Ecco le cose, poche ma necessarie, da sapere per trasformare un bel progetto in un bello stampato, senza che la prestampa debba sostituirsi al lavoro del designer quando si consegna l’esecutivo allo stampatore.
Di Lorenzo Capitani | Su PRINTlovers 98
È ormai diventata prassi consolidata che la prestampa intervenga per correggere gli errori negli esecutivi come abbondanze mancanti, basse risoluzioni, mancanza di profili, colori non previsti, font non stampabili, testi neri a 4 colori. Ma la prestampa dovrebbe operare per la stampa: normalizzare i pdf, fare le ciano e dopo il visto si stampi, avviare il lavoro in stampa. Un tempo, tra la fase artistica e quella produttiva, c’era la fotolito che consolidava gli impaginati e realizzava esecutivi corretti per la stampa, poi i software sempre più accessibili, i processi digitalizzati e il taglio dei costi hanno accorciato la filiera, internalizzando una serie di lavorazioni con l’illusione che tutti possono fare tutto, anche senza una conoscenza tecnica adeguata. E così gli stampatori sono finiti a fare di necessità virtù, preferendo intervenire piuttosto che rimandare al cliente il lavoro con il rischio di dover spiegare qual è il problema e magari come risolverlo.
Eppure le cose a cui fare attenzione non sono poi così tante e nemmeno così difficili, ma sono cruciali per trasformare un bel progetto in un bello stampato. Programmi come InDesign o Acrobat, per citare i più usati, hanno da tempo strumenti di preflight, ovvero di controllo degli errori presenti negli impaginati e nei pdf. Questi controlli sono un aiuto indispensabile, ma da soli non bastano: fanno sì verifiche formali in base a norme predefinite, ma non conoscono il contesto. Allora quello che occorre è una corretta progettazione a monte e un attento controllo consapevole a valle. Ecco una checklist ragionata che riassume i problemi più comuni che è indispensabile conoscere, utile prima di consegnare i pdf allo stampatore. La regola sempre valida è: quando avete un dubbio, ragionate non da grafico ma da stampatore, o meglio, parlateci.
Organizzazione del lavoro
Spesso gli elementi di un progetto grafico arrivano in momenti diversi e non sono subito definitivi, così si finisce per partire a impaginare senza aver dato una corretta organizzazione al lavoro, con le immagini e i font sparsi per il computer o, peggio, nelle cartelle condivise con il gruppo di lavoro. Per un errore o una svista, qualche file può essere modificato o eliminato e al momento di fare i pdf ci si trova con immagini o font mancanti. Appena consolidato il progetto salvatelo con il comando Pacchetto che crea una cartella in cui InDesign raccoglie il file InDesign con estensione .indd, quello con estensione .idml (che può essere aperto con versioni precedenti del programma), il file pdf del lavoro, la cartella contenente tutti i font utilizzati nel documento e quella contenente tutte le immagini e gli altri collegamenti esterni. Ora, ogni volta che si aggiungeranno elementi basterà inserirli in questa struttura o modificare quelli già presenti. Quando si faranno i pdf stampa tutti i componenti saranno a disposizione e basterà rifare il pacchetto per avere anche l’archivio dei file nativi dell’esecutivo.
Formato pagina
Se si inizia a impaginare un documento da zero, la prima cosa che InDesign chiede è la dimensione delle pagine; una volta stabilita, queste saranno tutte uguali, anche qualora se ne aggiungessero delle altre, a meno che non si intervenga puntualmente sulla dimensione di ciascuna. Di per sé avere pagine di dimensioni differenti nello stesso impaginato non è un errore, lo diventa se lo stampato doveva avere pagine tutte uguali.
