sul versante estetico ma soprattutto nelle modalità di realizzazione del packaging. E questo grazie alla ricerca di tanti player che contribuiscono ogni giorno allo sviluppo di innovazioni che ci aiutano a trovare soluzioni fino a qualche anno fa impensabili: dalla stampa ai supporti cartacei, dalle nobilitazioni alle forme dei contenitori, dai materiali tradizionali a quelli eco-sostenibili. Tuttavia in questo scenario di grande stimolo, vediamo una tendenza all’esagerazione e alla sovrapposizione, al non considerare il vero spirito di una creatività che non deve solo stupire ma assolvere alla sua funzione di servizio al consumatore. Ciò non vuol dire conformarsi a canoni precostituiti, anzi la sfida è proprio quella di essere sempre più creativi, salvaguardando i canoni propri di ogni prodotto. Dopo un primo momento di stupore sarà difficile per un consumatore far proprio l’acquisto di un vino che somiglia a una birra, o un profumo che sembra un giocattolo per bambini. Con questo diciamo solo che un packaging di successo deve avere il plauso di chi si occupa di stile, ma soprattutto deve avere una resa efficace e duratura nel mercato. Perché è al mercato che deve rispondere. Per poter essere scelto in mezzo a tanti altri.
Gabriele Mian: Il minimalismo regna sovrano: pensate a tutti i grandi marchi, che sono passati da uno stile classico molto carico e ricco di elementi a uno moderno e minimale. Così facendo, anche il packaging diventa più semplice, lineare e di più facile lettura. I colori sono principalmente tenui, pastello. A volte però sconfinano in sfumature che contengono al loro interno tonalità fluo. Forma e sovrapposizione di materiali sono stati e verranno molto spinti da parte dei designer anche in questo 2019. Sono elementi che danno libero sfogo alla composizione, alla creatività. Se fino a poco tempo fa, per esaltare l'immagine di una etichetta o di un determinato pack, bastava l'utilizzo di una lamina in oro, adesso finiture come l'embossing o il debossing vengono mescolate a diversi materiali e lavorazioni, per creare soluzioni uniche ed innovative. Uno dei trend di sicuro interessante, soprattutto nei mercati asiatici, è rappresentato dalle etichette smart: in Italia chiamate “etichette intelligenti”, ora non sono più unicamente O2O (offline to online), ma creano una sinergia tra gli elementi O+O (online + offline). Grazie ad apposite applicazioni è possibile ad esempio ordinare direttamente, e in pochi passaggi, la bottiglia di vino che si sta degustando.
Diego Marullo: La tendenza generale è una ‘pulizia grafica’ che non vuol significare minimalismo, ma l’evitare di aggiungere inutili elementi di confusione e distrazione nella lettura dell’etichetta. Un etichetta deve essere ben leggibile, incuriosire e attrarre il consumatore al colpo d’occhio. Ecco quindi che ogni forma di nobilitazione e lavorazione tipografica aiuta a valorizzare i nostri progetti, come ad esempio le vernici braille, l’uso di particolari rilievi tridimensionali, le varie lamine nelle loro molteplici versioni, i colori metallizzati, i glitterati, l’aggiunta di elementi quali sigilli in resina; le fustelle che determinano la forma dell’etichetta, fino ad arrivare a etichette dove parte della carta viene rimossa per creare dei giochi grafici. Un’altra tecnologia interessante è la stampa digitale “mosaic”, che ci consente di avere una personalizzazione infinita della stessa etichetta (vedi Nutella, Coca Cola). Ovviamente tutto ciò deve essere utilizzato con la massima sensibilità per non snaturare e rovinare un progetto. Per l’uso delle tecnologie Smart, anche se lento in Italia, vedo un futuro interessante, come ulteriore mezzo di comunicare easy e attuale.
