Espressione e sintesi di tutto il bello e il buono che noi italiani sappiamo fare, il vino non poteva non diventare, prima o poi, nel corso infinito della Storia, uno dei nostri fiori all’occhiello. E ora che il settore si è felicemente aperto alle dinamiche del consumo internazionale, anche la comunicazione è cambiata: s’è incaricata cioè di trasmettere al mondo i valori immateriali che connotano i nostri prodotti. Quelle storie minute e tutte italiane che raccontano di vigne e di mani esperte che se ne prendono cura, quelle storie spesso gravide di emozioni e di memorie, avvolte come grappoli nel sentimento del vino.
Di Anna Aprea | Su PRINT 72
Proprio vero che il vino vuol essere ascoltato e capito prima d’essere raccontato. “Non a caso — ci dice Luca Fois ideatore del corso di Alta Formazione in Wine & System Design del Politecnico di Milano — anche nel settore enologico, come nella cosmesi, i valori immateriali rappresentano circa il 75% del valore economico del prodotto”. Se è vero che lo scenario internazionale apre il settore enologico a nuove opportunità, è altrettanto vero che sul piano della comunicazione tutto si è complicato. Costruire una presenza e un dialogo in paesi tanto diversi e lontani dal nostro è una faccenda complessa.
“Prendiamo l’etichetta — ragiona Luca Fois — che svolge in pochi secondi un ruolo cruciale nella scelta del consumatore: fino a qualche anno fa era ispirata di solito dal produttore o dal tipografo un po’ creativo, oggi progettare un’etichetta è l’esito di un processo molto complesso, che richiede professionalità specifica e competenza”.
Ma come si evolverà quel piccolo rettangolo di carta stampata, sempre più curato e nobilitato? Quali sono i cambiamenti — tecnologici e di significato — che potrebbero mutare l’approccio dei consumatori?
Abbiamo chiesto agli studi di Wine Design più importanti di rispondere a un insieme di domande, centrate sul tema delle etichette e del loro futuro.
Giacomo Bersanetti | Sga Corporate & Packaging Design
Risale al 1983 la nascita del primo nucleo dell’agenzia di comunicazione fondata a Bergamo da Giacomo Bersanetti e Chiara Veronelli, cui si è unito poi Francesco Voltolina. Battezzata nel 2006 con l’attuale nome SGA Corporate & Packaging Design, l’agenzia è oggi composta da persone che ne condividono la filosofia originaria. Molti i premi che SGA si è aggiudicata in Italia e all’estero, numerose le mostre sul design e le lezioni che i designer di SGA sono chiamati a svolgere in diverse università sul tema del Wine Design.
Mario Di Paolo | Spazio Di Paolo
Wine design, packaging, fotografia, arte contemporanea. Sono queste le specializzazioni di Spazio Di Paolo, pluripremiato studio fondato da Mario Di Paolo, che ha sede a Spoltore (PE). Una vera e propria factory che offre ai clienti un servizio completo, che si estende dal marketing alla ricerca, dal packaging alla fotografia professionale. Spazio Di Paolo è tra le aziende più riconosciute a livello internazionale per l'alto valore innovativo e creativo dai migliori concorsi di packaging design al mondo.
Simonetta Doni | Doni & Associati
Fondato da Simonetta Doni nel 1975 a Firenze, lo studio grafico Doni & Associati è, a livello internazionale, tra i pochi studi specializzati nel Wine and Packaging Design. Un team di professionisti altamente specializzato offre ai clienti le proprie competenze professionali e una specifica sensibilità culturale e artistica. Il know-how maturato nell’affrontare il lavoro complesso di design grafico e di comunicazione, si è sempre rivelato decisivo per il successo dei prodotti che vengono affidati allo studio Doni & Associati.
Vincenzo Maccarrone e Tommaso Pecchioli | Officina Grafica
Laboratorio di idee applicate al design, al packaging ed alla comunicazione, Officina Grafica è stata fondata a Firenze da Vincenzo Maccarrone e Tommaso Pecchioli, personalità creative, complementari e poliedriche – l’uno pittore, l’altro fotografo – uniti dalla comune passione per il mondo del vino. Vincenzo e Tommaso ritengono che ogni progetto rappresenti una sfida stimolante da affrontare con dedizione certosina, estro espressivo e cura maniacale.