Pensiamo alla copertina con alette di una brossura: il modo corretto di impostare il documento è creare 5 pagine affiancate e impostare per ciascuna le misure di aletta sinistra, IV di copertina, dorso, I di copertina e aletta destra. Facendo il pdf a documenti distesi, avremo la copertina stesa e i suoi segni di piega e di taglio. Lo stesso se dovessimo impaginare un 8vo a battente. Ma se impaginiamo un libro o un catalogo le pagine dovranno essere tutte uguali. Lo stampatore in fase di imposition crea un documento che ha le dimensioni del formato chiuso dello stampato e in esse centra ciascuna pagina del pdf fornito. Se le pagine sono diverse, quelle più piccole potrebbero mostrare i crocini. Attenzione soprattutto se realizzate stampati editoriali in cui i materiali arrivano da diverse fonti (ad esempio pagine pubblicitarie inserite in una rivista) o assemblate in Acrobat un documento usando pagine che provengono da pdf diversi: abilitate le preferenze Mostra sempre dimensione pagina documento e Visualizza ArtBox, TrimBox e BleedBox, così da avere sempre evidenza della geometria della pagina. Inoltre, con il comando Imposta riquadri di delimitazione pagina sotto Controlli margine avrete le dimensioni esatte della pagina.
MediaBox, TrimBox e BleedBox
Identificano le diverse aree della pagina: il MediaBox rappresenta le dimensioni del supporto e contiene tutti gli altri box; il TrimBox rappresenta l’area di rifilo e definisce il formato del lavoro finito refilato oltre il quale c’è il BleedBox, ovvero l’area delle abbondanze, che dovrebbe essere di almeno 3 mm. Sono queste le aree minime che ogni pdf deve avere per andare in stampa. In particolare, le aree di refilo e di abbondanza sono indispensabili per le operazioni di ripping e imposition che si basano proprio su di esse. Settando correttamente le impostazioni di creazione del pdf e facendo smarginare tutti gli elementi grafici oltre il taglio avrete in automatico le tre aree definite e le abbondanze necessarie.
Esistono anche il CropBox (o box di ritaglio) che in genere coincide col Media box e corrisponde all’area visualizzata in Acrobat, e l’ArtBox, che individua l’area della pagina interna al Trim entro la quale tenere gli elementi che non vanno al vivo (almeno 5 mm) ed è anche l’area usata quando il pdf verrà importato in un altro software.
Pagine singole
A meno di copertine, flyer o altri impaginati particolari per i quali lo stampatore lo richieda esplicitamente, non fornite mai pdf di documenti distesi: si può impaginare tranquillamente a pagine affiancate, ma al momento di realizzare il pdf l’opzione Pagine affiancate deve essere deselezionata e i pdf devono essere a pagina singola.
Sequenza delle pagine
Già l’impaginazione ha le sue complessità e variabili, perché complicarsi l’esistenza alterando la sequenza delle pagine cercando di metterle in caduta macchina? È quanto di peggio si possa fare. Anche se si deve stampare un semplicissimo 16mo a punto metallico, lasciate fare allo stampatore. È suo il compito di decidere come impostare la piega e di conseguenza la segnatura. Limitatevi a inserire il numero sulla pagina, se previsto dal progetto grafico, e a numerare correttamente le pagine con il comando Opzioni numerazione e sezione che consente di impostare i numeri di pagina e sezione (per esempio le romane per gli apparati e le arabe per il testo): in questo modo il pdf rispecchierà la numerazione corretta e indicherà allo stampatore la sequenza, i numeri di pagina e il numero della pagina all’interno di ciascuna sezione.