Parliamo di un’etichetta che esprima la vostra filosofia progettuale?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: Elaboriamo di solito soluzioni sempre innovative e ci impegniamo volentieri in progetti dove è richiesta una particolare abilità tecnica-stilistica. È il caso di Colomba Platino, vino storico del Gruppo Duca di Salaparuta, voluto da Topazia Alliata nel ‘59. Oggi si presenta come allora nella bottiglia (renana) slanciata ed elegante. L’esigenza era quella di ringiovanire un prodotto classico destinato a un mercato alla ricerca continue novità. Il restyling, iniziato internamente al Gruppo con lo studio dell’evocativa fustella a forma d’ala voluta da Stefano Pellegrini (Design & Communication Manager - Spirits), lo abbiamo arricchito con un attento studio di lettering e una texture ispirata alla colomba di Picasso in memoria della grande passione per l’arte di quei tempi che tanto ispirava Topazia. La carta che abbiamo scelto é la Icy White Ice Premium di UPM Raflatac perché offre un al consumatore una esperienza tattile naturale ed importante, con un punto di bianco che lascia risaltare il brand in argento e garantisce una ottima performance nel cestello.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: Ci occupiamo quasi sempre di un posizionamento generale dell’immagine di un’azienda. In questo contesto non vediamo l’etichetta come un progetto isolato, ma come un elemento che fa parte di un processo creativo, organico e coerente, in linea con il sentiment che l’azienda vuole trasferire. Ogni progetto è frutto di un’analisi profonda del contesto, del target di riferimento, delle aspettative del cliente, delle sedimentazioni per linee di prodotto, dei mercati nei quali sarà collocato. Ci troviamo sempre più spesso di fronte a modalità di gusto che variano in funzione dei mercati nei quali il prodotto dovrà essere collocato. Una case-history di successo ha riguardato il rebranding di Cantine Coppi, la quale dopo molti anni ha deciso, in virtù anche di un cambio generazionale, di riproporsi sul mercato con una immagine completamente nuova. Un progetto globale che ha riguardato la brand-identity, la stratificazione verticale di tutte le linee, pur mantenendo un family feeling che potesse rendere coerente il messaggio di ricercatezza nella realizzazione, e di valore di tutti i vari prodotti.
Gabriele Mian: Siamo un'agenzia multisensoriale: i nostri progetti vengono realizzati seguendo tutti gli input che accogliamo durante la prima analisi, siano essi dati derivati dai mercati, necessità o anche semplici sensazioni trasmesse dal cliente. Allo stesso modo, quando creiamo un'etichetta, la nostra visione viene arricchita da una serie di elementi che renderanno unico il progetto finale. Come nel caso di questa serie di etichette, realizzate per un'importante azienda turca che esporta i suoi prodotti in tutto il mondo. Parliamo di tre vini, due rossi e un bianco, che hanno come comune denominatore il tempo che trascorrono nel processo di affinamento in botte: questo è stato il tema della progettazione che ci ha portati a realizzare tre diverse etichette, una per ogni singolo prodotto, nonostante siano appartenenti ad un’unica linea. I protagonisti di questa serie sono una fase lunare, una decorazione che ricorda l'inizio del ‘900 e gli anelli di un tronco sezionato. Potrete notare come la grafica venga sempre racchiusa all'interno di un cerchio; come il logo e il nome del vino siano posizionati sempre nello stesso punto e come anche le lavorazioni in lamina e di verniciatura Braille compaiano in tutte e tre le etichette, anche se in modi diversi.
Diego Marullo: Parliamo di due progetti: uno classico, uno moderno. Il primo è il restyling eseguito per Castello di Verrazzano sulla sua storica etichetta del Chianti Classico. Siamo partiti ripulendo ogni elemento grafico presente che negli anni e nelle varie ristampe si era sciupato e rovinato. Ogni lettera è stata ridisegnata a mano e ‘ringiovanit’, eliminato ogni elemento superfluo, ricreato la vecchia impaginazione, ma donando più respiro e leggibilità. La stampa ha enfatizzato il progetto, abbiamo scelto una carta cotone per conferire un’importanza e storicità molto forte, eliminato l’oro e ricercato un colore nero ultra profondo. Alcuni elementi braille hanno poi conferito una modernità che contrapposta alla classicità della composizione, ha dato nuova vita a questa etichetta, patrimonio della storia del castello. Il secondo progetto riguarda 958 Santero Pop Art. La richiesta era avere un prodotto ambasciatore dell’azienda che veicolasse il brand in maniera easy per un target giovanile. Abbiamo preso spunto dalla passione del titolare dell’azienda per la pop art, quindi sfruttando lo sleever, abbiamo rivestito tutta la bottiglia di giallo e disegnato sopra un etichetta che riporta solo il brand, inoltre abbiamo aggiunto una particolare fascia verticale bianca, che simula un riflesso di luce, come se la bottiglia fosse dipinta su un quadro. La 958 Santero Pop Art è oggi riconoscibile in un batter d’occhio.
