Giapponese, bodoniana, singer, optabind, olandese, copta, dos-à-dos, crisscross… Una rassegna di tecniche per rivestire il libro. E farne un oggetto molto, molto speciale.
Di Lorenzo Capitani | Su PRINT 66
Legare è una pratica antica, che conserva la sua allure artigianale anche quando è fatta con linee industriali ad altissima automazione. Le tecniche di legatoria sono un aspetto fondamentale della progettazione di volumi e cataloghi, capaci di accettare la sfida di tecniche e materiali innovativi, creatività grafica e cartotecnica. Oggi la moderna legatoria industriale ha saputo andare oltre brossure e punti metallici ed è riuscita a fare sua quest’arte, al punto che il fine pratico di “tenere assieme le pagine” è quasi passato in second’ordine: sempre più legare vuol dire nobilitare lo stampato, renderlo prezioso al suo primo apparire, fecondare di bellezza quel contenitore che veicola il contenuto, e si fa mezzo e messaggio insieme. Vediamo allora a quali tecniche si può ricorrere per creare effetti nuovi, in un percorso che arriva a sfiorare la pura artigianalità.
LEGATURE COMMERCIALI
1) Gloo e 180 gradi
Tutto nasce dal marchio Gloo, brevettato dalla Legatoria GPS di Rovigo: una rilegatura di per sé semplice, ma che si presta ad essere estremamente creativa, che utilizza una colla particolare, molto flessibile e personalizzabile con colori, floccati, glitter, nastri con texture olografiche, velluti, sete, pizzi, tampografie. Il dorso diventa così un’altra dimensione grafica con effetti particolari adatti per brochure, monografie, look-book, planning, visual, carnet di cartoline, agende e guide. Per la sua elasticità e resistenza, alla bellezza estetica, la Gloo aggiunge la possibilità di aperture a 180°. È quindi possibile vedere senza interruzioni foto, grafica o testi sino ad ora difficilmente leggibili in piega oppure, per il settore stationery, è facile scrivere su tutta l’ampiezza della pagina. Consente anche di staccare singole pagine senza compromettere la tenuta dell’insieme. Non è di per sé un uso nuovo, già visto nei prodotti da copisteria, ma è l’uso creativo unito all’industrializzazione che ne fa una soluzione interessante che ormai molte legatorie offrono.
L’apertura completa dello stampato è possibile anche con un altro tipo di legatura detta appunto 180 gradi, in cui il blocco libro non viene incollato sul dorso della copertina, ma è attaccato ai quadranti anteriore e posteriore della cover. Per far questo viene applicata sul dorso una striscia di carta o tela di rinforzo allo scopo di tenere unite le pagine. Le possibilità creative anche in questo caso sono molte. Per prima cosa si può personalizzare la tela di rinforzo, oppure “giocare” con i quadranti che possono essere di grammature importanti, anche cartoncini bianco-bianco, di più millimetri cui accoppiare della carta stampata e nobilitata.
O ancora, usare larghezze diverse: in questo caso la tela di rinforzo passerà sotto i quadranti che, più corti, lasceranno scoperta parte del piatto di coperta verso il dorso, dando un altro spazio per la grafica. L’apertura ampia è particolarmente indicata anche per agende o calendari che possono essere sfogliati e compilati in ogni margine della pagina senza dover forzare l’attaccatura al dorso.
2) Brossura svizzera
Sempre in tema di lay flat, ma con un sapore decisamente più raffinato, la brossura svizzera (così come il “cartonato svizzero”) sono davvero legature molto interessanti. Il blocco libro, con o senza unghia, è incollato sul dorso, rinforzato con garza e rifinito con una carta che può ricoprire il solo dorso o l’intero blocco, o tela. Il fissaggio alla copertina, a differenza della brossura e del cartonato classici, avviene soltanto sulla superficie inferiore del blocco libro, lasciando completamente libera la seconda di coperta e il dorsino, che possono così aprirsi completamente poggiando sul piano di appoggio del libro. Ciò consente anche alle pagine interne di aprirsi più agevolmente, quasi in piano. Ovviamente nel caso della legatura svizzera il blocco libro verrà incollato soltanto al risguardo posteriore, interamente o parzialmente nella parte più prossima al dorso, lasciando libero sia il primo quadrante che il dorsino, entrambi rivestiti all’interno per fini estetici, che anche in questo caso potranno aprirsi e disporsi orizzontalmente nella consultazione del volume.