Abbondanze
Anche se state impaginando un libro di testo nero a correre senza elementi che vanno in taglio, il pdf non deve mai essere fornito al vivo, deve avere Trim e BleedBox e deve avere Tutti i segni di stampa: segni di taglio, crocini di registro e informazioni pagina. E deve essere definita l’area di pagina al vivo (BleedBox) e l’area delle indicazioni. In InDesign questi settaggi sono nella tab Indicatori pagina al vivo. In particolare le misure di pagina al vivo dipendono da come si è impostato il documento al momento della creazione. Già in quella fase è necessario impostare le Misure di pagina al vivo (3 o 5 mm per lato), cioè di quanti millimetri sarà l’area delle abbondanze e a quale distanza dal Trim saranno posti i segni di stampa, e l’Area indicazioni. In questo modo basterà abilitare Usa impostazioni pagina al vivo del documento, senza preoccuparsi di altro. Impostando subito le misure di pagina al vivo, il documento apparirà con un bordo esterno utile per sapere fin dove estendere immagini e grafismi. Attenzione solo a non confondere queste misure con i Margini, che invece definiscono un’area interna alla pagina entro la quale stare per evitare di posizionare grafismi troppo vicino al bordo pagina (per esempio i numeri di pagina di un punto metallico con tante pagine).
Se gli fornite un documento al vivo senza abbondanze, lo stampatore centrerà il pdf nel formato: se non ci sono elementi al vivo potrebbe non essere un problema, ma con elementi al vivo non ci saranno abbondanze e, per quanto sia preciso il taglio e bravo il legatore, è impensabile tagliare perfettamente dove finisce il colore, quindi si vedrà una sgradevole linea bianca tra la fine del colore e la fine della carta.
Crocini
Una pagina senza indicatori equivale a una pagina al vivo per lo stampatore, che si chiederà se deve stare al file o alle misure che gli avete passato con la descrizione del lavoro. Ci sono sedicenti grafici che hanno la cattiva abitudine di creare un documento (MediaBox) in formato A4 e centrare in esso la pagina nel formato da refilare, poi esportano il pdf senza i crocini: spesso si tratta di documenti di solo testo che per inesperienza vengono “impaginarti” in Word senza definire il formato pagina corretto e senza poter inserire i crocini. Ora, al di là dell’inopportunità di usare un word processor per impaginare e creare dei pdf stampa, cosa per altro indirettamente consentita dal fatto che il testo resta vettoriale e quindi stampabile, basterebbe, una volta creato il pdf, modificare le dimensioni pagina in Acrobat (Verifica Preliminare/Azioni/Pagine/Crea area pagina al vivo) e aggiungere i crocini da Aggiungi indicatori ritaglio e pagina al vivo.
Formato e foliazione
Quando si progetta uno stampato andrebbe considerata non solo la sua macchinabilità, ma anche la sua ottimizzazione. Il formato quadrato ad esempio è molto bello, ma ha uno spreco di carta molto alto e vincola parecchio anche la confezione. Allo stesso modo considerate anche il numero delle pagine: teoricamente basta che sia multiplo di 4, ma in realtà dipende dalle segnature. Se per un libro potrebbe non essere un problema avere qualche pagina bianca in fondo per arrivare a quadratura, per quasi tutti gli altri stampati non è così. Spesso avere una spaccatura di segnatura può incidere sui costi. Ragionate quindi in funzione di 8vi e 16mi ovvero di segnature ottimali e confrontatevi con lo stampatore.
Documento con immagini in bassa risoluzione
Mentre le immagini vettoriali possono essere ingrandite all’infinito senza subire perdite di qualità e definizione, per le immagini raster la risoluzione (e non la definizione, come si trova in tanti tutorial) è determinante per la qualità di stampa. La risoluzione di un’immagine impaginata, ovvero dimensionata per la pagina, in genere deve essere compresa tra i 240 e i 300 dpi, viceversa una risoluzione più bassa o l’ingrandimento eccessivo generano immagini pixelate. È buona prassi portare tutte le immagini in alta risoluzione prima di metterle in pagina così da avere consapevolezza della loro effettiva dimensione nella risoluzione di stampa. Attenzione a non rimpicciolire troppo immagini molto grandi perché si rischia il moiré.
È comunque possibile forzare la risoluzione tramite il Ricampiona di Photoshop, attivando Mantieni dettaglio 2.0 che aumenta i pixel mancanti, interpolando quelli esistenti con particolari algoritmi di IA, purché non si esageri (Riduci Disturbo riduce eventualmente l’artefatto) o si può usare la nuova funzionalità Super Resolution, introdotta nella versione Camera Raw 13.2, che crea un’immagine con dimensioni raddoppiate rispetto all’originale oppure un numero totale di pixel quadruplicato.