Quanto conta, nella progettazione, la forma della bottiglia?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: Non si può prescindere da essa. Il progetto di design e il “movimento” della fustella - importantissimi per impreziosire e vestire la bottiglia - devono trovare un equilibrio estetico. La label resta il primo mezzo di comunicazione del prodotto.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: Se parliamo di vino e olio, la scelta della bottiglia è il primo passo verso un buon risultato. La bottiglia è una fonte di stimolo creativo e contribuiamo spesso alla creazione di valore attraverso la forma. Bastano piccoli dettagli per rendere esclusiva una bordolese qualsiasi, e non mi riferisco solo al logo in rilievo vetro su vetro. Collaboriamo spesso con le vetrerie per apportare piccole modifiche che rendano la bottiglia unica per il nostro cliente. In questo senso il mondo dell’olio è maggiormente ricettivo rispetto al vino.
Gabriele Mian: Nel nostro lavoro esistono diverse componenti che influenzano la progettazione finale di un'etichetta. Se dovessimo suddividerle per importanza, credo che la forma della bottiglia potrebbe valere circa un 30% della potenzialità finale. La bottiglia impone già la forma dell'etichetta. Orizzontale o verticale? Avvolgente o meno? E ci permette di capire a che altezza questa debba essere applicata. Riteniamo sia comunque indispensabile conoscere sin dall'inizio del progetto quale sarà la forma della bottiglia sui cui la nostra etichetta dovrà essere applicata.
Diego Marullo: La forma della bottiglia è fondamentale, basta pensare che l’etichetta è l’abito della bottiglia. Come ogni bravo sarto dobbiamo quindi creare uno shape e individuare formati che valorizzino la bottiglia stessa.
In base a quali elementi selezionate le carte?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: Scegliamo le carte per le loro caratteristiche tecniche. Poi per conformità al budget. Sicuramente consideriamo la resa cromatica. Ci sono carte che regalano lucentezza e profondità ai colori, altre materiche che aiutano la tridimensionalità del design in stampa. La carta è il supporto più nobile con il quale esprimersi.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: L’anima di una etichetta è la carta, il luogo della creatività, ciò che ispira la rappresentazione delle nostre idee, la superficie sulla quale si materializzano i desideri di un designer. La migliore creatività senza la giusta carta perde la sua efficacia. Non esiste una regola, il tutto si basa su sensazioni, ruvidità, tattilità, spessore, colore. Sono tanti aspetti che si sommano e contribuiscono alla scelta, indubbiamente di grande importanza: quelli tecnici, la compatibilità con la stampa o le nobilitazioni, la resa alle sollecitazioni termiche, all’acqua. Comunque sempre facendo sì che la superficie viva il più possibile, non diventando solo una base, ma che si mostri dando valore alla rappresentazione del prodotto.
Gabriele Mian: Ci stupiamo sempre, nonostante i nostri diciassette anni di attività, di come la carta sia in grado di capovolgere l’aspetto finale del progetto. Essa infatti esprime, al pari della grafica o delle lavorazioni, diversi concetti che stanno alla base del prodotto e che soprattutto sono in grado di attrarre il target ideale del prodotto stesso. In questo processo di scelta del supporto corretto non dobbiamo inoltre mai dimenticare altri fattori esterni, come il canale di vendita, la tipologia di prodotto, le condizioni di conservazione e il metodo di servizio.
Diego Marullo: In primis per il tipo di vino, esistono carte per vini rossi, e carte dedicate per i bianchi, resistenti all’umidità, e quindi al cestello dei ghiaccio. Poi entra l’aspetto sensoriale, ovvero individuare una carta che rispecchi, valorizzi il progetto, lo renda unico.