LEGATURE DI PREGIO
3) Brossura con piega giapponese (quartini rovesciati)
Una variante molto interessante della brossura fresata che tutti noi conosciamo è la variante con piega alla giapponese, detta anche a quartini rovesciati. La realizzazione può avvenire per raccolta di quartini che verranno fresati e incollati, non come avvviene di solito, lato dorso (sulla piega), ma in controdorso (lato aperto), oppure per raccolta di ottavi a finestra: dipende dal legatore. Il risultato è lo stesso: le pagine risulteranno chiuse in controdorso a due a due. Sembra un controsenso, ma le pagine chiuse possono essere comunque stampate e dar quindi effetti grafici particolari non scontati. E volendo, si può simulare l’effetto del vecchio libro di cui occorreva aprire le pagine. Da non confondere con il brut de roto in cui le segnature sono chiuse anche in testa. Attenzione solo a non eccedere con la grammatura della carta per evitare sgradevoli effetti ventaglio del volume che tenderà ad essere più alto sul lato aperto a causa della piega. I quartini rovesciati sono un’alternativa tutto sommato economica, ma d’effetto. L’unico limite è il tipo di segnatura possibile.
4) Bodoniana
La copertina “alla Bodoniana” prende il nome dal celebre tipografo settecentesco Gianbattista Bodoni, quello del font, che per primo utilizzò una copertina in cartone per proteggere i volumi che stampava. Probabilmente il suo scopo era esclusivamente volto alla facile e duratura consultazione del libro, che all’epoca veniva cucito e piegato a mano o raccolto in “folio” e incollato a blocco con un tessuto a garza sul dorso e una coperta. Oggi è comunemente definita “bodoniana” una rilegatura che unisce copertina, dorso e retrocopertina tramite i risguardi nella parte interna e la garza sul dorso. In pratica coperta e retrocoperta sono composte da due piatti accoppiati, rimboccati o tagliati al vivo. Al blocco libro, confezionato in brossura, fresata o filo refe, vengono aggiunti i risguardi e incollata nel dorso la tela di tenuta, che può essere dei più svariati colori. I risguardi, spesso stampati, vengono poi incollati all’interno della copertina che in genere consiste in cartoni pressati da 1 a 3 mm, preventivamente accoppiati a carta stampata e nobilitata, come in un cartonato tradizionale. Questo tipo di confezione è spesso impiegato per la produzione di copertine pregiate rivestite in pelle, anche completamente a mano per la versione con più pregio, con nervature sul dorso e spesso nobilitate sui quadranti da intarsi, impressioni con stampa a caldo e a secco.
5) Singer e legatura sul piatto
Il Singer è un’alternativa furba al punto metallico. Costa relativamente poco e regala effetti speciali. Si realizza con normali macchine da cucire per l’industria tessile e usa fili di cotone, sintetici o spaghi colorati. La cucitura può essere fatta sul dorso dopo aver raccolto e accavallato le segnature, oppure sul piatto di solito a 5, 10 mm dal dorso, ma è possibile la doppia cucitura parallela. In entrambi i casi è possibile applicare una copertina che, nel caso del piatto, sarà cordonata per agevolare l’apertura delle pagine senza sforzare la cucitura. Il limite del Singer è la grammatura della carta che non può essere troppo alta altrimenti l’ago si spezzerà durante la lavorazione; lo stesso accade se si eccede con le pagine. È un processo semi-artigianale e non troppo veloce: infatti, si lavora un pezzo alla volta e se si vuole la catenella del filo che sporge dallo stampato occorre che il legatore vada al trilaterale per il taglio prima di cucire. Questa variante è decisamente più artigianale perché implica maggior manualità.
6) Flexicover (o Optabind)
La brossura flexicover, o finlandese brevetto Optabind, applicabile sia a blocchi libro fresati che cuciti, si ottiene unendo la copertina al blocco libro mediante incollatura laterale, mentre il dorso del blocco libro è rinforzato con una garza o una striscia di carta. In questo modo il dorso del blocco libro è staccato dal dorso della coperta così da non essere soggetto a tensioni e consentendo una buona apertura. Una variante è quella che prevede la copertina costituita dall’accoppiamento di due cartoncini, che possono arrivare anche a spessori abbastanza alti, sempre accoppiati per incollatura fino a qualche centimetro dal dorso e cordonati preventivamente. La brossura diventa così più robusta, ma sicuramente meno rigida della copertina cartonata. Adatta sia in ambito editoriale che commerciale, la flexicover è particolarmente elegante dal punto di vista estetico e non è eccessivamente costosa anche perché le linee di incassatura modificate per questo tipo di legatura viaggiano a quasi ottomila copie orarie.
7) Olandese
La copertina “olandese” è per certi versi simile alla flexicover ma meno rigida: la differenza sta nel modo e nel materiale che si utilizza per realizzare e accoppiare la plancia. Solitamente si usa una carta da 250 a 400 gr/mq stampata e plastificata con i lembi esterni rimboccati, per aumentarne la resistenza e rifinire i bordi; volendo, si può realizzare la coperta anche in materiale plastico, un classico esempio sono le agende o i dizionari da viaggio, o si usa un materiale poroso tipo gomma di ricopertura per renderla ancora più morbida. La copertina viene applicata al blocco libro, cucito o fresato, incollandola sui risguardi, come per i volumi cartonati. È pertanto possibile realizzare volumi con le stesse rifiniture del cartonato: la plancia può essere composta da carta, stampata a più colori e con le varie finiture possibili, oppure in materiali diversi, quali stoffe, sete, pelle ecc. Inoltre il libro può essere dotato di segnalibro e rifinito con i capitelli ma ha la leggerezza dei volumi in brossura. La consistenza è insomma inferiore a quella del cartonato ma la veste è ugualmente importante e si adatta perfettamente alle pubblicazioni di carattere più commerciale. La flessibilità della copertina rende l’applicazione particolarmente adatta a manuali e guide turistiche.