In qualsiasi sistema di preflight la risoluzione insufficiente è ben evidenziata con indicazione delle dimensioni effettive, della posizione nel documento e della risoluzione in pagina. Attenzione anche al fattore di compressione, ovvero a quanto un’immagine è stata compressa: maggiore è la compressione, maggiore la potenziale perdita di qualità (oltre il 10x è segnalato un errore). Immagini in alta che vengono segnalate per un fattore di compressione alto vanno verificate puntualmente.
Le tinte piatte
L’uso delle tinte piatte è ammesso solo se previsto dal progetto. Se stampiamo solo in quadricromia, tutte le tinte piatte devono essere convertite prima di esportare il pdf e consapevolmente, ovvero controllando che il risultato sia quello atteso. La conversione al momento del pdf o addirittura lasciata allo stampatore che convertirà sicuramente nel modo migliore, ma pur sempre arbitrario rispetto alle attese, non è la scelta migliore. Le tinte piatte possono essere usate per i tracciati di fustella, per la maschera della verniciatura o per altre nobilitazioni come embossing o debossing, ma devono essere messe in un livello dedicato e chiaramente indicato. Quando controllate usate il profilo congruente al numero di colori previsto dalla stampa: se il lavoro è a 4 colori usate profili che escludono la presenza di tinte piatte mentre se il lavoro è solo con tinte piatte o prevede almeno una tinta piatta usate un profilo che le preveda.
Convertire in CMYK
Lasciare elementi in RGB nei pdf di stampa “tanto poi li sistema lo stampatore” è sbagliato perché, per quanto lo stampatore possa farlo nel modo migliore, il colore risultante potrebbe essere corretto numericamente, ma non essere quello che vi aspettavate. E nemmeno l’alibi “converto all’ultimo perché non so come stamperò il lavoro” è valido, perché l’ultimo momento non è quando consegno il pdf, ma quando realizzo il pdf da consegnare. Il flusso corretto, una volta per tutte, è post produrre in RGB e creare una sorta di master digitale, dal quale partire per ogni canale previsto: quindi, nel caso della stampa, procedere con la conversione in CMYK nel momento in cui un’immagine inizia il suo processo per essere stampata, ovvero viene impaginata. E questo vale a maggior ragione per l’applicazione dei profili.
Allo stesso modo, quando impaginate, create o convertite subito i campioni di colori in CMYK, o in tinta piatta se è prevista, e non lasciate nessun colore in spazi diversi. Anzi, prima di fare il pdf finale, eliminate i colori non usati. In questo modo anche le prove colore che derivano dal pdf saranno affidabili purché siano realizzate secondo gli standard di certificazione.
Anteprima di Output
La funzione di Acrobat è estremamente utile per verificare i diversi colori di un pdf in base a un profilo di simulazione. Partendo dal profilo di simulazione mostrato, che è quello del documento, attivate Simula sovrastampa per verificare sovrastampa e foratura: ogni oggetto inserito nel documento di default buca tutti gli elementi sottostanti così da mascherare i piccoli fuori registro. In InDesign, l’anteprima della sovrastampa è disattivata di default, quindi va attivata per averne evidenza.
Fa eccezione il K 100: se sormonta un altro elemento colorato lascia trasparire quello che c’è sotto. Per i testi non è un problema ma un fondino prende forza eccessiva nei punti di sovrapposizione. In questo caso disattivate la sovrastampa. In Anteprima in Separazioni controllate che la copertura massima della somma dei colori non superi il 310% e che i colori presenti siano quelli che effettivamente saranno usati in stampa: se appare una tinta piatta non prevista dovete rifare il pdf con il Predefinito di stampa corretto. Attivate Copertura area totale e fissate il valore a 320%: in verde si evidenzieranno tutte le aree con copertura eccessiva di inchiostro. Infine, se avete delle tinte piatte o dei canali usati per lavorazioni particolari come colori di rinforzo, tracciati di fustella, riserve di vernice o altre nobilitazioni, attivate o disattivate i singoli colori in Separazioni per verificare che lavorino come previsto. In questo caso quando preparate gli esecutivi date un nome parlante ai colori spot delle lavorazioni così che non si confondano con quelli di stampa.