Con quali criteri scegliete le aziende di stampa?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: Lavoriamo con aziende che hanno un loro ufficio qualità e controllo. Abbiamo lavorato con Unilabel, una azienda toscana con la quale abbiamo svolto molta sperimentazione e che resta un punto di rifermento per molti lavori in corso. Da alcuni mesi stiamo collaborando con Eurostampa, fornitore ufficiale di Illva-Gruppo Duca.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: La scelta delle tipografie è fondamentale per materializzare un progetto nel modo desiderato, lo facciamo attraverso una profonda conoscenza delle loro competenze che possono variare in funzione dell’esperienza acquisita su determinate lavorazioni, o su tecnologie di stampa innovative o specifiche. Lo scenario competitivo è abbastanza ampio, ma è nostra prassi non occuparci di quanto costa il prodotto finale, incombenza che preferiamo demandare ai nostri clienti. In questi anni abbiamo comunque selezionato quelli che rispondono al meglio in termini di servizio e qualità, ma soprattutto in termini di rapporti umani, comprensione e risoluzione dei processi di stampa. Consideriamo gli stampatori dei maestri dai quali attingere esperienza e consigli utili per affrontare sfide creative realizzabili, in senso tecnico ed economico. Dobbiamo sempre ricordare che il progetto è funzionale alla reale fattibilità e congruità economica.
Gabriele Mian: La capacità di risolvere i problemi e fornire soluzioni: questa per noi è la principale caratteristica che ricerchiamo continuamente nei nostri partner. La stampa è un processo fondamentale ma non è l'ultimo passo da compiere prima di vedere realizzato il nostro progetto. Alla fine c'è l'applicazione, sulla bottiglia o su un determinato prodotto, del “vestito” che abbiamo progettato. Spesso ci rechiamo nelle diverse aziende per capire quale possa essere il processo di applicazione dell'etichetta o di un determinato packaging. Il processo di stampa resta comunque un passo molto delicato che deve essere affrontato con scrupolo. Per i nostri progetti, da qualche anno, abbiamo scelto di collaborare con la Labelit, tipografia dal rinnovato dinamismo e in continua crescita, che ci dà un'importante garanzia (oltre a un'ottima qualità) quella di rispondere sempre in modo celere e di aiutarci a risolvere i problemi che possono presentarsi in un mondo sempre più esigente.
Diego Marullo: Generalmente le grandi aziende hanno già i loro fornitori fidelizzati e sono tutte tipografie eccellenti, quindi il nostro compito è quello di confrontarci coi tipografi prima della produzione per definire il progetto e individuare le soluzioni adatte per ottenere il miglior risultato qualitativo. Con le aziende che ci chiedono suggerimenti o nominativi, ci regoliamo in base ai quantitativi di stampa e alle tecnologie di stampa utili al progetto. Le aziende che più frequentemente utilizziamo sono: MCC Multicolor, Modulgraf , Fustelgrafica, Grafiche Seven gruppo Autojon – Verona.
Con lo sviluppo della stampa su vetro si può pensare che, in prospettiva, le etichette in carta possano scomparire. Cosa ne pensate?
Cristina Vannini, Roberto Ghioni: L’etichettatura ti dà una enorme flessibilità, basta solo pensare alle differenze dei requisiti richiesti da ogni Paese. La stampa diretta su vetro non è un’alternativa, ma un diverso mezzo espressivo.
Fabio Barnaba, Piero Narcisi: Questo è un aspetto che di recente stimola la nostra fantasia, che tuttavia è frutto di una futura visione di eco sostenibilità, che a sua volta è un argomento di cui molto si discute, sul quale probabilmente bisogna avere un approccio più avanzato. Bisogna incominciare a discutere sul senso vero dell’eco sostenibilità attraverso una reale riduzione dell’impatto del packaging sul sistema, che malgrado l’impegno profuso è ancora molto lontano da un obiettivo concreto. Se dovessimo pensare a una rivoluzione nel settore delle etichette credo che questa potrebbe essere una strada percorribile, con macchine da stampa in linea nel processo d’imbottigliamento. Tale processo andrebbe incontro ai grandi produttori che hanno svariate linee o private label. Questa ipotesi è antitetica rispetto al nostro lavoro di designer, legati al mondo della carta e alla sua bellezza, ma potrebbe essere una modalità ricca di nuove sfide.
