Di Stefano Torregrossa | su PRINTlovers 96
Nei quindi anni tra il 1930 e il 1945, l’estetica modernista si impone come nuovo codice visivo nell’arte, l’architettura e il design italiano. Oggi, a quasi un secolo di distanza, il typehunter bolognese Luca Lattuga e il designer veronese Alessandro Bombieri percorrono l’Italia a caccia di campionari, caratteri in legno e piombo e stampe d’epoca, per costruire un affascinante catalogo di alfabeti modernisti italiani. Ma non finisce qui: l’attenta ricerca storica viene affiancata da un’operazione di revival digitale che mette a disposizione di tutti questo straordinario patrimonio artigianale italiano.
Com’è nato il progetto Alfabeti Modernisti Italiani?
Durante la ricerca per sviluppare l'archivio caratteri di Anonima Impressori, iniziata 10 anni fa, Luca Lattuga ha cominciato a ritrovare alcuni alfabeti modernisti molto insoliti e poco comuni nella grafica contemporanea. Nel corso degli anni, acquisendo sempre nuovi set di caratteri mobili, è cresciuta la curiosità di studiare e ricostruire le informazioni relative a questi alfabeti particolari: il loro nome, la provenienza e il produttore. L’intenzione era di crearne un catalogo interno al nostro studio. Durante una chiamata nel 2020, nel periodo di primo lockdown, assieme ad Alessandro Bombieri abbiamo deciso di intraprendere questo progetto in modo più strutturato e renderlo pubblico. Due attività in parallelo: condurre ricerche sul campo per scoprire nuove informazioni e iniziare un’attività di revival digitale degli alfabeti stessi, selezionando all’interno del catalogo i più interessanti e originali. Ad oggi siamo arrivati a circa una settantina di caratteri modernisti.
Quali sono i motivi che hanno portato a questa sovrabbondanza di alfabeti modernisti negli anni tra il 1930 e il 1945?
Nei tre lustri immediatamente precedenti la Seconda Guerra Mondiale, l'estetica modernista si diffuse e si consolidò come stile contemporaneo dominante, dando vita a un'epoca di grandi cambiamenti nella produzione grafica, pubblicitaria e architettonica. Per adeguarsi al nuovo gusto del pubblico, le tipografie dovettero aggiornare il loro catalogo di caratteri. Tuttavia, le fonderie produttrici di caratteri in piombo — la cui produzione richiedeva importanti investimenti — non proposero rapidamente una sufficiente varietà di alfabeti modernisti, lasciando così spazio alle xilografie (aziende produttrici di caratteri in legno) che colmarono questa lacuna con le loro proposte. Questi caratteri, spesso dal design meno elaborato e ingenuo, vennero offerti in grande quantità e con piccole varianti nelle diverse proposte dei produttori, dando origine a questo corpus che stiamo attualmente studiando con attenzione e interesse.
Come venivano realizzati fisicamente questi caratteri?
I caratteri in legno prodotti nelle xilografie venivano creati manualmente da artigiani specializzati. Non sorprende che, durante le nostre ricerche, abbiamo notato che la maggior parte di queste fabbriche erano localizzate nella Pianura Padana: soprattutto nella regione Veneto, all'epoca già famosa per la qualità e la quantità dei suoi mobilifici e per la grande competenza nella lavorazione del legno. A differenza dei caratteri in piombo, che richiedevano un processo di produzione molto lungo e costoso, questi caratteri in legno erano più facili da realizzare. Una volta incisa la matrice per ogni singola lettera, era possibile replicarla utilizzando un pantografo, rendendo il processo più economico e veloce rispetto a quello dei caratteri in metallo utilizzati per la stampa tipografica.
Quali difficoltà avete incontrato nel vostro processo di raccolta, analisi e identificazione?
La maggior parte di questi alfabeti era prodotta da piccole ditte di provincia. Purtroppo, non esistono oggi archivi aziendali, progetti o documenti adeguatamente conservati. Il materiale che è sopravvissuto si trova nei musei, in alcune collezioni private o nelle abitazioni di ex-dipendenti di aziende grafiche. Non dimentichiamo inoltre che l'imminente Seconda Guerra Mondiale avrebbe distrutto o disperso moltissimo materiale. Un altro ostacolo enorme nell'identificazione di questi alfabeti risiede nell'usanza dell'epoca di copiare dai prodotti esteri, in particolare caratteri di fattura tedesca. Anche quando riusciamo a recuperare il campionario originale, raramente viene riportato l'alfabeto completo, ma solo alcuni glifi, per ostacolare la riproduzione dei caratteri da parte della concorrenza.
Come affrontate quindi il vostro lavoro di censimento e identificazione?
Ci muoviamo sostanzialmente su tre fronti distinti. Da una parte, cerchiamo di recuperare il carattere mobile stesso, per conservarlo e censirlo. A seguire, con un torchio tiraprove ne stampiamo lo specimen completo per ottenere una mappatura completa di lettere, numeri e punteggiatura. Infine, confrontiamo il tutto con i campionari originali dell'epoca — che ci mostrano il carattere nuovo, senza l’usura meccanica con cui oggi lo recuperiamo — per attestare anno di fabbricazione, nome del carattere e produttore.