I valori minimi dei colori
Abbiamo accennato alla copertura massima del colore che non dovrebbe eccedere il 310% per evitare problemi di rifiuto, asciugatura e controstampa, ma vanno considerati anche i valori minimi. Un grafismo eccessivamente piccolo con percentuali di colore basse rischia di apparire incompleto, quasi “smangiato”: il caso emblematico sono i testi in caratteri graziati o i filetti fini. Non a caso i programmi di preflight avvisano se ci sono linee estremamente sottili: evitate linee sotto i 2 pt e testi sotto i 5 pt. Se in offset si riesce a riprodurre spessori di 0,1 pt, in digitale potrebbe non essere possibile. Inoltre, l’assorbimento della carta e le tolleranze in scrittura delle lastre suggeriscono di evitare retini estremante leggeri. Infine, nel costruire la palette di colori di un progetto eliminate le percentuali molto basse di un inchiostro perché possono causare instabilità in fase di stampa e rendere il colore diverso non solo tra diverse tirature, ma anche all’interno della stessa.
Grafismi scavati
L’attenzione ai grafismi minimi va posta anche nel caso di testi o elementi scavati o bucati. Se un testo positivo colorato si espone al rischio del fuori registro con antiestetici sdoppiamenti, l’effetto sui testi negativi è quello di avere le grazie, gli occhielli e i segni di interpunzione chiusi, talvolta illeggibili. Ancora una volta, attenzione ai testi molto piccoli.
Incorporare i font
Quando esportate in pdf un impaginato, assicuratevi di avere settato il 100% alla voce Incorpora sottinsieme di font se la % è inferiore. In questo modo, anche se un solo carattere è in un determinato font, tutto quel font sarà incorporato nel pdf. Così sarà possibile fare anche una piccola modifica di testo direttamente nel pdf e si scongiurano problemi di riproduzione di un carattere soprattutto se il font usa attributi simulati (il bold o l’italic imposto localmente e non il corrispettivo font Bold o Italic): in questo caso vale sempre la raccomandazione di ricorrere ai fogli stile di carattere e di paragrafo che usano il corretto sottoinsieme del font. La verifica sulla corretta inclusione dei font si fa in Acrobat nella tab Font delle Proprietà o nel resoconto di Verifica Preliminare, con il vantaggio di poter vedere dove effettivamente è usato il font. Se un font è “parzialmente incorporato” vuol dire che sono stati inseriti solo i caratteri effettivamente utilizzati nel documento: per la stampa è sufficiente, ma le modifiche potrebbero non essere possibili.
Font convertiti in tracciato
Non convertite mai in tracciato un testo a meno che non si tratti di un logo o di un font usato per grafica o titoli di grande dimensione che devono mantenere assolutamente determinate caratteristiche senza la possibilità di essere modificati. Tutti gli altri testi, specialmente quelli lunghi, non vanno assolutamente tracciati. Un tempo si faceva per evitare problemi di compatibilità, oggi non serve più, anzi è una prassi dannosa in quanto il testo non è più modificabile, il file con tracciati è molto più pesante e, oltretutto, bisogna sempre tenerne un’altra copia con i font non tracciati nel caso ci fosse bisogno di modifiche (e nove volte su dieci è così). Infine, il tracciato non è mai fedele all’originale e presenta grazie, occhielli o curve alterate. Per lo stesso motivo non rasterizzate i testi: diventando immagini si espongono a tutte le problematiche di un’immagine con l’aggravante che perdono di definizione rispetto a un font.