Gabriele Mian: Il vino è un prodotto emotivo, che necessita di elementi in grado di comunicare a tutti i nostri sensi; crediamo fortemente che tutte le innovazioni in questo campo siano elementi positivi, capaci di stimolare la creatività dei designer. La stampa su vetro potrà essere uno di questi elementi, ma non crediamo si sostituisca alla carta, anzi, secondo noi la carta sarà in grado di ritagliarsi uno spazio qualitativamente più elevato, grazie proprio alle sue svariate caratteristiche. Sicuramente alcuni prodotti, per dinamiche di costo e facilità di produzione, in determinati mercati troveranno una forte espansione (basti pensare che nel mercato americano sono comparse da tempo le lattine di vino), ma la vecchia etichetta impolverata, conservata con tanto di cellophane, sarà sempre custodita con orgoglio negli scantinati di milioni di appassionati.
Diego Marullo: Le etichette in carta non scompariranno nonostante gli sviluppi della stampa su vetro per almeno due motivi. Primo, l’etichetta in carta ha una sua personalità ed è a noi più familiare. Secondo, la serigrafia ha molte più limitazioni rispetto alla libertà della stampa tradizionale su carta. Ha comunque il suo fascino e suscita nel consumatore attenzione. Non scordiamoci comunque che i vini oggi vanno su vari mercati, le tempistiche sono brevi, quindi è meglio pensare sempre a una serigrafia ma unita a un'etichetta nella quale inserire le normative legali per i vari paesi.
Gli intervistati
Cristina Vannini / Roberto Ghioni, 63de-Sign
63de-sign nasce nel 2013 per rispondere alle richieste del settore del packaging per il food. È un momento in cui lo sviluppo delle tecnologie e le innovazioni stanno per affrontare importanti sfide. I fondatori dello studio hanno dunque la possibilità di esplorare la grafica sotto molti aspetti e in ambiti diversi, così da far crescere l’agenzia come un laboratorio di graphic design versatile e impegnato su fronti diversi del mercato. Il team di 63de-sign è composto da: Roberto Ghioni e Cristina Vannini Parenti, i fondatori, Josie Ingoglia e Emanuele Gastini, designer collaboratori, Manuela Scoffo account senior, Paolo Rumi copy senior.
Fabio Barnaba / Piero Narcisi, GFC Associati
Fabio Barnaba insieme a Piero Narcisi rappresenta il nucleo di GFC Associati. Il team dell’agenzia è composto da persone che condividono una filosofia originale, una passione per la creatività e per la comunicazione. I metodi sempre nuovi si sono evoluti e sono stati affinati nel corso degli anni in un clima di aperta e vivace curiosità verso tutte le forme di creatività. Un costante scambio di idee tra i professionisti che compongono il team aiuta l'azienda a crescere in termini di dimensioni e profondità, sviluppando capacità di valutazione sempre più forti e competenze specifiche.
Gabriele Mian, Rgb Srl
Rgb è un agenzia di comunicazione integrata con una sede a Cormons e una a Udine, in Friuli Venezia Giulia. È specializzata nella comunicazione del settore food & beverage, che ha sviluppato in oltre 15 anni di attività. Il processo creativo seguito dall’agenzia parte da una solida base di analisi sviluppata dal team interno cui fanno seguito interviste mirate sul campo. Ma è la creatività, nella sua forma più imprevedibile, che ha sempre contraddistinto RGB. L’obiettivo di ogni progetto è sempre lo stesso: realizzare soluzioni che siano in grado di rispondere alle esigenze della committenza.
Diego Marullo, Malodesign
Lo studio Malodesign viene fondato nel 2002 da Diego Marullo e da subito si orienta nel design e nel packaging dell'immagine del vino e delle aziende vinicole, con l’obiettivo di rappresentare e raccontare anima e storia dei clienti: aziende nazionali e internazionali, ma anche giovani case vinicole emergenti. Lo studio segue con attenzione ogni dettaglio del percorso creativo: dal prodotto al processo di stampa. I nostri creativi amano conoscere chi vive producendo vino e mette a disposizione creatività, passione, perfezionismo: perché il vino diventi un’esperienza irrinunciabile.