LEGATURE ARTISTICHE
8) Incollatura al vivo e dorso a vista
Da qualche tempo si è diffusa la tendenza a destrutturare lo stampato, e a metterne in evidenza parti che normalmente sono semi lavorati o fasi della lavorazione. È il caso dell’incollatura a vista di solito accompagnata a una legatura filo refe. In pratica le segnature piegate e cucite, vengono solo incollate e non incassare in nessuna copertina. L’idea è quella di entrare nel processo industriale con la colla e il filo a vista, enfatizzando anche l’aspetto tattile, ma anche di sfruttare l’effetto cromatico della carta o della stampa. Una sorta di how it made della legatoria che sicuramente attrae. Ancor più se, come nel dorso a vista, si sfrutta graficamente anche questo lato del blocco libro normalmente nascosto dalla copertina. Le possibilità sono tante. Dopo la piega le segnature non vengono fresate per sfibrare la carta e creare miglior appiglio per la colla ma, tagliate a schede, vengono accuratamente incollate in modo da formare una superfice piana sulla quale stampare, tampografare o serigrafare. Una sorta di taglio colore su tutti e quattro i lati del volume che estende le superfici per comunicare. Interessante il significato che questa legatura può avere: quando è intonso la forma vince sul contenuto; quando è aperto, e si vede perché la superficie di stampa si “spacca”, a vincere è il contenuto.
9) Legatura copta e giapponese
Agli inizi della lavorazione del libro, secoli prima dell’industrializzazione del processo, i fascicoli o fogli di carta e la copertina erano tenuti uniti con diverse tecniche di legatura. Una tra le più antiche è quella usata per la prima volta dalla comunità cristiana d’Egitto, i copti: i quartini vengono raccolti in fascicoli e quindi cuciti con un punto a catenella attraverso la piega. Si ottiene così una rilegatura a vista semplice e di grande effetto estetico. La catenella è il tratto distintivo e non è fatta dalla sola gugliata di cucitura, ma questa viene per così dire rinforzata da una successione di nodi stretti come in un prezioso tappeto. Dall’altra parte del mondo nasceva invece la legatura giapponese (o più correttamente tradizionale cinese), nella quale sia la coperta che i fogli vengono forati e, con un sistema di spaghi, tenuto insieme. Nei secoli si è evoluta proponendo molte varianti di foratura, di passaggio dei cordini e di annodatura. Entrambe le tecniche sono tutt’oggi usate, a livello artigianale certo, come sistemi semplici ed eleganti per rilegare i volumi.
10) Dos-à-dos e tête-bêche
La tecnica dos-à-dos (dorso a dorso in francese) è usata per legare insieme due libri in modo che il dorso dell’uno corrisponda al dorso dell’altro, mantenendo in comune la controcopertina e entrambi i libri sono orientati nello stesso senso. È un formato di legatura risalente al Rinascimento, usato soprattutto per i testi sacri e spesso impreziosito da ricami, incisioni, placche dorate. Oggi il termine dos-à-dos è erroneamente impiegato anche per indicare una tipologia di legatura certo più semplice, nella quale due testi sono accoppiati, ma uno rovesciato rispetto all’altro di 180° in modo che, dopo la fine del primo testo, ci si trova davanti l’ultima pagina del secondo, rovesciata. I due volumi non hanno controcopertina ma due copertine e un solo dorso. In questo caso si dovrebbe parlare più correttamente di tête-bêche (testa-piedi in francese, riferito a una tipologia di modo di stare a letto: il nostro testa-piedi), un formato diventato celebre soprattutto negli anni Cinquanta grazie alla collana Ace Doubles. Oggi il tête-bêche è usato spesso nelle riviste per attirare l’attenzione del lettore su inserti pubblicitari. Diverso è il caso del Dos-à-dos decisamente più complesso da realizzare in legatoria.
11) Legatura Crisscross
Anne Goy, una geniale rilegatrice belga, ha presentato il primo modello realizzato con questa tecnica nel 1986, ma per molti anni l’origine di questa legatura è rimasta avvolta nel mistero ed il suo nome fu soltanto Secret Belgian Binding. In realtà recentemente ne è stata svelata la maternità ed è stata battezzata “legatura Crisscross” dal tipo di movimento seguito dal filo durante la legatura. I fascicoli vengono prima cuciti a mano fra di loro, poi sono uniti alla copertina senza l’uso di collanti. Il risultato è elegante e funzionale: le pagine infatti possono essere completamente aperte e l’assenza di colla rende tutto molto artigianale. Bello. Ma sicuramente qui torniamo a quell’arte di cui parlavamo all’inizio.