NEL SISTEMA DI COMUNICAZIONE DEL VINO, QUALE POSTO OCCUPA L’ETICHETTA? È SEMPRE LO STRUMENTO PIÙ IMPORTANTE DELLA RICONOSCIBILITÀ DEI PRODOTTI?
Giacomo Bersanetti
Internet, soprattutto attraverso i social, ha — come l’etichetta — caratteristica di capillarità perché raggiunge ogni singolo appassionato di vino; ma l’etichetta rimane lo strumento comunicativo principale perché veicola l’identità di ciascun vino.
La bottiglia svolge un ruolo molto importante e la forma ha sicuramente influito sul successo e la riconoscibilità di alcune case vinicole, ma proviamo a immaginare le pareti di un’enoteca o gli scaffali di un moderno supermercato occupati da bottiglie senza etichetta… Quale senso di disorientamento e di impoverimento ci assalirebbe.
Mario Di Paolo
L’etichetta è la superfice che arriva al consumatore, la parte estetica del progetto, è un po’ come la facciata esterna di un grande palazzo non visibile al fruitore e fatto di ricerche, analisi e bozze che ne determinano l'architettura portandoci al risultato finale. Un lavoro in cui occorre bilanciare perfettamente tre elementi: l’aspetto estetico, la qualità del prodotto, la vendita. Per vincere nel mondo del vino, deve verificarsi un’osmosi tra questi tre elementi. Se il linguaggio visivo non è in sintonia con la qualità e il prezzo del vino, c’è qualcosa che non funziona.
Simonetta Doni
L’etichetta è uno degli aspetti più importanti sia per l’azienda che per il sistema di comunicazione del vino. Facciamo l’etichetta per un prodotto italiano che viaggia nel mondo, dunque attraverso l’etichetta passa l’immagine del prodotto e dell’azienda. Molti fanno private label per il mercato di riferimento, ma noi pensiamo che l’immagine debba essere unica e rispecchiare la storia e i caratteri dell’azienda. L’etichetta riflette il vino e i valori che l’azienda porta in sé, è bene che non faccia l’occhiolino al paese. Anche perché non si tratterebbe di un solo Paese.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
Il mondo enologico, da sempre influenzato da antiche tradizioni, ha saputo volgere la propria attenzione verso canoni estetici più attuali sposando cifre stilistiche sempre più elevate. In questo processo di modernizzazione l’etichetta rappresenta la massima espressione di una nuova filosofia culturale votata ad un mercato globale, dove la riconoscibilità di un’azienda e di un prodotto sono sempre più legati alla storia che l’etichetta è capace di raccontare.
COMPETENZA SULLE TECNICHE DI STAMPA E SUI MATERIALI: QUANTO SONO IMPORTANTI NELLA PROGETTAZIONE DI UN’ETICHETTA?
Giacomo Bersanetti
La competenza tecnica è indispensabile per creare un’etichetta efficace, perché consente al designer di progettare in termini di fattibilità, quindi di pensare soluzioni realizzabili. Il progetto prende forma e si completa proprio nella fase di produzione, per questo è auspicabile un dialogo stretto con chi stampa e realizza il progetto; noi lo consideriamo fondamentale. Conoscere le tecniche di stampa e di lavorazione serve anche per immaginare soluzioni innovative.