Oltre alla sua valenza storica, il progetto ha anche un interessante sbocco digitale.
Il progetto Alfabeti Modernisti non si ferma alla sola ricerca storica. L'obiettivo è resuscitare digitalmente questi caratteri per metterli a disposizione di designer e creativi. Alessandro Bombieri si occupa di questa operazione di revival tipografico: partendo dalle scansioni originali e mantenendo una coerenza filologica rispetto al campionario dell’epoca di produzione, trasforma i caratteri mobili in font digitali. Questo aspetto del progetto per noi è fondamentale perché permetterà a chiunque di poter utilizzare caratteri che, altrimenti, rimarrebbero sconosciuti e relegati nell'epoca pre-digitale.
Le scuole di design e le accademie italiane, secondo voi, danno i giusti spazio e importanza alla enorme tradizione tipografica italiana?
In un mondo in continua transizione digitale i mestieri relativi alla carta stampata risultano sempre più obsoleti. Un’enorme quantità di conoscenze, materiali e immateriali, sono andate perdute in questi ultimi due decenni: nonostante ciò, un giovane designer che si vuole approcciare alla tipografia è obbligato a partire proprio dalle sue fondamenta classiche, storiche, "antiche". Noi stessi, nati fra gli anni '80 e '90, abbiamo seguito questo percorso, che ha modificato radicalmente il nostro modo di progettare, anche in digitale. Purtroppo in Italia non c’è stata cura nel salvaguardare l’insegnamento della stampa tipografica, neppure nelle grandi scuole di tradizione. Ad oggi sono pochissimi i laboratori didattici aperti e professionalmente validi dove poter apprendere nozioni e tecniche. Tuttavia, è fondamentale che queste conoscenze siano trasmesse alle nuove generazioni, poiché il patrimonio della stampa tipografica è un importante elemento fondante nella cultura e nella storia italiana. Solo mantenendo viva questa tradizione possiamo continuare a progettare il design del futuro. Non dimentichiamo che la stampa a caratteri mobili è un’attività che dura da oltre 500 anni!
Da ormai un decennio il revival di questi caratteri vintage sta avendo un grande successo. Quali credete che siano le ragioni?
La transizione di cui abbiamo parlato provoca un enorme divario fra analogico e digitale e sviluppa, come scarto, un allontanamento dall’uomo, dal corpo, dalla fisicità: una disumanizzazione. La sensazione è che questo frettoloso distacco abbia prodotto una sorta di nostalgia verso molte attività manuali del passato, fra cui anche la tipografia a caratteri mobili. Sorpassato il primo istinto romantico, però, ci si accorge di quanto la stampa analogica sia un lavoro complesso che necessita di competenze e materiali specifici. Su tutti, un aspetto è radicalmente differente: il tempo. La tipografia necessita di tempo, non solo nella fase di stampa, ma in particolare in quella di progetto. Tempo di studio, ricerca, preparazione, visione, pensiero — è soprattutto un ritorno alla fisicità, al valore della pazienza. Per molti designer può essere una spinta a sviluppare un approccio diverso alla progettazione, una sorta di riscoperta della manualità, della concentrazione, della precisione, al riparo dal trambusto della vita moderna.
Quali sono i prossimi sviluppi del progetto Alfabeti Modernisti?
Di recente abbiamo avuto il privilegio di essere ospitati presso la Tipoteca Italiana di Cornuda, un luogo di estrema importanza per la nostra ricerca, al fine di illustrare il nostro progetto. Ci impegneremo nell'organizzazione di ulteriori conferenze in diverse località italiane, poiché riteniamo che la divulgazione del nostro progetto sia fondamentale, anche per la scoperta di eventuali nuovi fonti tipografiche. Inoltre, stiamo lavorando per realizzare un volume che contenga tutto il materiale raccolto, mentre tramite la piattaforma C-A-S-T.com sarà possibile accedere a un pacchetto di circa venti font digitali moderniste di nostra produzione.
Per rimanere aggiornati con i prossimi passi del nostro progetto potete seguirci alla pagina Instagram @alfabetimodernisti_ita.
Luca Lattuga
Luca Lattuga, classe 1982, è progettista grafico, mezzo tipografo e cacciatore di caratteri. Nel 2012 ha fondato con Massimo Pastore e Veronica Bassini lo studio Anonima Impressori dove si occupa di progetto e stampa a caratteri mobili. Ama i caratteri in legno, ma ultimamente si dedica a quelli in piombo, spesso pronti per essere buttati in fonderia.
Alessandro Bombieri
Alessandro Bombieri è nato nel 1993, è un graphic designer e type designer. Si occupa della ricerca e progettazione della tipografia applicata alla grafica e alla creazione di sistemi tipografici. Dal 2017 è assistente di Lucio Passerini nel corso “Vivaio dell’arte tipografica” della facoltà di Lingue e Culture per l’Editoria dell’Università di Verona. Dal 2022 insegna progettazione grafica all’ENAC di Verona.