Uso corretto del nero
Il nero K100 si usa per i testi o i grafismi neri fini, non si usa per i fondi o per tutti gli elementi neri che ne sormontano altri colorati. Il nero da solo, sia pure a densità massima, sui fondi appare slavato e svuotato, quasi grigio, soprattutto se la carta tende ad assorbire. Ci sono due opzioni a seconda del rischio di fuori registro. Si usa un nero rinforzato con il 50% di un secondo colore, che però avrà inevitabilmente una dominante a seconda del colore scelto (di solito ciano o magenta), o il “nero ricco” (rich black) fatto dai 4 colori di quadricromia ottenuto con diverse combinazioni. Ogni grafico ha la sua ricetta, l’importante è non esagerare con le percentuali di inchiostri che, sommate, non dovrebbero superare il 310%. Ricordate che in Photoshop esistono il nero di quadricromia (C75, M65, Y60, K80 con coprenza 280%), che si ottiene convertendo il nero piatto dallo spazio RGB al CMYK, e il cosiddetto nero di Photoshop (C91, M79, Y62, K97 con coprenza 330%). Mentre in InDesign il nero di base è il K100, eventuali altri neri si ottengono componendoli con i 4 inchiostri, come qualsiasi altro colore. Non si usa mai il nero [Registro]: si tratta di un campione colore, che non può essere modificato o rimosso, ottenuto dalla percentuale massima dei 4 colori, che viene riportato in ogni canale e viene usato per i segni di stampa.
Sovrastampa, foratura, trasparenze e ombre
Impaginando è possibile che alcuni oggetti ne sovrastino altri. Normalmente tutti i colori del livello superiore, all’output forano quelli sottostanti. Il nero invece, essendo il colore più scuro, dovrebbe sovrastampare, di fatto, però, il K100 fa trasparire l’immagine sottostante. Per ovviare al problema impostatelo in foratura, solo dove serve.
Il pdf
Oggi fare un pdf di stampa è questione di un paio di clic, ma devono essere i clic giusti. Partiamo da InDesign, lo standard di fatto per l’impaginazione: il comando è Esporta, il vecchio metodo di “stampare” il pdf in PostScript per poi distillare non va più usato perché è obsoleto e tra l’altro non supporta i profili ICC né le trasparenze e richiede un interprete, il che vuol dire che non converte correttamente in pdf il vostro impaginato.
Dopo aver scelto la cartella di esportazione, le opzioni chiave sono in Generali, Predefinito Adobe PDF, Standard e Compatibilità. Il preset [Stampa di alta qualità] non è sufficiente per la stampa perché non opera nessuna gestione del colore. [Qualità tipografica] invece converte i colori in uscita in base al profilo scelto e ottimizza la compressione delle immagini in alta risoluzione, ma non certifica il pdf e soprattutto ha una compatibilità limitata a Acrobat 5 (PDF 1.4), ormai obsoleta. Se non avete i profili dello stampatore o non sapete quali usare, usate quelli del Ghent Workgroup. Sul sito trovate i profili corretti per le diverse tecnologie: GWG_SheetCmyk_2015 CMYK per la stampa in quadricromia e GWG_SheetSpot_2015 CMYK per la stampa con tinte piatte. Il pdf così è certificato PDF/X-4:2010 e compatibile Acrobat 7 (PDF 1.6), esporta tutti i livelli visibili e stampabili, non effettuerà downsampling sulla risoluzione delle immagini conservando l’originale, ma comprimerà testi e grafica ritagliando le immagini in base al box in cui sono impaginate; indicatori e specifiche delle aree di abbondanza (non le abbondanze che dovete dare voi agli elementi che vanno al vivo) sono impostati, i colori gestiti correttamente e i font inclusi. Questi profili sono presenti anche in Verifica Preliminare di Acrobat nella library Prepress con l’indicazione GWG 2015.