Mario Di Paolo
Le competenze tecniche sono fondamentali. C’è una grandissima competizione per l’ideazione di un packaging, ma la differenza si vede quando c’è una ‘sicurezza’ nella realizzazione. Con il termine ‘sicurezza’ intendo proprio la competenza nei processi produttivi da parte del progettista. Un progetto si realizza al suo meglio quando si ha una visione completa, che significa molte cose: non soltanto competenza nelle tecniche di stampa ma anche conoscenza del mondo enologico, compresi gli aspetti produttivi e i sistemi di imbottigliamento. In Spazio Di Paolo ci è capitato di intervenire persino sulla struttura ingegneristica delle macchine per l'etichettatura. Noi sentiamo che ci compete anche questo aspetto perché sviluppiamo innovazione attraverso le idee, che a loro volta sono utili all’universo tecnologico per cambiare ed evolversi. Con l’etichetta Litos stampata con la Rotas abbiamo di fatto stimolato il superamento di una barriera tecnologica: da quando questa etichetta è stata progettata è stato possibile superare l’idea che un’etichetta si possa stampare su un solo strato di carta. Litos è stata progettata con tre carte naturali bianche con texture naturali diverse unite in automatico una sopra l'altra. Ho sviluppato una sensibilità personale sulla sperimentazione e il superamento dei limiti tecnici convenzionali collaborando a stretto contatto con i tecnici delle migliori tipografie italiane.
Simonetta Doni
Per progettare etichette bisogna sapere cosa esiste sul mercato, anche per non correre il rischio di creare un’etichetta che somigli a un’altra. Bisogna conoscere i vini in rapporto ai territori e i loro codici visivi. Bisogna conoscere le carte, che si evolvono sempre più e non tutte si stampano nello stesso modo. Alcune lamine non vanno bene su determinate carte perché hanno componenti che non si sposano con alcune carte. Allora bisogna essere in grado di cambiare carta o tonalità o lamina, e per farlo bisogna essere competenti, conoscere i numerosi effetti metallizzati e le tipologie di carte con le quali si possono ottenere. Noi abbiamo una buona competenza nella stampa, non deleghiamo allo stampatore le scelte, spesso siamo noi a chiedere allo stampatore di sperimentare un certo tipo di stampa. Capita che ci venga in mente qualcosa che ancora non c’è, in questi casi ci rapportiamo a quegli stampatori che hanno voglia di sperimentare e voglia di essere i primi a innovare. La qualità dello stampato dipende spesso da come lo stampatore usa le sue macchine e anche da come usa i colori. Anche i colori Pantone spesso non sono risolutivi e allora bisogna usare il nastro a caldo, solo così quel colore sarà più definito. Ma bisogna appunto essere competenti.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
Nel mercato contemporaneo è sempre più difficile identificarsi ed emergere. Le tecniche di stampa e la costante nascita di nuovi materiali permettono di rendere il processo creativo ancor più ricco di sperimentazioni. Le cartiere e le tipografie investono ingenti risorse economiche nella ricerca di inediti supporti e soluzioni tecniche, per noi designer è fondamentale prestare la massima attenzione verso questa nuova frontiera ed eseguire un’adeguata valutazione di tutti quei processi capaci di tradurre l’originalità di un’idea in una forma di espressione. Solo attraverso un costante flusso bidirezionale di informazioni è possibile apprendere tutte quelle nozioni necessarie per proporre al committente soluzioni grafiche innovative ed effettivamente realizzabili.
QUALI SONO LE NOBILITAZIONI PIÙ RICHIESTE, CHE TRASMETTONO LA QUALITÀ DI UN VINO?
Giacomo Bersanetti
Tutte le tecniche, le nobilitazioni e i supporti sono potenzialmente utili; occorre conoscerle molto bene per utilizzarle in modo appropriato e distintivo. Appropriato perché l’insieme degli elementi può esprimere l’appartenenza di un vino (spumante,distillato, etc) a una determinata categoria. Avviene qualcosa di molto simile in ambito musicale e ci permette di distinguere i generi (classica, moderna, popolare, sperimentale, etc). Distintivo perché l’integrazione delle diverse nobilitazioni e scelte estetiche produce un proprio ‘sound’ che ci permette di discernere - come avviene per un cantante e/o un gruppo musicale - lo stile e la personalità di un’azienda.
Mario Di Paolo
Le richieste variano in base ai mercati di distribuzione dei prodotti. In Cina e in Asia ad esempio c’è una notevole richiesta di laminati, diciamo che c’è una predilezione per le nobilitazioni più appariscenti. Nei mercati occidentali vanno codici visivi più sobri e minimalisti. In linea di massima ogni progetto si adatta alla cultura visiva del mercato di riferimento.
Simonetta Doni
Va di moda il braille trasparente con spessore che, se usato bene, in piccole quantità, consente interessanti effetti tattili. Oppure l’embossing e il debossing, ma anche le due tecnologie insieme. Sono ricorrenti anche le sovrapposizioni e le etichette multi materiali: una carta sull’altra o una carta su un altro materiale. Oppure ancora si usano, in questo periodo, inchiostri speciali sensibili alla luce o inchiostri termici. Noi, come Studio Doni, cerchiamo di non seguire le tendenze, vogliamo essere oltre le mode. Un’etichetta che si fa oggi deve essere corretta oggi ma anche fra dieci o venti anni.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
Negli ultimi anni abbiamo notato una crescente attenzione dei nostri clienti verso lavorazioni tipografiche che arricchiscono la confezione. La nostra esperienza ci impone una scrupolosa disamina dei singoli progetti e una scelta ponderata sull’utilizzo di braille, embossing e debossing, nastri perlescenti, inchiostri iriodin, ori e argenti lamina, etc… Amiamo la sobrietà e l’eleganza ma troviamo che l’uso - anche simultaneo - di alcune di queste nobilitazioni doni al packaging un’aura più ricercata e accattivante.
IN PROSPETTIVA LA CARTA RESTERÀ SEMPRE IL SUPPORTO PRIVILEGIATO PER LE ETICHETTE DA VINO O LASCERÀ IL POSTO ALLE SLEEVE ?
Giacomo Bersanetti
Oggi le più belle etichette fra le marche importanti dei prodotti di grande qualità di Champenoise sia in Francia che in Italia, si stampano su materie plastiche.
La carta rimane il supporto elettivo, anche per motivi affettivi; i film plastici offrono stabilità e indeformabilità assoluta, quindi eccellenti sul piano tecnico e funzionale. Risultano piuttosto "freddi", il tatto — salvo ricorrere a una caratterizzazione con vernice ad alto spessore — è impersonale. Inoltre ci sono molti supporti cartacei che garantiscono stabilità ed elevata resistenza all’acqua e ghiaccio; si fanno test estremamente prolungati — ma una buona bottiglia perché dovrebbe rimanere nel secchiello a lungo?.
Mario Di Paolo
Sviluppo le idee mettendo in campo le mie capacità personali e quelle dello studio, l’obiettivo è raggiungere il risultato analizzato con i materiali a disposizione. Io amo la carta, con essa ho un rapporto intimo e privilegiato, lavoro la carta come un supporto da plasmare in infinite modalità, anche tridimensionali. La carta è il supporto migliore per comunicare un vino. Le sleeve non mi hanno mai appassionato, hanno un loro senso in funzione di certi progetti specifici. In linea di massima ogni progetto si adatta alla cultura visiva del mercato di riferimento e alle esigenze tecnico-economiche del produttore che deve immettere il prodotto sul mercato.
Simonetta Doni
Nelle bollicine le sleeve sono molto utilizzate, anche per champagne importanti. Penso che nel settore del vino le sleeve per il momento potrebbero essere usate per un evento, ma non per un vino importante: su prodotti più freschi e veloci, allora sì. E in questo caso la sleeve sarebbe una superficie che aiuta a comunicare su tutta la bottiglia, ci permetterebbe dunque di raccontare il vino in modo più approfondito.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
Sarebbe sbagliato schierarsi per una soluzione piuttosto che l’altra. Prestigiose maison dello Champagne preferiscono materie plastiche, così come alcuni dei più noti produttori francesi e italiani di vino rosso usano una carta patinata per tutti i loro prodotti. Il panorama è, fortunatamente, sempre più vasto e variegato ma la carta, ancor oggi, è l’emblema di un affascinante settore merceologico e, secondo noi, è destinata a rimanere tale ancora per diverso tempo. Il settore alimentare è sicuramente affine a quello enologico pertanto l’utilizzo delle sleeve troverà un costante incremento di aziende interessate, in questi casi, noi suggeriamo un uso combinato “sleeve/carta”. Lo spazio di manovra offerto da questo tipo di confezioni apre scenari diversi. Indubbiamente la presenza delle sleeve è destinata a crescere nel futuro ma, secondo noi, questa si limiterà solo a un segmento abbastanza specifico del mercato.
COME VEDE IL FENOMENO DELLA PERSONALIZZAZIONE NELL’UNIVERSO DEL VINO?
Giacomo Bersanetti
Si personalizzano etichette e bottiglie da sempre; in passato si faceva a mano coinvolgendo bravi calligrafi, poi si è passati a soluzioni più tecnologiche come il laser, la stampa digitale, etc; ma per esprimere il carattere di unicità l’intervento manuale rimane la soluzione più efficace.
Mario Di Paolo
La personalizzazione ha senso quando si tratta di entrare in un nuovo mercato o in un mercato ostile, può dare una bella spinta al marketing. In questo caso con un’operazione di personalizzazione puoi scardinare un ostacolo, salire un gradino. Insomma è come cambiare vestito per un momento. È molto interessante pensare a etichette tutte diverse con stampa differente. Di certo può dare nuove aperture a un prodotto. Del resto è quanto è successo con Nutella riaprendo nuovi mercati al brand.
Simonetta Doni
Con la stampa digitale possiamo personalizzare, ma una tantum come ha fatto la Nutella, non come utilizzo istituzionale.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
L’esclusività di una confezione personalizzata ha un ascendente importante per il consumatore. Il desiderio di distinguersi e di sentirsi parte di un “club” può sicuramente enfatizzare l’importanza di un prodotto. Fino ad oggi questa soluzione è sempre stata alquanto complessa e costosa da realizzare, quindi era indirizzata a quei prodotti, la cui piccola tiratura fosse anche sinonimo di alta qualità.
Grazie all’avvento della stampa digitale di alta qualità oggi è possibile concepire una produzione di confezioni diversissime tra loro a costi ragionevoli, condivisibile e fruibile anche grazie ai social media. Questo tipo di messaggio non è stato ancora applicato al vino, ma è innegabile che, in un prossimo futuro, saremo certamente destinati ad assistere al sorgere di questo tipo di confezioni sugli scaffali.
IL CAMBIAMENTO DEGLI STILI DI CONSUMO POTREBBE FAVORIRE UN VERO CAMBIO DEI CONTENITORI VERSO VINI IN LATTINA E IN CARTONE. COSA NE PENSA?
Giacomo Bersanetti
Il tappo di sughero resiste più per motivi psicologici e culturali, essendo la superiorità del tappo a vite da tempo dimostrata e acquisita. Penso che la lattina possa svolgere molto bene il suo compito conservativo; il vino in box, per oggettivi motivi strutturali del contenitore, risulta adatto a vini giovani o giovanissimi; il vetro ha una durata illimitata, non inquina e ha riciclabilità totale.
Mario Di Paolo
Sono legato al vetro, trovo la bottiglia da 0,75 l un formato intelligente con un materiale perfetto e una capacità ideale per il vino, penso che non sarà facile sostituirla. Amo le bottiglie e le colleziono. Certo, i formati e i materiali possono cambiare di pari passo con la necessità di segmentare le produzioni in base alle esigenze di mercato, ma non credo che la bottiglia di vetro possa essere sostituita da un altro contenitore.
Simonetta Doni
Il vino in cartone potrebbe diventare la normalità. Pensiamo al mercato svedese o norvegese dove anche i vini di alta qualità sono venduti in sia in vetro sullo scaffale che in bag in box con un prezzo inferiore. Comunque si tratta di un contenitore che non lascia entrare l’aria. Da noi c’è ancora la cultura che il vino in cartone sia un vino di bassa qualità. Invece anche vini di ottima qualità (non importanti, ma di qualità) possono benissimo essere confezionati in cartone. Quanto ai contenitori in alluminio direi che è più difficile immaginare una diffusione soprattutto per la mentalità italiana: noi abbiamo un legame molto forte con la cultura del vino e ‘trattarlo’ come Coca Cola sarebbe difficile. Ma l’alluminio è un materiale fenomenale, comodo da trasportare, con un peso bassissimo rispetto al vetro, non ingombrante, facile da riciclare. Dal 2018 diminuirà inoltre il contributo ambientale per lo smaltimento.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
Diversamente da altri tipi di prodotti il vino muta nel tempo e le dimensioni del contenitore (o meglio la quantità di vino contenuta) influisce sull’invecchiamento del vino stesso. Esistono già soluzioni “monodose”, che si orientano a tipologie di vino associate più al consumo da pasto piuttosto che alla ritualità e al romanticismo che da sempre ruota intorno a questo prodotto (soprattutto nei mercati come il nostro dove la tavola ricopre un ruolo fortemente sociale e di condivisione).
Sicuramente, anche in questo caso, il numero di soluzioni andrà ad aumentare, ma difficilmente potrà sostituire le soluzioni più tradizionali dalla spiccata raffinatezza.
GUARDIAMO AL FUTURO, ALLE SFIDE TECNOLOGICHE E AI POSSIBILI CAMBIAMENTI.
Giacomo Bersanetti
Nella quantità di soluzioni e applicazioni disponibili, occorre distinguere ciò che ha una concreta utilità da ciò che semplicemente distrae. Molto utili sono i sistemi che consentono la tracciabilità dei vini perché contrastano efficacemente la contraffazione, mentre le etichette interattive sono molto utili per aumentare la memorabilità del packaging.
Le informazioni che ci raggiungono grazie alle nuove tecnologie, ci raccontano il vino ed il suo produttore e costituiscono un’utile introduzione; rimangono per noi in primo piano due aspetti: l’abito del vino deve armonizzarsi con il contenuto per valorizzarlo e, in secondo luogo, il vino la cui etichetta ci ha colpito va conosciuto bevendolo; come del resto la cantina ed il vigneto vanno visitati. La sfida consiste nel non perdere contatto con il dato reale.
Mario Di Paolo
Tutto l’universo delle etichette intelligenti non appartiene ancora al mondo del vino. Ho visto progetti molto belli, ma non mi suggestionano. Considero queste cose parte di un consumismo veloce che vuole attrarre ma che svanisce altrettanto velocemente. L’universo del vino è fatto di tempi diversi, l'attesa è padrona. Io sono un innovatore fortemente legato alla tradizione, perciò amo la carta, la tratto, la trasformo, il tatto è
fondamentale. E anche se guardo al futuro per quanto mi riguarda vedo un foglio di carta: lo pieghi e diventa un’altra cosa. Con semplicità. Non c’è bisogno di inventare chissà quali tecnologie, c'è ancora molto da scoprire a portata di mano.
Simonetta Doni
L’etichetta intelligente esiste da tantissimi anni ma ancora non se ne fa grande uso, siamo riusciti a inserire i QR Code sul retro delle etichette ma il cliente finale non li utilizza affatto. Su vini importanti, pensati per un target maturo, le tecnologie hanno difficoltà a penetrare. Noi abbiamo proposto un’etichetta con la realtà aumentata ma realisticamente sono in pochi coloro che si prendono la briga di scaricare la app, inquadrare la bottiglia… Sarebbe interessante la realtà aumentate se le app si lanciassero da sole sul cellulare. Poiché fino a oggi ogni sistema ha la sua applicazione, io vedo che si tratta di un gesto non ancora entrato nell’uso comune. O quanto meno bisognerebbe metterci su una campagna pubblicitaria che racconti che in quella etichetta c’è la realtà aumentata. Ma occorrerebbe investire risorse economiche importanti.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli
Nell’ultimo decennio abbiamo assistito al lancio di "etichette intelligenti”o “etichette interattive” capaci di fornire una documentazione più o meno dettagliata sulla zona di provenienza, la tipologia di uve selezionate, l'andamento della vendemmia, etc.. In un mondo sempre più informatizzato avere a disposizione dei dispositivi digitali che dialoghino direttamente con i consumatori potrebbe, senza dubbio, rappresentare un'importante svolta verso la certificazione di qualità del prodotto che stiamo per acquistare. Abbiamo più di un dubbio sul fatto che l’etichetta possa in qualche modo essere sostituita poiché il tatto e la vista sono fortemente coinvolti nei primi 20/30 secondi che precedono l'acquisto. A nostro avviso trovarsi di fronte ad un’etichetta che comunica emozioni è, ancor oggi, il massimo riconoscimento raggiungibile.